Per celebrare i cinquant’anni dalle prime note incise da Miles Davis per la Columbia Records, la casa discografica americana, grazie all’eccellete tecnologia DSD, ripubblica i sei album che raccontano i due anni, il 1963 e il 1964, in cui Davis ha dato progressivamente forma a quel quintetto che molti considerano il migliore nella storia del jazz.
Qui ci occupiamo del CD che riassume brevemente tutta la storia, The Best of Seven Steps: The Complete Recordings 1963-1964.
Sono documentati due anni importantissimi nella vita artistica di Miles Davis. Un mix di materiale nuovo o gia’ familiare, registrazioni dal vivo e in studio, che testimoniano i cambiamenti e le trasformazioni di questi anni fondamentali.
Dopo aver capeggiato un quintetto stratosferico nei secondi anni ’50 e dopo la dipartita di Coltrane nel 1960, Davis si pose alla ricerca di una nuova front-line. Tre anni dopo anche gli altri fedelissimi, Wynton Kelly, Paul Chambers e Jimmy Cobb, vennero meno. Nel 1963 Davis di trovo’ a dover ricostruire una “macchina” pressoche’ perfetta. L’evoluzione che in questi anni subirono il suo stile e le sue idee musicali lo portera’ a cercare inevitabilmente qualcosa di fortemente diverso.
La rifondazione parti’ da Herbie Hancock, giovane scoperta del trombettista Donald Byrd, sulla cresta dell’onda per la recente “Watermelon Man”; da Ron Carter, contrabbassista dalla tecnica eccezionalmente pulita; e dal diciassettenne batterista Tony Williams. Davis incontro’ i tre negli studi della Columbia il 14 maggio 1963, insieme ad un’altra giovane promessa, il sassofonista George Coleman, che aveva gia’ ascoltato con Max Roach.
La prima registrazione del quintetto fu “Seven Steps to Haven”, composta da Davis e Victor Feldman, compositore inglese apprezzato da Miles e trasferitosi in California. La grande forza del gruppo fu subito evidente nelle nuove sonorita’ proposte da Williams, nella profonda conoscenza armonica di Coleman e nella sua sicurezza tecnica, nelle invenzioni “lampo” di Hancock e nei virtuosismi di Carter.
Il secondo “gradino” di quest’ideale scalata al successo, “I fall in love too easily”, era stata registrata negli stessi studi circa un mese prima. Al piano sedeva Feldman, il cui stile richiamo’ alla mente dei presenti un certo Bill Evans. Proprio Feldman era uno dei “candidati” per il nuovo quintetto, ma il pianista preferi’ andare a cogliere nuove (e piu’ sicure) opportunita’ sulla West Coast.
Con il terzo “gradino” cominciano le performance dal vivo, che dimostrano quanto il quintetto fosse cresciuto in pochissimo tempo. Il lavoro sui pezzi gia’ conosciuti e portati al successo dal precente quintetto di Davis fu affrontato con la massima apertura dai quattro “ragazzi” e Davis stesso era eccitato all’idea di scoprire cosa queste giovani promesse potessero dargli in termini di energia e novita’. “Autumn Leaves” e’ suonata all’Antibes Jazz Festival nel giugno 1963. Ron Carter porta avanti il tema “in due”, ma appena parte l’assolo di Davis la ritmica si lascia andare ad un accompagnamento energico e puntuto. Il trombettista inizia in sordina, ma cresce chorus dopo chorus fino a passare il testimone a Coleman che, con linee melodiche serrate, spinge Hancock ad un accompagnamento dal carattere impressionistico.
Nel febbraio 1964 il quintetto suono’ al Manhattan’s Philarmonic Hall. La crescita e’ sempre piu’ evidente, cosi’ la voglia di sperimentare le reali potenzialita’ del gruppo. “Stella by starlight” comincia con un nuovo richiamo al passato, con Hancock che riprende l’introduzione di Evans nella registrazione in studio del 1958. Ma subito nuove idee prendono corpo, con il tema suonato da Davis fuori dal tempo. Il ritorno sul beat e’ salutato con un grido di piacere da parte di uno spettatore…
Tratta dallo stesso concerto e’ anche “All blues”, suonata ad una velocita’ quasi doppia rispetto all'”originale” di “Kind of blue”, il che la rende forse meno suggestiva. Ma proprio la diversa andatura apri’ nuove orizzonti ai musicisti. Fu soprattutto la frantumazione ritmica proposta dal giovane Tony Williams a proporre nuove strade e a generare nuove visioni nei suoi compagni.
Appena dopo questa occasione Coleman lascio’ il quintetto. Tony Williams si prese l’onere di trovare un sostituto. Uno dei candidati fu Sam Rivers, con il quale aveva gia’ collaborato qualche anno prima. In “If I were a bell”, altro pezzo della storia del primo quintetto davisiano, Rivers dimostra di essersi perfettamente adattato allo spirito di ricerca che anima il gruppo. Ma il suo fraseggio imprevedibile contribuisce ad isolarlo ed a differenziarlo dall’apertura e dalla brillantezza dei compagni.
Tornato negli Stati Uniti, Davis manifesto’ nuovamente la volonta’ di avere Wayne Shorter nel suo quintetto. Shorter ha intanto da poco terminato l’avventura con i Jazz Messengers di Art Blakey con l’intenzione di dedicarsi alla composizione. Senza saperlo anche gli altri membri dell’anco’ra quartetto si trovarono a convincere, ognuno per propria iniziativa, Shorter ad unirsi a loro. Il che accadde nel nuovo tour europeo.
“Walkin’ ” fu suonata il 25 settembre 1964 al Berlin Philharmonie e l’approccio di Shorter al nuovo corso di Davis e’ assolutamente dei migliori. E’ grande la volonta’ di esplorare spazi ancora vergini e la disponibilita’ a seguire i compagni nelle loro illuminazioni. Materiale vecchio e nuovo brilla di una nuova luce.
Il nuovo grande quintetto di Davis e’ finalmente pronto a scrivere nuove pagine indimenticabili nella storia del jazz.
Musicisti:
Miles Davis, tromba
George Coleman, Sam Rivers, Wayne Shorter, sax
Victor Feldman, Herbie Hancock, pianoforte
Ron Carter, basso
Frank Butler, Tony Williams, batteria
Brani:
01. Seven Steps to Heaven (V. Feldman – M. Davis) – 6.23
02. I Fall in Love Too Easily (S. Cahn – J. Styne) – 6.44
03. Autumn Leaves (J. Kozma – J. Prevert – J. Mercer) – 13.55
04. Stella by Starlight (V. Young – N. Washington) – 12.54
05. All Blues (M. Davis) – 8.48
06. If I Were a Bell (F. Loesser) – 10.15
07. Walkin’ (R. Carpenter) – 10.46
Links:
Sony Music: www.sonymusic.it
Miles Davis: www.miles-davis.com