NEW CONVERSATION JAZZ 2012: Annie Whitehead, Antonio Sanchez, Fabrizio Bosso

Beniamina di Robert Wyatt, Annie Whitehead porta dal 1999 sulle scene di tutta Europa (e dintorni) il tributo alle sue canzoni farcite di avanguardia psichedelica, nonsense, rock progressivo, jazz contaminato dalle intenzionalita’ del grande Miles, dove l’esistenzialismo post industriale trova il proprio testimone, intelligente e sopraffatto dalla fatica di vivere. La Whitehead, che porta sul trombone un fiore rossastro, e’ accompagnata in questo progetto da una band che si muove con cautela in uno spazio talmente originale da preoccupare anche i piu’ scaltri esecutori. Parliamo dei sassofonisti Brian Hopper e Mark Lockheart, del batterista Liam Genockey, del bassista Tim Harries e della pianista Janette Mason, che con un’onesta interpretazione restano a costruire una solida base di orientamento su cui la trombonista trova originali aperture esecutive.


D’effetto la particolare formazione al femminile di questa band, che dal 2004 ospita nel progetto l’italiana Cristina Dona’, la cui eleganza, pero’, non trova amalgama con lo stile della band, incentrata fortemente sull’aspetto progressive della musica di Wyatt, fedelmente garantito dalla chitarrista eccentrica Jennifer Maidman. La difficile esecuzione delle atmosfere e delle sonorita’, l’energia di quest’uomo intenso, che si sprigionava dal suo corpo e dalla sua voce cosi’ poco convenzionale e cosi’ adatta al suo stile, al suo tempo, alle emozioni e ai contenuti che per anni ha prodotto e proposto ai quattro cantoni del mondo, il suo essere cosi’ personale dunque, stride con la voce, l’aspetto e l’interpretazione raffinata della Dona’, mentre risalta nell’altrettanto personale stile di Sarah-Jane Morris. Personaggio eclettico e un pò sui generis a giudicare dalla mise scelta per lo spettacolo, la Morris incanta con la sua voce spessa e granulosa, con i suoi giochi sonori e ritmici restituendo lo spirito anticonvenzionale del groove di Wyatt, il suo bisogno di sperimentare, quel sapore sessantottino intriso di impegno politico e ricerca delle liberta’ civili e sociali, quella voglia di trasgredire per conoscersi piu’ a fondo.



10 maggio, Teatro Comunale
Annie Whitehead “Soupsongs: tribute to Robert Wyatt”
Sarah-Jane Morris e Cristina Dona’ (voce), Annie Whitehead (trombone, leader), Brian Hopper (sax tenore), Mark Lockheart (sax tenore e soprano), Jennifer Maidman (chitarra, voce), Janette Mason (pianoforte, tastiere), Tim Harries (basso el.), Liam Genockey (batteria)



 



La location del Panic Jazz Caffe’ quest’anno ha un’aria piu’ confidenziale, piu’ alla portata di tutti anche dei passanti al punto che durante le prime serate e’ stato quasi impossibile “ascoltare” la musica, comunque impegnata, proposta dal programma.


Ma ci sono nomi capaci di ipnotizzare le folle, come quello di Antonio Sanchez.


Sanchez e’ un batterista messicano che a soli 5 anni inizia a suonare lo strumento che lo caratterizzera’ come artista. Ma la sua formazione non si limita alla batteria, Sanchez studia pianoforte classico e poi a Boston completa i suoi studi riguardo al jazz. Parliamo dunque di un artista completo che attraverso lo studio ha perfezionato il suo talento richiamando l’attenzione di Pat Metheny, con cui suona da molto tempo. Non poteva mancare allora un progetto personale, il quartetto da lui fondato e composto da John Escreet al piano, Matt Brewer al basso e Dave Binney al sax, che per la serata ha avuto un degno sostituto: Will Vinson. Le influenze Coltraniane dei primi attacchi tuttavia si perdono in una performance aggressiva e coinvolgente grazie all’energico approccio di brani come “Minotaur” o “New Life”, dove Vinson si ispira non solo al sassofonista che sostituisce, ma si lancia in originali citazioni riguardo a Cannonball Adderley e Greg Osby.


Il bis e’ un perfetto artificio stupefacente. Il gioco delle attese, ogni volta piu’ lunghe, che si riversano in un’aggressione sonora ogni volta piu’ eccitante, investe il pubblico con la stessa forza provocatoria del groove di Maceo Parker, ma potenziato dall’energia di una vitalita’ seducente e promiscua.


L’effetto e’ convincente e Sanchez fa la differenza, ma forse resta in ambiti culturali conosciuti, seppure intrisi di competenze e talenti elevati, per i quali il risultato dell’operazione sembra essere similare.



10 maggio, Panic Jazz Cafe’ Trivellato – Basilica Palladiana
Antonio Sanchez Quartet
Antonio Sanchez (batteria), Matt Brewer (contrabbasso), John Escreet (pianoforte), Dave Binney (sax)



 


 


Si ripropone anche quest’anno all’Olimpico, l’omaggio al grande Nino Rota. Ma stavolta si cimenta nell’interpretazione il trombettista Fabrizio Bosso, impegnato a districarsi tra due leoni: da un lato il trio composto da Claudio Filippini al piano, Rosario Bonaccorso al basso e Lorenzo Tucci alla batteria, e dall’altro l’orchestra del Teatro Olimpico diretta da Stefano Fonzi.


Interessante l’interazione di Bosso con entrambe le formazioni. I passaggi dall’uno all’altra sono fluidi e i cambi repentini di atmosfere, di groove, di sonorita’ rendono la performance davvero speciale.


Colpisce l’incredibile gamma sonora che Bosso riesce a coprire con la tromba, la grazia di certi fraseggi, il respiro e l’amabilita’ del suono che si espande tra lirismo e potenti impennate di energia, cellule ritmiche incoerenti che ritrovano equilibri in continuo mutamento.


A dispetto della prima operazione condotta a termine da Uri Caine martedi’ 8 maggio, l’orchestra si cimenta in un’esecuzione, seppure non del tutto convenzionale, comunque rispondente alle partiture di Rota tramite le deviazioni melodiche e ritmiche del trombettista, senza troppa fatica e con buona riuscita del riarrangiamento orchestrale ad opera del Direttore Stefano Fonzi. “L’Incanto” e’ stato realizzato in forma di suite e comprende i maggiori successi di Rota come La dolce vita, il Padrino, il Gattopardo, Otto e mezzo, ed e’ stata anche gia’ registrata con la collaborazione della London Symphony Orchestra.



11 maggio, Teatro Olimpico
Fabrizio Bosso Quartet e Orchestra del Teatro Olimpico
“Enchantment: l’incantesimo di Nino Rota”
dir. Stefano Fonzi
Fabrizio Bosso (tromba), Claudio Filippini (piano), Rosario Bonaccorso (basso), Lorenzo Tucci (batteria)




– Foto di Pino Ninfa –