Si intitola “A piedi nudi (Psichedeliche ipnotiche nudità)” il nuovissimo disco di Silvia Conti che per certi versi potremmo citare come esordio, visto che è la prima volta in oltre 30 anni di grande carriera che la cantautrice toscana sforna un’opera di inediti tutti scritti di suo pugno. Un disco bellissimo, da vedere innanzitutto, per merito della grafica sempre curata ad hoc dalla RadiciMusic Records – come d’altronde fa per ogni sua uscita come fosse un marchio di fabbrica. Sono 10 inediti e due grandi omaggi (Patty Smith e Beatles) a reggere l’equilibrio di un suono pop italiano estremamente curato e molto maturo. La canzone della Conti sfugge dalle logiche pop strettamente legate al mainstream radiofonico (si veda il singolo di lancio “Tom Tom”) ma ci regala una scrittura d’autore assai raffinata, accattivante per il pubblico che cerca la bella melodia, impegnata per chi si ferma a dar peso e valore alle parole. E c’è la denuncia, c’è l’amore, c’è la sua vita e ci sono le evoluzioni. Da quel lontano Festival di Sanremo ad oggi, ne sono cambiate di cose. E per chi, nostalgico, fosse ancora legato a quel senso un po’ bohémien di una cantante figlia dei fiori allora resterà sorpreso nel vedere come l’evoluzione impera in una struttura decisamente pop in cui si possono rintracciare evidenti segnali di una coerenza stilistica. Un magico equilibrio di chi alla forma non bada poi tanto, potendosi permettere comunque di avere grandissimo gusto.
Silvia Conti oggi. Da quel Sanremo 1985 come sei cambiata? E com’è cambiata la musica italiana tutto attorno a te?
Sanremo lo considero un ricordo lontano; più che cambiata sono cresciuta, la musica italiana intorno a me, fatte le debite eccezioni, un po’ meno. Purtroppo.
Mi pare che oggi tu ti sia arricchita di carattere, di maturità… questa voce che graffia e questi testi che non denunciano ma raccontano con molta competenza. Sei d’accordo?
Mi fa molto piacere che tu mi dica queste cose, le prendo come un complimento. Ho avuto la fortuna di poter maturare bene e in più la scrittura e la libertà compositiva hanno fatto tanto. Proprio per questo motivo ho scelto dall’inizio l’autoproduzione, proponendo alle etichette il prodotto già finito. Non volevo nessun tipo di interferenza. Fortunatamente ho incontrato RadiciMusic Records che ha sposato interamente il progetto.
Quanti colori ha questo disco? Col senno di poi, quale colore manca all’appello?
Posso dire nessuno anche se può sembrare che manchi il nero, ma se ascolti bene è presente anche quello: come tutti ho una parte scura e questa parte è stata magistralmente interpretata da Roberto Mangione che, insieme a Gianfilippo Boni e a me, ha curato gli arrangiamenti del disco.
Cosa significa davvero per te stare e camminare (come dire vivere) “A piedi nudi”?
Significa il rapporto con la terra, con la materia stessa della terra, a volte morbido prato e a volte roccia pungente ma sempre il posto dove puoi appoggiare i tuoi piedi per camminare.
E perché le nudità le descrivi come psichedeliche e ipnotiche?
Perché amo smaltare le unghie dei miei piedi ognuna di un colore diverso ed è questa mia caratteristica che ha dato il nome al disco. Il titolo è la prima cosa che è nata di questo progetto e mi è venuta l’idea proprio guardandomi i piedi.
E dopo “Tom Tom” sei già pronta per un altro video? Questo nuovo disco ha tantissimi brani deputati a singoli di lancio…
Sì, stiamo lavorando già ad un altro videoclip. La scelta non è facile perché mi piacerebbe tanto poter fare un video per ognuna delle canzoni presenti nell’album, farne una sorta di concept-clip ma giocoforza, a meno di non vendere quanto i Beatles, la vedo difficile.