Una formazione “classica” e una musica senza tempo. Mirko Signorile con “Magnolia” prosegue il viaggio partito da “Clessidra” e definisce ancor di piu’ gusti e priorita’. Magnolia e’ il nome della piccola protagonista di questa sorta di opera in musica. Musica che veste situazioni diverse e che accompagna la piccola eroina alla scoperta del mondo. Tante storie sonore, arrangiate con dovizia di particolari e riferimenti che vanno dal jazz alla musica classica, dai temi felliniani fino al rock di “Magnolia”, appunto.
Il pianista barese si affida ad una formazione collaudata (Fabio Accardi alla batteria e Giorgio Vendola al contrabbasso), impreziosita dalla presenza delle percussioni di Cesare Pastanella e irrobustita, nel disco, dal violoncello di Giovanna Buccarella.
In attesa di ascoltarlo in quartetto sabato 15 febbraio e domenica 16 febbraio presso lo spazio ZTL – Zurzolo Teatro Live di Napoli (Via Giuseppe Piazzi, 59 tel. 392.3915529 – 081 0331974 – info@zurzoloteatrolive.it) leggete come ha risposto alle nostre domande…
Partiamo dalla fine…o quasi. “Clessidra”.
Guardando non solo alla tua produzione precedente, ma anche alle tue esperienze in ambiti diversi, “Clessidra” mi e’ sembrato una sorta di contenitore di esperienze nel quale finalmente esporre tutto quello che avevi assorbito e con uno stile unico e personale. Infatti suoni jazz, rock ed elettronica fino addirittura a delle venature house….
“Clessidra” e’ un disco al quale ho lavorato per diversi mesi ed e’ il primo disco non solo jazz della mia produzione. Nasceva dall’idea di mettere insieme dei brani melodici, sognanti e intimi che avevo scritto nel corso del 2006-2007, oltre ad “Ortigia”, un brano del 2000, composto durante un tour di concerti in Sicilia. Sentivo di aver trovato e maturato un particolare modo di suonare. Un modo piu’ semplice e piu’ “paziente”, anche se l’intero lavoro ha avuto bisogno di una cura attentissima degli arrangiamenti. Sicuramente “Clessidra” contiene tutti i miei amori musicali e artistici ed e’ stato un modo per rompere dei confini che incominciavano a starmi stretti. E’ stato, quindi, un modo per espandere la mia visione creativa.
“Magnolia”, invece, ne mantiene il lato fiabesco, come se avessi voluto mantenere dal precedente soprattutto questo carattere, ma non abbandona del tutto le venature piu’ rock. Ne e’ lo sviluppo, considerando anche il fatto che hai mantenuto la stessa formazione?
“Magnolia” e “Clessidra” hanno dei punti di contatto. Come tu dici, la formazione e’ la stessa e questo mi ha permesso di elaborare in modo ancora piu’ consapevole un sound. “Magnolia” pero’ pone l’accento su atmosfere piu’ solari e meno notturne. I brani rock sono quelli che in qualche modo rappresentano l’elemento del “desiderio” e dell'”affermazione”. La title track e’ esattamente lo sviluppo compositivo di “Monadi” ( da “Clessidra”) a voler significare che questi due album sono molto vicini. Non ho mai smesso di scrivere musica. Per me la registrazione di un disco e’ esattamente il momento in cui sento e capisco qual e’ la nuova direzione che voglio seguire.
Un altro dato caratterizzante queste due ultime produzioni e’ l’introduzione del violoncello. Che effetto o suono cercavi?
Cercavo un suono che potesse sostenere i temi del pianoforte dandone piu’ corpo e profondita’. Ho sempre amato il violoncello. Lo trovo uno strumento vicino alla voce umana e con una drammaticita’ irresistibile.
A differenziare i due e’, tra l’altro, l’etichetta discografica che lo produce. Hai avuto con entrambe massima liberta’ e uguaglianza di vedute? E come mai un disco con Auand solo ora?
Sia “Clessidra” che “Magnolia” nascono e si realizzano in totale liberta’. Credo che non sarei in grado di fare musica dovendo seguire delle direzioni che non voglio seguire.
Ho avuto il privilegio per diversi anni di essere prodotto dalla Soul Note (“In full life”, “The Magic Circe”). E’ stata una collaborazione nata dal caso e dalla fortuna. Poi questa etichetta ha chiuso, con grande dolore, e per me e’ iniziato un periodo di ricerca. E’stato bello ritrovare Marco Valente per questo lavoro, perche’ stimo la sua direzione artistica. Credo che entrambi aspettassimo solo l’occasione per fare un disco insieme.
Queste due produzioni si differenziano da un’altra tua importante esperienza, quella con il Synerjazz Trio. Con quel trio la musica nasceva durante l’esibizione, con la curiosita’ e la ricerca dell’interplay, mentre negli ultimi due dischi la musica nasce prima di cominciare a suonare. Con il Synerjazz Trio e’ piu’ immediata e improntata all’improvvisazione pura, nel caso di “Clessidra” e “Magnolia” sembra pensata prima e condivisa poi con gli altri musicisti.
E’esattamente cosi’. Il SynerJazz Trio nasceva dall’idea di vivere una sinergia creativa. Io, Giorgio Vendola e Vincenzo Bardaro eravamo sullo stesso piano creativo sia nella realizzazione di piccoli arrangiamenti che nell’esecuzione. In questo trio tutto era mosso dall’ascolto in tempo reale e dall’interplay. “Clessidra” e “Magnolia” invece sono molto strutturati e arrangiati. L’idea e’ ben chiara ancor prima di salire sul palco e l’interazione avviene nel rispetto della forma e della sonorita’.
Facendo ancora un passo indietro mi incuriosiscono molto le due produzioni con Giovanna Carone sulla musica yiddish. Come sono nate? Era un repertorio nuovo per te e come ci sei entrato dentro?
L’incontro con Giovanna Carone nasce in maniera casuale a Bari. Lei proviene dalla musica barocca ma con un dono per la “canzone”. Ci siamo innamorati entrambi dell’yiddish soprattutto per la sua musicalita’. Mossi dal desiderio di recuperare la memoria storica di questa lingua, andata persa durante la Shoah, abbiamo iniziato a suonare brani della tradizione. Con il tempo ho incominciato a scrivere brani originali con testi originali scritti da Marisa Romano, la terza anima di questo progetto, docente di lingua yiddish presso l’universita’ di Bari. Il nostro non e’ mai stato un approccio filologico. Ho sentito sempre grande liberta’ nel suonare questo repertorio.
Quanto sei legato alla realta’ musicale pugliese (da Roberto Ottaviano fino alla tua collaborazione con Casarano e Bardoscia)?
La Puglia e’ la mia terra, la amo per la sua varieta’, multiforme esattamente quanto la scena musicale pugliese. Si puo’ sentire di tutto e questo e’ un grande spunto e un grande stimolo. Le collaborazioni con i musicisti pugliesi sono importanti perche’ sono sempre un modo per crescere, penso a Ottaviano, Partipilo, Casarano. Sono un musicista onnivoro e per questo ogni collaborazione mi ha dato qualcosa che porto con me e che trasferisco nel mio modo di sentire la musica.
Quali progetti porti avanti parallelamente alla promozione di “Magnolia”?
L’estate scorsa insieme a Marco Messina dei 99posse e al Vertere String Quartet e’ nato un nuovo progetto che si chiama “Locus Mood”. Stiamo lavorando alla realizzazione del nostro primo disco.
Quali musicisti ti ispirano particolarmente in questo periodo? E di quali recentemente di sei trovato ad esprimere apprezzamenti?
Ce ne sono tanti! Ti cito alcuni dischi che sto ascoltando molto: Scratch my back di Peter Gabriel, Jasmine di Keith Jarrett, Ok Computer dei Radiohead, Ultra dei Depeche Mode, You must believe in spring di Bill Evans.
Negli ultimi anni si e’ parlato bene del sistema musicale pugliese, di Puglia Sounds e della mente “illuminata” che l’ha pensato. Le cose funzionano ancora bene per voi?
Puglia Sounds continua a sostenere le produzioni pugliesi, ma si fa ancora molta fatica a portare in giro progetti musicali un pò piu’ grandi. E’ comunque una ricchezza per noi artisti.