Ritroviamo Manuel Volpe che dopo un disco davvero interessante come “Albore” uscito 6 anni fa circa per la splendida label tedesca Agogo Records, torna a consolidare la sua Rhabdomantic Orchestra e a regalarci un nuovo lavoro che, se possibile, si eleva e amplia la manifestazione di ricerca, consapevolezza e grandezza delle visioni sonore. Un producer decisamente da seguire per la scena italiana e non solo… dunque mettiamo in circolo questo “Almagre”, nuovo disco che Volpe lascia firmare alla sola Rhabdomantic Orchestra e che mette al centro della narrazione la splendida voce della cantante colombiana Maria Mallol Moya. Surrealismo, citazioni vintage, l’imperfetta verità degli strumenti reali dentro lunghi scenari dove etnie mondi sonori cercano un punto che sia incontro e contaminazione.
I tuoi lavori, il tuo suono, la tua composizione… opere assai complesse. Curiosi di conoscere non tanto la genesi del suono quanto più la sua produzione… come si lavora in studio con Manuel Volpe?
Tutto deve essere performance. Per me lo studio non è eseguire, ma creare. Con Rhabdomantic in particolare scrivo le parti e i musicisti le vedono per la prima volta già con un microfono davanti allo strumento. Nessuna prova prima della sessione. Sono partiture molto aperte e mai definitive che, in base agli input di ogni musicista, si trasformano e migliorano.
Quanto di questo suono è prodotto dal vivo, cioè in presa diretta?
Abbiamo lavorato con porzioni dell’orchestra in presa diretta ovvero sezione ritmica e sezione fiati e altri strumenti in sovraincisione per questioni logistiche ma anche di arrangiamento.
Spazio per l’improvvisazione? Esistono elementi che avete lasciato al caso?
Tolti i più evidenti è un disco piuttosto scritto e le idee migliori nate dall’improvvisazione poi sono diventati veri e propri arrangiamenti, soprattutto gli errori! Il caso è il primo step poi la ricerca di un ordine diventa l’unica soluzione per armonizzare la complessità.
Il tuo nome viene accostato questa volta a quello di Maria Mallol Moya che mette voce e faccia in qualche modo allo spettacolo del disco. Perché lei, perché la sua voce e perché non tu?
Perché Maria ha un magnetismo unico e una visione artistica molto trasversale. Avevo in mente qualcosa che soltanto grazie a lei sono riuscito a capire. Non io semplicemente perché mi piace di più così, non mi diverte più cantare tanto quanto suonare altri strumenti.
Un disco che, nelle mie sensazioni, deve molto al passato, a quel certo modo vintage di pensare alla scrittura. Sbaglio?
Sicuramente c’è poca tecnologia, solo strumenti suonati, magari leggermente editati, ma vivi e imperfetti per natura.