Eccoli in riga, belli, freschi e tirati a lucido. I veterani di una scena che ha fatto storia in Italia, oggi sono tornati in piena forma e sono tornati per regalarci canzoni. Forse sono tornati anche per restare. Sono i Tempi Duri, la storica band il cui esordio fu prodotto da Fabrizio De André e Dori Ghezzi, la storica band che diede i natali (almeno quelli di scena) al ragazzino Cristiano De Andrè accogliendolo stabilmente nelle loro fila. Un gran disco allora “Chiamali Tempi Duri”. Poi oltre 30 anni di silenzio che finisco oggi. Carlo Facchini e compagni tornano a fare canzoni. Il nuovissimo disco si intitola “Canzoni Segrete” ed è disponibile nei digital store e non solo. Per gli amanti, per i fedeli, per chi ha nostalgia di un certo tipo di suono autorale, è disponibile anche una versione Deluxe che regala anche quell’album storico in una versione rimasterizzata. Incontriamoci con i TEMPI DURI.
Quasi 30 anni di assenza. Forse più. Cosa davvero vi ha spinto a tornare in scena?
Naturalmente è una domanda che ci siamo posti varie volte anche noi.
In questi anni, dall’interruzione obbligata per la chiamata alle armi dei componenti della band fino al mese in corso, abbiamo scritto complessivamente decine di decine, immagino si tratti almeno di due o trecento canzoni.
Ci siamo chiesti che senso potesse avere far restare queste canzoni segrete per sempre. Ci siamo risposti che non avrebbe molto senso, dato che non si tratta di canzoni scritte soltanto per comunicare con l’aldilá o per ragioni simili. E quindi eccoci qui con te e con il nuovo album dei Tempi Duri che si intitola, appunto, “Canzoni Segrete”.
Però possiamo dire che in questi 30 anni non vi siete mai allontanati troppo dalla musica?
Mai. L’unico problema è stato che, quando non si ha a disposizione tutto il tempo che si vorrebbe avere, si devono fare delle scelte, seguendo l’unico criterio possibile: la propria personale scala di importanza o valori. Io, in cima alla scala, ho sempre messo lo scrivere. Mentre per altri aspetti, come ad esempio il dover essere presenti, il dover apparire, non sono riuscito a provare enormi stimoli.
In più, a darmi la mazzata definitiva, ci si è messo anche l’ambiente a noi circostante: spesso ho avuto amici che in qualche modo partecipavano a Sanremo e l’ho guardato, ottenendo ogni volta il medesimo risultato: un encefalogramma piatto. A questo punto, mi sono sempre fatto la stessa domanda: “Ma come fa un musicista a vivere per una cosa così?”.
Inutile non citare Faber e la sua influenza. Questo nuovo disco in un qualche modo vuole rendergli omaggio?
Rendere omaggio ai grandi maestri è segno di riconoscenza, la riconoscenza è segno di intelligenza, una dote necessaria per la conservazione ed il progresso della specie umana. Dobbiamo rendere omaggio ai grandi maestri non solo in occasione di particolari ricorrenze, questo lo farebbe chiunque, lo fa perfino la TV. Noi dobbiamo rendere omaggio all’intelligenza di chi ci ha preceduto, di chi ha inventato ciò che quasi inconsapevolmente utilizziamo, di chi ci ha trasmesso conoscenza, con ogni pensiero ed ogni istante della nostra esistenza. E dobbiamo farlo non per i morti ma per i viventi. Altrimenti non avremo futuro. Io lo avevo promesso e lo faccio.
E voi che siete “figli” di un grande maestro e di una grande scena musicale. Che responsabilità sentite di avere?
Una grande responsabilità. Come tutti gli allievi del mondo dovremo, una volta cresciuti, svolgere il nostro compito.
“Canzoni segrete” nel mondo di oggi. Se fosse venuto alla luce 30 anni fa?
Sarebbe stato un altro disco. Perché si tratta di un album solo in parte “storico”. Al contrario, più della metá dei brani contenuti nell’album “Canzoni Segrete” trova compimento in anni, o in mesi, recenti.
“Mattia” è il brano che più di tutti mi ha emozionato. È una storia vera?
Sì. Una mattina di settembre accompagnai il mio bambino all’asilo e, novitá, il suo amico Mattia era sparito. Ne parlai con mio figlio, che iniziava a porsi alcune domande: ma Mattia adesso dove sará, cosa stará facendo, tornerá? Era chiaro che, almeno per un certo tempo, non l’avrebbe dimenticato facilmente.
Poco dopo, forse perché toccato al cuore dall’innocenza (ma anche dalla perfetta logica) delle domande di un bambino, la canzone mi uscì di getto.