ENDI | Un Rap dal tormentone radiofonico

Il nuovo disco del rapper veneto ENDI lascia tracce interessanti raccogliendo applausi dalla rete come dagli addetti ai lavori. Si intitola “Ci vorrebbe la felicità”, forse un concept album che si dedica al costume e alla società del consumismo frenetico ricco di aridità e IN-felicità. Ecco che ENDI, in queste sue nuove dieci canzoni e sfogliando i dettami classici del Rap e dell’HipHop, ci racconta e si racconta tra vita personale e attualità di quartiere. Ed è proprio da questo consumismo irruente e per gli stessi media che gli da voce e vita in qualche modo, che l’artista tira fuori dal cilindro un tormentone che lancia questo disco in pasto alla grande medianicità. Si intitola “I Love Bombolone” ed è il singolo che in radio e in video spopola iniziando a fare i numeri che piacciono.

 

Dal tuo esordio ad oggi. Progetti che si avvicendano tutti seguendo la strada principale della rete. Innegabile però che internet e i social siano uno strumento importante soprattutto per chi fa il tuo mestiere. E allo stesso tempo è anche uno dei mali principali che denunci in questo lavoro che si scaglia anche contro il consumismo del tutto e subito. Non è un controsenso tutto questo? Come la vedi?

Ho iniziato con la musica, prima come ascoltatore e poi come artista, lontano da internet e tutto il resto. Poi chiaramente oggi i mezzi sono questi, se una volta andavi ad una jam avevi la possibilità di esibirti e farti vedere, oggi con internet e i social fai un pezzo e lo carichi con la possibilità di farti vedere così. Le jam ci sono ancora, però si cerca di più la scorciatoia con internet. Oggi questa scorciatoia è quasi un obbligo, però io personalmente ho iniziato in un altro modo e ho avuto la possibilità di gustarmi certi sapori e emozioni. Nel 2008 ho vissuto quasi un anno a Milano dove ho veramente avuto la possibilità di avere dei confronti musicali per la strade e in modo più naturale e reale. Internet è un mezzo fortissimo e ha reso tutto più veloce. E’ un mezzo che come tutte le cose va usato con la testa. Non è un controsenso, perché denuncio una cosa che so, per denunciare una cosa la devi vivere. Il mio consiglio è di utilizzare internet e farlo con la testa e non limitarsi ad internet, bisogna passarci poco tempo ma buono, e vivere al di fuori di internet e cercare di portarsi a casa più emozioni reali.

Come uomo e come artista. Ascoltando l’evoluzione da una scrittura più tenebrosa e di strada ad un disco di fattura più pregiata e sicuramente più “popolare”. Quanto ti somiglia questo nuovo ENDI? Che evoluzione è stata? Sei arrivato alla fine di un percorso o sei in piena trasformazione?

Se fai musica cerchi sempre di migliorarti e anche di sperimentare. Ad esempio non capisco quegli artisti che fanno tipo un disco forte e poi rifanno i dischi dopo identici a quel disco forte. Ci sono artisti che continuano a dare all’ascoltare la stessa cosa ed è normale che poi la gente si stufa di ascoltarli, perché sono prevedibili. Per capirci, è come se io nel prossimo lavoro faccio un singolo in fotocopia a “I Love Bombolone”, sarebbe un passo indietro non in avanti. Non serve. Io ti posso dire che con questo disco ho voluto sancire la fine di un ciclo e ho voluto farlo con un disco ufficiale. E’ stato un ciclo molto macchinoso, perché è partito dalla prima rima che ho scritto e, non essendo un fenomeno, ho messo davvero tanto ad arrivare ad un livello tale da avere dei brani validi musicalmente. Quindi per me è una crescita, una trasformazione.

 

ENDI e Gloria B Vega. Da cosa prende vita questo incontro? Tra l’altro come mai la troviamo così presente nel disco piuttosto che per una singola featuring come si fa di solito?

Gloria B Vega la conoscevo artisticamente. Stavo cercando una voce femminile che potesse stare bene nei miei brani, che potesse focalizzare l’ascoltatore sul brano interno, e una voce che potesse valorizzare le mie parole. Quindi ho deciso di affidarmi a lei. Le ho presentato i miei provini, le sono piaciuti e ha deciso di collaborare con me. E’ venuta in studio da noi a Verona e in una giornata ha registrato la sua parte.

 

La droga, le cattive strade, la periferia, le pistole. Elementi ancora protagonisti. Li ritrovo nei tuoi video di ieri come nei testi, come nel singolo “L’ultima ferita”. Tra le righe e in senso metaforico, in che misura tutto questo fa parte del tuo quotidiano? In altre parole che biografia stai scrivendo?

Il brano “L’ultima ferita” racconta un momento di sconforto. La nostra generazione fa davvero fatica a realizzare i propri sogni e quindi ha trovare la propria via d’uscita. Quel brano è caratterizzato da molte similitudini. Per quanto mi riguarda, in ogni brano c’è sempre qualcosa che racconta di me in modo veritiero. In alcuni brani è più accentuato, in altri meno. I ragazzi, anche molto giovani, sono convinti che la droga sia una via d’uscita e molti lo fanno per essere accettati. Per quanto mi riguarda io con le droghe pesanti non ho mai avuto niente a che fare. Sono sempre stato padrone io del mio corpo non gli altri. C’è una droga davvero stupida e insulsa che usano in molti ed è la cocaina. Un essere umano che fa uso di cocaina può andare in arresto cardiaco anche con un cuore sano. C’è davvero tanta gente che ne fa uso, anche persone più impensabili. Io posso dire di essere fiero di me stesso perché non ho mai abbassato la testa davanti a nessuno, soprattutto per usare cocaina. Ho vinto.

 

Raccontaci di questa nuova produzione che si staglia nettamente dal tuo passato per qualità e maturità. Oltre alla vita e alle esperienze di questi anni, quale nuova formula hai messo in campo?

Imparando a fare amicizia con me stesso, imparando a conoscere me stesso, la mia anima e imparando a comportarmi con il prossimo in modo onesto e vero. Con questo riesco a scrivere brani veri e non fittizi come mi è capitato con qualche brano in passato.

 

Chiudiamo questa chiacchierata partendo dall’inizio. Una demo dal titolo “Capro Espiatorio”. Un lavoro in cui avrai sicuramente sperimentato molto di quello che stavi imparando. Oggi, a distanza di quasi 10 anni, che cosa hai conservato di tutti quegli esperimenti?

Mi sono serviti molto. Soprattutto quei prodotti molto scadenti mi hanno fatto capire dove sbagliavo e mi hanno dato la voglia di migliorarmi. Anni fa mi presi tanti insulti per dei brani che ho composto e quello mi è servito per darmi la spinta a darci dentro e migliorare. Senza quei lavori più scadenti, senza gli errori, gli insulti non sarei mai migliorato, tutto quello che ho fatto mi è servito in meglio. Quindi sono contento di aver fatto un percorso attraverso il quale, anche sbagliando, sono arrivato fin qui.