E’ jazz pieno di energia quello proposto da Jonathan Kreisberg nell’ultimo Shadowless, lavoro di inediti che segue a due anni di distanza Night Songs, in cui il chitarrista americano si cimentava (coraggiosamente) con i piu’ conosciuti standards.
Uno dei complimenti piu’ graditi per un musicista e’ di non somigliare a nessuna delle proprie “guide” musicali, a sottolineare l’originalita’ di linguaggio e visione armonica. Questo vale certamente per Kreisberg, dotato di una notevole capacita’ di “orchestrare” lo strumento senza perdere di vista l’accessibilita’ melodica. A ben vedere i suoi punti di riferimento, oltre che gli imprescindibili Holdsworth e Scofield o i piu’ “giovani” Metheny e Stern, sono soprattutto i pianisti e il loro modo di dominare armonicamente e timbricamente lo strumento. Bill Evans su tutti. Di quest’ultimo il chitarrista statunitense sembra aver incamerato alla perfezione la lezione del trio, non tanto dal punto di vista di un linguaggio che sarebbe comunque inimitabile, ma piuttosto nell’interplay, nella gestione dei suoni e dei silenzi.
Alla base di tutto c’e’ il blues, che ha imparato a conoscere direttamente da uno dei suoi epigoni, quel Dr. Lonnie Smith che l’ha voluto stabilmente nel suo trio e nei suoi dischi. E che non gli ha impedito di seguire idee piu’ moderne, “elettriche” e “distorte”, attraverso la pratica della fusion, del rock o del funky. Insomma una formazione a tutto tondo che solo New York poteva dare ad un musicista di talento.
Tutto questo e’ Shadowless. A cominciare da una ritmica (Matt Penman al contrabbasso e Mark Ferber alla batteria) che per intesa rasenta il contrappunto. Le composizioni originali testimoniano la matura scrittura di un giovane talento. Maturita’ che traspare limpida nei soli e nella capacita’ di scortare le evoluzioni del sassofono di Will Vinson, seguendolo anche all’unisono come nel caso dell’introduttiva Twenty One, in cui il dispari 7/4 non e’ di ostacolo al generale lirismo del brano.
Dalle tensioni dense di Stir The Stars alla melodia ovattata piano e chitarra di Shadowless il passo e’ breve. Zembe’kiko “elettrizza” una melodia tradizionale greca amplificandone esotismo e fascino. Long Like A Mercury Day e Defying Gravity allentano la tensione, inframmezzate dalla nervosa The Common Climb, con annesso trascinante assolo. Si chiude con l’unico brano non originale, la gershwiniana Nice Work If You Can Get It, swing e atmosfere tradizionali a chiudere il cerchio.
Shadowless e’, dunque, il perfetto biglietto da visita di un musicista gia’ completo, sintesi perfetta delle sue potenzialita’, che non manchera’ di confermarsi nelle future prove da leader o attraverso stimolanti collaborazioni. Una per tutte quella con il nostro Stefano Di Battista che l’ha voluto nell’ultimo progetto Woman’s Land.
Forse non a caso saranno entrambi presenti sul palco di Orsara, uno ad aprire, l’altro a chiudere la XXIII edizione dell’Orsara Musica Jazz Festival. E chissa’ che le loro note non si incontrino…
Jonathan Kreisberg – guitar
Will Vinson – sax
Henry Hey – piano
Matt Penman – double bass
Max Ferber – drums
Brani:
01. Twenty One
02. Stir the Stars
03. Shadowless
04. Zembekiko
05. Long, Like a Mercury Day
06. The Common Climb
07. Defying Gravity
08. Nice Work If You Can Get It
Links:
Jonathan Kreisberg: www.jonathankreisberg.com