Già dal titolo il gioco di parole nasce protagonista. Si intitola “18” ed è il disco d’esordio del giovanissimo cantautore veneto Simone Laurino. Che poi è anche il titolo del primo singolo estratto a cui si accompagna un video diretto dal colombiano Andres Duque Elzaar. Che bel disco questo esordio, che bella freschezza e che semplicità in trame testuali a tratti decisamente più mature dalla sua giovane età. Una produzione diretta da Gustavo Rebonato che ha davvero poco da invidiare al resto del mondo pop italiano e un gusto ricco di quell’essere semplici e mai artificiosi per forza. Perché non c’è niente di rivoluzionario, né niente di nuovo, va detto… però va anche detto che non per forza se ne deve avere sempre bisogno. E Simone Laurino questo lo dimostra regalandoci un disco che canta la sua generazione e questo critico momento di vita. La maturità anagrafica, sociale e spirituale.
Così giovane e subito così impegnato ufficialmente nel mondo discografico. Con mondo hai scoperto?
Ho scoperto un mondo di per sé difficile, sto costruendo dentro di me la giusta forza per non perdere mai la volontà di muovermi e di fare ciò che amo con passione e costanza.
Traducendo il titolo del tuo album: che anni sono quelli dei 18?
Si dividono fra anni duri e anni morbidi, dipende da dove ognuno di noi vuole arrivare e da dove vuole partire. Sono gli anni del cambiamento e gli anni delle conferme, gli anni del bianco e del nero, della guerra e della pace. I diciott’anni sono fondamentali e allo stesso tempo inutili. Siamo noi a dover trovare un senso ed un significato appropriato.
Un’età così ricca di voglia di rivoluzione ed energia come fa a tradursi in una musica così dolce e melodica?
L’energia in “18” non manca, ma sicuramente sono più presenti le ballate sentimentali e melodiche. Questo perché volevo cercare di dare energia e luce alle parole che troppo spesso vanno in secondo piano quando invece sono le pietre angolari di un pezzo.
Com’è l’essere cantautori oggi che il POP e la musica leggera, nel senso commerciale del termine, hanno praticamente monopolizzato il mercato e anche il gusto del pubblico?
Monopolio? Mercato? Essere cantautori (ma anche più in generale musicisti) significa condividere e cercare di trasmettere una forte emozione con la dovuta sensibilità a chi è davanti a te.
Se dovevo affrontare statistiche, mercati e bilanci rimanevo all’indirizzo di ragioneria.
Trovo molta maturità ma soprattutto molta curiosità dietro l’ispirazione e la scrittura di questi brani. Ti senti un po’ un pesce fuor d’acqua rispetto ai tuoi coetanei oppure sei l’esempio di una nuova generazione di pensatori in questa Italia di oggi?
Magari abbiamo due correnti di pensiero differenti, io penso che la scrittura non abbia regole, è libertà ed è respirare a fondo un attimo. Altri vedono la scrittura come un lavoro metodico, complicato e artificioso.
Forse deve ancora entrare bene in testa ad alcune persone il concetto di semplicità e di sincerità d’animo.
Cos’hai rubato dalla scena che ti vedi attorno? Cosa invece hai decisamente tenuto a distanza?
Ho rubato la voglia di non accontentarsi mai di quello che si fa e di non adagiarsi sugli allori. Ho tenuto a distanza la corruzione della propria personalità e la mancanza d’umiltà.