NEW CONVERSATION JAZZ 2012: Franco D’Andrea, Kenny Barron, Mulgrew Miller, Dado Moroni

Un sestetto dalle molte attese quello di Franco D’Andrea, alimentate dalla prestigiosa presenza del trombonista Mauro Ottolini e del batterista veronese Zeno de Rossi, senza nulla togliere agli altri componenti della band: Daniele D’Agaro (clarinetto), Andrea “Ayace” Ayassot (sax alto), Aldo Mella (Basso).


Se e’ vero che lo “strano” Thelonius ha impiegato anni “ad aspettare che il futuro lo raggiungesse” con impassibile calma e indifferenza per cio’ che lo circondava, e’ probabilmente vero che D’Andrea si e’ prodigato in una elegante interpretazione dell’intellettualismo Monkiano imponendo la propria vena creativa al sestetto nato dall’unione delle sue due formazioni: il suo quartetto storico e il recente trio con D’Angaro e Ottolini.


Pur essendo riconoscibili gli elementi rappresentativi della sua poetica nelle dissonanze, negli intellettuali scontri ritmici, contrappuntati da silenzi e tumultuose, stridenti scivolate sonore, la band sembra glissare la rescrittura personale che Ottolini accenna piu’ volte e che immancabilmente viene riportata al controllo di D’Andrea che mantiene il progetto su caute basi interpretative. Nessun assolo, ma un fedelissimo e rispettoso tributo all’impenetrabile Thelonius.



12 maggio, Teatro Olimpico
Franco D’Andrea Sextet
“Monk e la macchina del tempo”
Franco D’Andrea (piano), Daniele D’Agaro (clarinetto), Andrea “Ayace” Ayassot (sax alto), Mauro Ottolini (trombone), Aldo Mella (basso), Zeno de Rossi (batteria)



 



Gioca sul soprannome di Monk il titolo del secondo set, “Mad Monk”, monaco pazzo.


Cosi’ i “3 Monkish Pianos” assumono la tunica nera dell’enigmatico compositore jazz piu’ incompreso di tutti i tempi. Senza dimenticare le intenzioni esecutive di Thelonius, ma indipendenti ed energiche, si dipanano idee emozionanti dalle tre menti mainstream dei pianisti Kenny Barron, Mulgrew Miller ed il nostro Dado Moroni.


I “Tre pianoforti monacali” si inoltrano tra le spire dei percorsi destrutturati di Monk rendendo loro un respiro ampio, trasformando il nero trifoglio dei tre strumenti affiancati sul palco in un calderone esplosivo di vitalita’, creativita’ e inventiva, ognuno col suo tocco magico.


Tutti e tre vantano una certa militanza nelle atmosfere bop, subiscono la fascinosa influenza dello stile modale di McCoy Tyner e si muovono in territori sperimentali intrisi di funky, blues e ragtime. Barron, monumentale pianista, inizia con un’eleganza non priva di energia il suo contributo, farcito dell’impressionante estensione della sua formazione. Fondatore di “Sphere” insieme a Charlie Rouse e Ben Riley, ex tenorista e batterista del quartetto di Monk, resta centrato sul linguaggio di quest’ultimo, sempre molto mentale, variandolo attraverso una gamma linguistica che va dal Bop di Gillespie fino alle recenti sperimentazioni di Hancock.


Miller dal canto suo, pur non mancando in equilibrio si dirige verso un’esecuzione dall’energica poliritmia. Infine Moroni, si lancia come un giocoliere in una sintesi di tutti questi elementi dando vita ad un Monk reinventato con ironia e impressionante padronanza tecnica.



12 maggio, Teatro Olimpico
“3 Monkish Pianos”
Kenny Barron (piano)
Mulgrew Miller (piano)
Dado Moroni (piano)



– Foto di Pino Ninfa –