Eccoli tornati in scena i The Gift, i ragazzini ormai adulti da un pezzo, quelli che suonarono con i primi Litfiba, con i The Gang, quelli che scrissero a loro modo qualche capitolo di psichedelia italiana dalle profondissime influenze americane. Dai Sex Pistols ai Rem primissimo taglio, il sociale, il politico, la rivoluzione che nasceva dalle strade. E dopo il ritorno qualche anno fa, dopo quasi 20 passati in silenzio, oggi sfornano un nuovo lavoro per una nuova voce alla loro voglia di scrivere e fare musica. Esce “Time is over”. Ispirazione e sviluppi nonché un accenno al passato. Lo chiediamo ai The Gift in persona:
Srebrenica. Il nuovo capitolo dei Gift si lascia ispirare anche da queste righe. E se non foste mai andati in Bosnia?
Dopo la reunion del 2011, siamo comunque arrivati alla consapevolezza che quel suono non ci appartiene più completamente, ognuno di noi ha portato un suo contributo di freschezza sia in termini compositivi che di linguaggio. Probabilmente quindi la voglia di mettersi al lavoro intorno a queste nuove urgenze, unita al bisogno che abbiamo interiorizzato di raccontare cosa succede all’interno della nostra Europa, ci ha ulteriormente stimolato a descrivere come stiamo morendo seduti sulla poltrona davanti alla tv o ad un pc, mentre nuove forme di sfruttamento si sono insinuate nella (in)civiltà contemporanea. Certo il nostro viaggio in Bosnia ha influito direttamente nella stesura di molti brani del disco, specialmente per quanto riguarda i testi, ma in ogni caso, anche senza quel viaggio, l’approccio sarebbe stato simile.
“TIME IS OVER” lascia anche intendere che i giochi ormai sono fatti. È anche un rimando alla vostra condizione di artisti ormai anni e anni lontani dall’essere emergenti appena sbocciati?
Il tempo è finito già da un pezzo e probabilmente nel cono d’ombra di questa crisi economica e di appartenenza ad una qualche forma di comunità si è smarrito qualsiasi pensiero coerente, siamo convinti che stare a guardare sia colpevole accettazione di una nuova forma di oscurantismo in atto e continuare ad essere controcorrente è il nostro nuovo “dono” perché dopo una fine c’è sempre un nuovo inizio.
Un rimando ai Nirvana e ai Whitesnake. Avete mai pensato di rivisitare il vostro repertorio in chiave decisamente acustica?
I nostri live act sono caratterizzati da sonorità elettriche di grande impatto sonoro, prestiamo molta attenzione all’acustica delle sale da concerto affinche’ tali caratteristiche possano essere valorizzate. Attualmente stiamo valutando la possibilità di poter esibirci anche in locali più piccoli e quindi, pur adeguando gli impianti di amplificazione agli spazi interni, proporremo il nostro sound caratteristico, prevalentemente elettrico.
A parte i suoni e la produzione, quanto ha contaminato il tempo di oggi la vostra scrittura? In meglio o in peggio?
Fondamentalmente ognuno di noi proviene da esperienze musicali molto diverse, esperienze che sicuramente ci hanno permesso di declinare il “contemporaneo” portandoci ad una scrittura e ad un suono che meglio ci rappresenta. Inoltre, essere liberi da schemi precostituiti e da forzature commerciali ci ha permesso di condividere e sviluppare in modo dialettico e creativo le nostre esperienze musicali la cui sintesi si è avuta in “Time is Over”.