Per la rassegna Solo nell’ambito del Roma Jazz Festival sabato 20 novembre presso il Teatro Studio dell’Auditorium Parco Della Musica si e’ esibito il pianista armeno Tigran Hamasyan, ragazzo prodigio che a soli ventitre anni e’ gia’ un musicista stimato con diversi album e importanti collaborazioni all’attivo.
Quando la performance ha inizio, quello che scopriamo sul palco e’ un uomo solo col suo strumento ed il suo tormento; lo ascoltiamo suonare gli stessi accordi ripetuti ossessivamente con le due mani, prima con atteggiamento di triste abbandono, poi furiosamente in una melodia che prevede solo brevi variazioni. Ci accoglie con fare modesto: “Quelli che vi ho appena suonato, non troppo bene, sono ‘The Spinners’ e ‘The Legend of the Moon’, estratto dal mio prossimo album” dice, conquistando immediatamente il pubblico. Hamasyan ha, infatti, firmato di recente un contratto con
Esegue la title track dell’album “A Fable” che in realta’ non evoca prettamente atmosfere fiabesche e propone rapide cascate di note dai toni irrequieti; la mano sinistra incalza con ritmo incessante, la destra canta, Tigran Hamasyan si alza in piedi ciondolando a tempo con il corpo, scosso dal suo stesso pianismo percussivo, canticchiando nervosamente: e’ un’esecuzione che toglie il fiato all’ascoltatore, rappresentazione di una corsa avventurosa contro il tempo che somiglia a un incubo. Eppure, sul finale, la fiaba arriva: il pianista lascia risuonare piu’ a lungo le note amplificandole col pedale, in un motivetto che ricorda una giostra.
Nella rilettura di uno standard come “Someday my Prince will come” varia l’intensita’ del tocco e dunque il volume dei passaggi che interpreta, ora dolci e sfuggenti, ora imponenti, allontanandosi dalla delicatezza originale del brano che riconosciamo solo verso il finale.
Seguono “Rain Shadow”, “What The Waves Brought” e “Mother Where are you?”, composizioni originali interpretate con atteggiamento non di rado tormentato, con ondeggiar del suono: la sinistra con il suo tappeto armonico e la destra torrenziale da sole sembrano un’orchestra. Il corpo pare scosso dalle convulsioni, ma il suono prodotto e’ sempre puro e preciso.
Nonostante la sua formazione prettamente jazzistica e la predilezione di Hamsyan per la musica popolare armena e per il rock, nelle composizioni del pianista non mancano accenni di musica barocca e classica e questo dimostra la sua capacita’ di assorbire anche cio’ che ha ascoltato e non studiato in modo specifico.
Auditorium Parco della Musica