PIETRA MONTECORVINO presenta ITALIANA, nuovo lavoro discografico in collaborazione con Eugenio Bennato

Battisti e Tenco? Chansonnier mediterranei. Sergio Endrigo e Bruno Martino? Idem.
Per non dire di Domenico Modugno, pugliese che ha esordito cantando in siculo per poi sbancare il Festival di Napoli, o di Gino Paoli che ha usato i versi del catalano Serrat per ribadire di avere i ” piedi nel mediterraneo”, prima di tradurre addirittura il tema di ” Casablanca” nel dialetto di Bovio. E dal Mare Nostrum, per esattezza da Comiso, partì anche il viaggio da emigrante dell’italo-belga Salvatore Adamo.
E’ questo l’assunto da cui parte la voce più verace e mediterranea del nostro canto libero: dopo un disco come ” Napoli mediterranea”, del 2003, uscito prima in Francia e solo dopo in Italia, Pietra Montecorvino completa la sua rilettura passando dai classici della melodia partenopea al repertorio dei grandi cantautori italiani degli anni Sessanta e Settanta.

In un disco come “Italiana” la Pietra del Mediterraneo immerge, infatti, nei suoni del “grande Sud” la migliore produzione cantautorale del Belpaese con la consueta complicità di Eugenio Bennato che firma la direzione musicale e, con Erasmo Petringa, anche gli arrangiamenti. Capolavori come ” Guarda che luna”, ” Il cielo in una stanza” e ” Io mi sono innamorato di te” incontrano per la prima volta le chitarre e i tamburi del Mezzogiorno, le ugole di emigranti dal Maghreb, dal Mozambico e dal Madagascar sono complici di viscerali riletture di ” Estate” e ” Anche per te”.
Un disco inciso di getto, destinato al mercato europeo oltre che a quello italiano, spiazzante, quasi che la cantante aggiungesse la sua firma a quella prestigiosissima degli autori, o che, meglio ancora, rilanciasse la loro sfida rivoluzionaria.
Rivoluzionaria, innovativa, coraggiosa, dirompente, fu la svolta imposta alla canzone italiana, in vari momenti, da Buscaglione e Endrigo per fare solo qualche esempio. Pietra rinnova quel rinnovamento, lo fa suo perchè solo così una grande interprete può misurarsi con una grande canzone.

“Amara terra mia” fu scritta dal Mimmo nazionale come lamento di uno dei tanti contadini meridionali costretti a cercare in città, al Nord, migliori condizioni di vita: nella versione griffata Montecorvino quel lamento è ripreso, tradotto e moltiplicato nelle voci dei “clandestini” che sbarcano disperati sulle coste d’Italia sognando “Lamerica”.

L’inizio con la chitarra battente dell’unico inedito del disco, “Amante italiana”, scritto dalla Montecorvino con Eugenio Bennato, dà voce all’orgoglio di una malafemmena mediterranea che confessa di aver vissuto ed amato ” con l’aggravante di essere napoletana, promesse tante ma certezze nessuna”. Simbolo femminino che viene dal passato, per proiettarsi nel futuro, Pietra dice quello che le donne non dicono, quello che le canzoni d’amore non dicono, quello che i telegiornali non dicono.
Insegue la luna, insegue l’amore, convinta che una voce possa portarci tutti sulla luna, possa portarci tutti all’amore.