UNIBRIDO | La rabbia indie della provincia

Canzoni di rabbia come anche a dire canzoni di rivalsa e di critica sociale. Dalla provincia rischiamo di finire fin dentro le ragioni dell’omologazione oppure ci si sveglia e si trova la forza per andare contro la corrente dettata dalle televisioni. Accade questo al duo chitarra e batteria degli Unibrido, inglesi nel taglio ritmico e compositivo, ma americani nella grinta con cui hanno confezionato il suono prodotto da Luigi Caprara (Lunchbox Studio) di questo loro disco d’esordio dal titolo privo di diplomazia: “P.I.G.S.”. Un post punk che suona pop e tradisce anche l’ingenuità in alcuni momenti, ma comunque che dimostra grande personalità di melodia e soprattutto di arrangiamenti mai eccessivi, mai privi di ragione e di coerenza. Un bel disco. Una bella responsabilità per quel che deve venire. E dalla provincia non è mai facile…

 

 

Parliamo di suono, parliamo di rock, parliamo di “post punk”. Questo è il mio ascolto, in una sintesi forse anche violenta. Voi cosa ci dite sul suono degli Unibrido?

Il suono degli Unibrido è un’operazione “viscerale”, mentale. Conscia e subconscia allo stesso tempo. È una ricerca in continua evoluzione, come noi. Non riusciamo a incasellarla in un genere specifico anche se la fusione di chitarre distorte e batteria non può che chiamarsi rock, ci sembra evidente.

 

È nato prima il suono o prima l’idea degli Unibrido e delle loro liriche?

Diremmo che è nata prima la voglia di suonare e di provare a fondere idee insieme. Entrambi avevamo diversi spunti da mettere sul nostro personalissimo tavolo creativo. Così abbiamo cominciato a giocare con riff, ritmiche e parole.

 

Il dietro le quinte di questo disco? Una vita ai margini, in provincia, in cui c’è la rabbia e la resistenza o è solo allegoria che serve a far belle certe canzoni?

È un disco che ha provato a rompere una quotidianità sempre uguale a se stessa, scandita da obblighi e abitudini alienanti che sembrano ripetersi all’infinito.

La resistenza c’è ed è quella che ci spinge tutti i santi giorni a cercare di risalire la corrente delle convenzioni e del senso del dovere per non essere definitivamente risucchiati dal vortice della mediocrità. Non è un lavoro semplice. E capisci bene che stiamo parlando di lotta per la vita vera, un’operazione esistenziale e artistica che non perde molto tempo a cercare l’approvazione di qualcuno.

Davvero interessante questo video nuovo. Ce lo raccontate?

Il videoclip di “Mercurio” è nato dalla necessità di evidenziare la follia mediatica durante questi giorni di emergenza. Sapevamo già cosa sarebbe successo (prova ne è un post che abbiamo pubblicato sulla nostra pagina Facebook già dai primi giorni di blocco nazionale). A prescindere dall’emergenza sanitaria, Tv e giornali hanno pompato senza pietà le valvole del panico nazionalpopolare per scopi che stiamo ancora cercando di comprendere bene.

Le prime reazioni sono state subito evidenti: la stragrande maggioranza della popolazione ha accettato di buon grado restrizioni inaudite alla propria libertà personale; condomini si sono denunciati a vicenda, caccia senza pietà ai vecchietti che andavano a correre in campagna.

E dopo aver arbitrariamente bloccato un intero Paese, il governo non ha praticamente ancora fatto nulla per tutelare dignitosamente chi si è trovato senza un reddito, fottendosene allegramente delle conseguenze sociali. Per non parlare della repressione violenta che sta avvenendo in giro per il mondo.

Il blob di immagini prodotto dalle sapienti mani di Luigi Caprara del Lunchbox Studio è una spietata fotografia del vomito mediatico delle ultime settimane.

 

Parliamo nello specifico della “reazione allergica”. Per voi che cosa significa, che cosa sta a raffigurare?

Potremmo dare diverse chiavi di lettura a questo verso.

Mettiamola così: Per dirla alla Bauman, la società liquida in cui ci tocca vivere, una società essenzialmente fondata su profitto, darwinismo capitalistico, sfruttamento dei più deboli, del pianeta e ingiustizia sociale dilagante non può che causare reazioni “allergiche” da parte della Terra ma anche in ognuno di noi. L’adattamento forzato ad una filosofia di vita totalmente disumana non può che portare all’esplosione di patologie psichiatriche anche molto gravi (date un’occhiata ai casi di suicidio giovanile nell’ultimo decennio).

Le reazioni avverse al vaccino del neoliberismo sono inevitabili e in costante aumento.

 

Per salutarci: che senso resta ai dischi oggi che la musica è ovunque ed è gratis?

Più che dei dischi, in questo momento a noi sta a cuore il valore culturale della musica in senso ampio. L’intrattenimento pubblicitario sta uccidendo il vero ruolo sociale della      musica: quello di mezzo efficacissimo per l’evoluzione degli esseri umani.

Deve tornare a parlare alla disperazione che urla dentro ognuno di noi scatenando scintille creative che possano cambiare questo brutto mondo invece di continuare ad allestire mascherate caraibiche patetiche e bugiarde.

“Andrà tutto bene” solo se gli “artisti” torneranno ad essere davvero tali.