Certamente non possiamo negare (e non possono prendersela più di tanto i nostri) se con un nome così restrittivo, in vista anche di una superficiale fruizione di tutto, ormai, la loro storia venga etichettata a priori e, aggiungeremo poi, in modo decisamente sbagliato. Perché se è dai Balcani che arriva la radice e la nascita della loro forma musicale, è nel resto del mondo, dal rock al pop d’autore passando per tante sfumature di stile che i nostri spaziano per la scrittura dei loro dischi e per il contenuto dei loro concerti. Vorremmo che tutti facessero un salto oltre le apparenze, sarebbe il minimo. Ma, ahimè, è assai utopico visto che, se così fosse, anche per cose assai banali del quotidiano forse tutto il mondo sarebbe diverso. E non è tanto per dire…
Ed invece pecchiamo di apparenze e di superficialità: dunque impiegheremo fatica a far capire che la Municipale Balcanica non è una band di fedelissima tradizione balcanica. Anche… ma c’è soprattutto altro. E gira dunque questo nuovo disco di inediti (il primo nella loro carriera ad avere solamente brani originali) dal titolo “Night Ride”. Certamente l’ascolto del singolo “Transylvania Party Hard” con il bellissimo video di animazione, fa chiudere il cerchio attorno alle etichette balcaniche e così saremmo tentati di dire con l’ultima traccia “Deserto Non Deserto”. Ma tanta altra parte di questo lavoro che si divide tra strumentali e canzoni, tra elettronica e suono rock, abbraccia ben altro così liberamente mescolato alle contaminazioni di ogni giorno che descrivere brani come “Rusty” ci sembra davvero difficile. Forse il più “canonico” a forme a noi aderenti è una ballad assolutamente inaspettata per un lavoro simile: “Ogni stella”, che sa di Modugno, che sa di canzone d’autore, che ha quel fare reggae, che è romantica e che poi si mostra notturna. Esatto: in un disco “balcanico” che balcanico non è ci troviamo dentro anche pillole gustose come queste. Ed eccovi la riprova importante di come andare oltre le apparenze è tutto quel che basta per scoprire il mondo che ci circonda e provare a capirlo per quello che davvero è… e non per quello che vorrebbero farci credere le maledettissime etichette di stile. E qui Pasolini avrebbe una forte voce in capitolo…
Credo che sia impossibile non partire proprio dal concetto di disco di inediti. Come mai questa volta vi siete immersi totalmente in questa direzione?
Abbiamo sempre dato la priorità alle composizioni inedite ma, negli altri album, sentivamo sempre l’esigenza di ritagliare una piccola percentuale di brani provenienti dalle culture musicali che stavamo studiando e conoscendo. Era quello un modo per accompagnare il pubblico che ci ascoltava in una sorta di viaggio guidato nei paesaggi che stavamo esplorando. In Night ride questa esigenza è venuta meno perché siamo ormai certi che il pubblico sia cresciuto insieme a noi e non abbia più bisogno di una mappa delle nostre influenze o di ulteriori occasioni di contatto con suoni provenienti da lontano. Siamo giunti, dopo sedici anni, a una fase in cui non c’è nulla da spiegare in maniera più esplicita e ci godiamo la libertà di dare tutto lo spazio di un album a un racconto originale.
Che poi a dimostrazione della vostra versatilità artistica e di genere c’è “Ogni stella” che è un brano che davvero non mi sarei aspettato in questo disco… forse in nessun angolo della vostra produzione o sbaglio? Come nasce?
In ogni disco precedente, con molta naturalezza, c’è stata una “ballad” distante dalla velocità che spesso ci contraddistingue. Erano quelli brani più intimi, anche impegnati, come L’aria migliore o Giugno 1917 che rappresentavano una parte importante di noi, erano un momento di respiro, di confessione e confidenza con chi ci ascoltava. L’aria migliore già 11 anni fa raccontava il dramma dei migranti in mare, un tema attuale oggi più che mai. “Ogni stella” è nata con molta spontaneità e semplicità, con una visione familiare per chi, come noi, osserva la notte dopo i concerti vivendo la quiete delle luci soffuse dopo la frenesia del live. Ci ritroviamo sempre a guardare con incanto chi nella notte vive, cammina e lavora. Questa è una canzone d’amore per chi ha la fortuna di passeggiare in una notte tranquilla con la persona che ama, ma è anche una ninnananna per consolare, con un po’ di speranza, chi nella notte vive la sua inquietudine. Tra l’altro in una recensione abbiamo letto che si sentiva che era un brano balcanico 😀 invece giustamente tu ci chiedi di un brano inaspettato.
E poi le versioni Radio Edit – almeno questo si evince dalla tracklist dei canali digitali. Che ragione c’è alla base e come avete impostato le scelte di arrangiamento?
C’erano canzoni che abbiamo scelto di mettere in versione più breve perché avevano in sé una doppia natura. Sono brani che ci piacciono sia compatti sia con qualche parola in più, con qualche svisatura e variazione sul tema, qualche assolo più esteso. Alla fine il brano gira nella sua versione più compatta, ma dal vivo noi ci mettiamo sempre qualcosa in più e stavolta abbiamo voluto rappresentarlo anche sul disco. Rispetto agli arrangiamenti in generale abbiamo lasciato più spazio alla voce ed a qualche impreziosimento elettronico senza voler esagerare.
Se nel singolo di lancio siete smaccatamente aderenti ad un certo stilema che vi contraddistingue, almeno nella prima facciata, in molti altri brani uscite proprio dalle righe “balcaniche”. Voi siete sempre pronti e fieri della contaminazione. Perché allora da sempre avete avuto questo nome estremamente condizionante, un nome che in fondo cataloga troppo e in modo errato aggiungerei io?
Ci chiamammo “Municipale BALCANICA” non certo perché volevamo imitare le fanfare balcaniche ma perché quella cultura musicale è stata la prima che abbiamo conosciuto uscendo dai confini della musica accademica e occidentale in cui ci eravamo formati. Noi siamo pugliesi e quando (allora eravamo giovanissimi) abbiamo sentito nei nostri paesini i migranti della ex-Jugoslavia che qui avevano trovato rifugio suonare la loro musica è scoccata una scintilla. Una scintilla di curiosità, con la consapevolezza di una immensità da scoprire fuori dai nostri confini musicali. In quel primo contatto diretto abbiamo scoperto la nostra vocazione alla “contaminazione”. Decidemmo così di dare un tributo ai Balcani nel nostro nome perché proprio ai Balcani demmo il primo sguardo fuori dai nostri territori, fu quello il primo passo di un viaggio che ci porta ancora in giro per tante culture musicali di tutto il mondo. Ci rendiamo conto che il nome nostro nome rischia di dare una chiave di lettura a tutto ciò che facciamo, ma andare oltre pregiudizi prevedibili è uno sforzo minimo che chiediamo a chi ci ascolta. Peraltro, se proprio lo dobbiamo dire una certa accezione negativa rispetto alla musica balcanica la ravvediamo solo in Italia, probabilmente per via del brano di Elio e perché noi italiani siamo sempre un po’ troppo ignoranti, facilmente hater e tifosi da stadio; ti posso garantire e confermare che in realtà il mondo della musica folk balcanica è un mondo da scoprire, variegato, interessante e fatto anche di tanti artisti virtuosi che suonano per ore pur non sapendo leggere la musica. È stata una scoperta per noi avere un progetto con la Kocani Orkestar ed ascoltarli suonare i nostri brani mentre noi scrivevamo le parti dei loro. Certe volte bisogna essere capaci di guardare al mondo nella bellezza della sua diversità e così nella musica, se non siamo capaci di farlo forse dobbiamo porci qualche domanda o semplicemente levarci i paraocchi.
Un prossimo video in cantiere?
Abbiamo tante idee e decideremo a brevissimo quale scegliere. In fondo siamo in tanti nella band e mettere d’accordo tanti musicisti richiede un po’ di pazienza, ad ogni modo la “release candidate” n questo momento è proprio Ogni stella che è nata in originale in inglese (Every Star) e della quale forse ne faremo una versione con ritmica rinnovata proprio per il video.