Pasolini secondo STEFANO BATTAGLIA

La musica classica – che ha abbracciato con l’inizio dei suoi studi classici all’eta’ di 7 anni – e’ stato il suo primo amore. Cosi’ e’ iniziata la densa e brillante carriera di Stefano Battaglia, pianista e compositore milanese, che abbiamo incontrato in occasione della sua attesa partecipazione a Pomigliano Jazz 2009.

Diplomatosi nell’84, Battaglia ha intrapreso una brillante carriera come concertista, ha girato gran parte dell’Europa avendo cosi’ l’opportunita’ di approfondire un ventaglio di generi che vanno dalla musica barocca agli autori moderni. Ma gia’ da un pò si era scoperto stregato dall’improvvisazione, dai linguaggi di derivazione jazz, dalle forme espressive piu’ disparate che ha potuto attingere e confrontare nel corso delle collaborazione con i migliori artisti italiani e stranieri, Lee Koniz, Tiziana Ghiglioni, Enrico Rava, Ettore Fioravanti, Roberto Ottaviano, il trombettista Michael Gassmann

Con Konitz si e’ trattato di un periodo che si potrebbe intitolare: a scuola dal maestro della tradizione. Tradizione precisa, quella del jazz americano. E’ stata una fortuna, perche’ dopo Konitz, Rollins e pochi altri senatori, – racconta Battaglia non senza un pizzico di nostalgia – non ci sara’ piu’ la possibilita’ per nessuno di contattare la fonte originaria del jazz-idiomatico, se non attraverso linguaggi gia’ contaminati o imitatori vari, che non e’ la stessa cosa. E’ piu’ o meno come aver potuto studiare armonia seriale da Webern alla scuola di Vienna, no? Mi e’ rimasto da Lee una grande lezione sullo sviluppo della melodia su armonie tradizionali, l’importanza di suonare a orecchio e… di inventarsi le armonie quando non ti ricordi piu’ gli accordi del pezzo!. Esperienza sublime e nutriente, magari un poco chiusa dentro un mondo preciso, quello del jazz, nel quale gia’ all’epoca faticavo a riconoscermi.

Con Rava ho ricordi iper-energetici legati al privilegio di suonare la sua musica che conoscevo a memoria da quei dischi favolosi della fine degli anni settanta-primi anni ottanta, i suoi primi ECM, per me davvero importanti, anche sul piano estetico. Sfortunatamente la mia collaborazione risale ad un suo disco non particolarmente fortunato, What a day!, che non so nemmeno se sia stato ristampato.

La Ghiglioni, Ottaviano e Fioravanti, fanno parte di quella generazione appena precedente la mia con i quali ho avuto la fortuna di condividere le prime esperienze di gruppo stabile, in un momento in cui si facevano ancora centinaia di piccoli concerti in tutta Italia, esistevano piu’ circuiti a piu’ livelli, era possibile crescere “sul campo”, anche sbagliando o facendo musica che non interessava a nessuno.

Gassmann e’ una delle voci piu’ belle che conosca, alla tromba, ha un suono cosi’ caldo e scuro, tondo, morbido e pieno di armonici. Il suono e’ la cosa piu’ importante. E lui con quel suono puo’ fare anche poche note, che piu’ passa il tempo e piu’ la riconosco come una dote preziosissima in ogni musicista!”

Il progetto piu’ recente di Stefano Battaglia, ultimo solo in ordine temporale, e’ RE:Pasolini, un sentito omaggio musicale al mondo della poesia, della prosa e dell’arte cinematografica di Pier Paolo Pasolini. In esso traspaiono prepotentemente la passione-ammirazione che il pianista milanese nutre per il maestro bolognese, e la sua inclinazione a coglierne le molteplici sfaccettature ed a trasferirle nella sua musica, dove il jazz s’incrocia a doppio filo con i temi classici.

“Vi erano piu’ ambizioni legate a questo lavoro dedicato a Pasolini… – spiega Battaglia, illustrandoci il suo progetto – Innanzitutto e’ un omaggio alla poesia e ai poeti, quelli veri. Abbiamo cosi’ bisogno di poesia, a prescindere dai linguaggi espressivi. Pasolini era un poeta assoluto, indipendentemente se fosse il cinema, l’antropologia, la saggistica o la poesia stessa il mezzo utilizzato, egli era in grado di creare, veicolare poesia. Sempre. Poi c’e’ il sacro. Anche di questo si sente la mancanza. Il senso del sacro. Pasolini aveva questa capacita’ di descrivere il sacro, la vita e i suoi valori piu’ profondi e reali, la natura, l’amore per la bellezza e le persone, la carita’, la fratellanza e l’uguaglianza, il lavoro e la solidarieta’, attraverso una semplicita’, un senso della verita’ che ancora oggi appare commovente e provocatorio allo stesso tempo.

Poi vi e’ una specie di urlo disperato nei confronti del nostro paese – continua Battaglia – quanto si sente la mancanza di una figura di intellettuale come era Pasolini? Quali e dove sono le figure intellettuali in Italia? Quali e dove sono i riferimenti culturali? Chi e dove sono i carismatici catalizzatori di opinione nelle tante e sacrosante battaglie civili che siamo obbligati a perpetrare, e dovremmo attuare? Pasolini, ahime’, e’ stato l’ultimo grande intellettuale della nostra storia italiana. Lo dico con grande rimpianto, come ovvio, ma anche con grande amarezza, visto la fine che ha fatto.

L’ambizione ultima, infine, era quella di creare analogie tra gli innumerevoli linguaggi espressivi utilizzati da Pierpaolo, e le enormi possibilita’ che ha oggi un compositore/improvvisatore di disporre di linguaggi musicali diversi e disparati, che vanno dalle ballate rinascimentali alle pure sperimentazioni timbriche, senza perdere unita’ e intensita’, contenuto e senso della forma.

Questa era l’ambizione, non sta a me dire se sono riuscito nella sfida. A me basta l’aver dedicato molte energie creative, tempo e passione ad una delle figure piu’ importanti della mia vita, in una sorta di amorevole e doveroso omaggio.”

Dall’inizio della sua carriera Stefano Battaglia ha collezionato al suo attivo piu’ di settecento concerti piu’ di sessanta dischi, di cui la meta’ come leader: non male per un musicista ancora giovane e per una carriera ancora relativamente breve. Altro esempio calzante della puntigliosita’ e della costanza nel lavoro di Stefano Battaglia e’ stato il saper portare a termine un progetto di portata decennale, quello cioe’ di trasposizione musicale di 56 Sonetti a Orfeo, di Rainer Maria Rilke, iniziato nel 1990 e terminato nel 2000. Su tutta questa fervente attivita’ hanno fortemente inciso un solido bagaglio tecnico-culturale, una propensione forte per lo studio, l’approfondimento, la ricerca e la sperimentazione, ed una fervida fantasia compositiva.

Non so se e’ fantasia, predisposto a stare tanto sullo strumento senz’altro, riguardo alla concentrazione… il mio rapporto con la musica e’ esistenziale: non professionale, o artistica, o artigianale. – continua Battaglia – Non posso scegliere. Nemmeno distrarmi. E’ una disciplina, se non una fede! E’ come chiedere ad un monaco come fa a pregare tutto il giorno. Dio e’ la sua esistenza, se egli e’ sempre con Dio egli si sente Dio, o parte di Dio, altrimenti non e’ nulla, e nulla si sente. Non conosco altri modi di stare nella musica. La musica e’ il mio nutrimento, la mia medicina, il mio corpo, la mia voce, il mio cuore, il mio spirito. Intendiamoci, non parlo di “ascoltare la musica,” che spesso e’ faticoso e meno stimolante del silenzio, ma fare musica, essere nella musica, essere musica. Poi come individuo ho altri amori, tra cui quattro figli meravigliosi, e, per carita’, altri interessi.

Ma la mia espansione individuale si specchia nella musica che faccio, se non sono felice della musica e’ perche’ non sono soddisfatto di me. Dunque meglio darsi da fare! Se amo un sonetto di Rilke mi vien voglia subito di tradurlo in musica, se mi vien voglia di abbracciare Pasolini lo faccio con la musica, se guardo un quadro di Rothko sento subito vibrare i suoi colori come strumenti. Leggo le teorie sul segno e il colore di Kandinsky e subito provo a metterle in analogia con i parametri musicali. Insomma, amo la bellezza, ma dopo aver osservato e assimilato, il prisma attraverso il quale traduco e comunico, a me per primo, e’ quello della musica.”

Le sensazioni profonde, gli scenari drammatici, le atmosfere rarefatte, che Battaglia riesce a trasmettere all’ascoltatore sono dovute, tra l’altro, all’uso sapiente ed accorto delle sonorita’ e delle timbriche del piano e degli strumenti che lo accompagnano.

Tra le tante facce pasoliniane – afferma Battaglia – ne esiste una che col tempo andrebbe ulteriormente rivalutata, sgombrata dalle piccole polemiche ideologiche e sociali del suo tempo: quella del Pasolini giornalista, opinionista acuto e profetico, che parla del progresso e del modernismo, del capitalismo e del libero mercato come un pericolo catastrofico. Le sue parole, cosi’ vicine a quelle del Cristo ai farisei nel tempio e al compianto Gramsci, oggi suonano come una campana a morte per le scelte operate dalla nostra civilta’. Percio’ gli scenari drammatici, il senso di perdita, la necessita’ di tornare a rinunciare, riportare tutto e tutti ad una condizione di umanita’ reale, anche attraverso gesti coraggiosi ed eclatanti. Il miracolo pasoliniano sta nel trovare sempre equilibrio tra colto e popolare, tra citazioni di prospettive pittoriche rinascimentali e la bestemmia del contadino, tra il gusto per la sperimentazione e l’inno alla ruralita’. Per questo c’e’ sempre il dialogo tra il violoncello, simbolo della cultura musicale colta, con la sua voce calda e tenorile, sensuale ed elegante, e il clarinetto, icona della tradizione musicale bandistica italiana, con quel suono che richiama immediatamente all’Italia che fu, dal Verdi piu’ connotato e nazionalista al Rota felliniano. E poi c’e’ la tromba, che unisce altri mondi pasoliniani, il jazz degli anni sessanta, le fanfare, il Requiem.”

Battaglia ha studiato ed approfondito musica sacra ed ha tenuto concerti in diverse chiese da cui sono scaturiti 6 Cd. E’ docente ai seminari di Siena Jazz, in corsi di specializzazione e di alta qualificazione  professionale. Ma si capisce che Stefano fa musica per passione, per trasporto, che ricerca qualita’ ed impegno piuttosto che vanita’ o scopi venali.

Il tema e’ piuttosto impegnativo… – riflette Battaglia – La musica, se contiene verita’ e qualita’, e’ un nutrimento di per se’, la mia ambizione e’ quella di continuare ad essere un suo umile servitore: mi ha donato talenti che voglio nel tempo meritarmi attraverso lavoro e ricerca. Non dimentico che grazie a questi doni vivo una vita di privilegio in mezzo alla bellezza piu’ pura e profonda. Tradire tutto questo con la ricerca del facile consenso sarebbe un sacrilegio, per me contrario all’idea stessa del significato. Cio’ che ho sempre suonato sin da piccolo, la musica stessa, non e’ “mia”. E’ un’esperienza divina. Impegno, serieta’, passione e dedizione sono gli strumenti “miei” attraverso i quali posso provare a ricambiare verso cio’ che e’ divino per il dono che mi e’ stato concesso.

E poi, lo ripeto, bisogna sapere rinunciare. Non si puo’ piacere a tutti. Gia’ piacere a tanti e’ sospetto, visto il clima culturale in cui la nostra civilta’ ha scelto di piombare. L’idea del successo si e’ di molto spostata verso questioni grossolane e superficiali, legate alla visibilita’ ed al presenzialismo. Per me il successo rimane una cosa precisa, legata al sopravvivere potendo stare nella musica e dall’interno dedicarsi all’espansione del se’, alla verita’ piu’ profonda, al collegamento con altre anime che coltivano tensioni simili, indipendentemente da cio’ che vuole il mercato. Da li’ non mi sposto, e’ piu’ sincero e significante, a volte e’ un poco frustrante, ma alla lunga e’ decisamente piu’ gratificante!”

Ringraziamo Stefano Battaglia per la sua cortesia e disponibilita’. “E’ un piacere, – risponde Battaglia con un sorriso – ci vediamo venerdi’ sul palco di Pomigliano Jazz. Spero in tanti.”