MARK FELDMAN | Sounding Point

MARK FELDMAN
Sounding Point
Intakt Records, Intakt CD 354
2021

Ritenendo oziosa, e verosimilmente infruttuosa, l’eventuale ricerca di precedenti discografici di una performance siffatta, l’esperienza del violino solo non è comunque una novità assoluta nel caso del solista statunitense, che vi torna a circa venticinque anni di distanza da “Music for Violin Alone”, licenziato da Tzadik nel 1995.

Il variegato talento di Mark Feldman era stato peraltro speso in modo estensivo in più esperienze discografiche condivise non soltanto in forma di duo con la partner e consorte Sylvie Courvoisier, potendosi apprezzare fraseologie e formule del violinista, tra l’altro, in certe sofisticate formazioni elettroacustiche di John Abercrombie, tra i picchi di un complesso di partecipazioni che ha compreso la militanza nelle band di Dave Douglas o Uri Caine e “naturalmente” nelle variegate orbite di John Zorn.

Entro un ‘domain’ strumentale i cui alfieri di punta tuttora non si contano che in poche unità, malgrado gli assortiti talenti dei Grappelli, Urbaniak, Goodman, Ponty, le incursioni di un Ornette Coleman, oltre alle eminenze free di Leroy Jenkins e Billy Bang, si direbbe che insomma la posizione del pur blasonato violino ben raramente ha tentato di scalzare o almeno ardire un reale testa-a-testa con gli strumenti di punta del jazz, in primis la tromba e le gamme alte dei sax, di prestanza e gamma fraseologica nella sostanza dominanti. Permane dunque la relativa alienità e la fisionomia da outsider dello strumento ad arco, fatto evolutivo non prevedibile, dagli albori del jazz, vista l’inclusione di strumenti semplici e tradizionali nelle più primitive orchestrine del filone, e ciò rende ancor più ineffabile una performance siffatta, in cui la rodata arte di Mark Feldman sembra affrancarsi (opportunamente) dai vincoli di genere per spendersi piuttosto tra misurati estri e formule stilistiche d’ampia visione.

Toccato da un fremente spirito anti-classico, entro una timbrica inizialmente nasale, l’introduttiva As We Are dilata il dettato cameristico inerpicandosi con movenze acrobatiche e per increspature vivide, transitando verso il mood più compunto e serotino dell’eponima, fortemente intimistica Turning Point; spirito danzante e verve implacabile nell’intro di Peace Warriors, rievocazione colemaniana che rapidamente si destruttura lungo un’esposizione libera, sempre connotata da arguto spirito narrativo concludendo a cornice con il medesimo, frizzante spirito dell’apertura.

Allure sorniona e idioma ammiccante aprono la fremente Unbound, passaggio in spirito fortemente privato ed espressionista (e di non remoto sentore viennese); a dispetto del titolo, Viciously privilegia nel suo ampio sviluppo concretezza e seriosità espositiva, lasciando quali elementi coloristici sensualità ed ambiguità formale; all’insegna dell’effettismo e dei giochi d’arco, Rebound sembra propendere per senso dell’effimero e connotazioni grottesche.

Elegante e di tratto colto, l’elaborata ed accademica Maniac autorizza, nelle soluzioni idiomatiche, ampi accostamenti a diversificate suggestioni della letteratura violinistica contemporanea; articolato in non più di otto misure di media estensione, il programma perviene a conclusione nelle sfuggenti fattezze della catturante New Normal, tra i passaggi di maggior complessità per micro-dinamiche e ambivalenza tra slancio e raccoglimento.

Tra vividi estri e decantazione dell’affettività, palettes brillanti e tinte crepuscolari, la sequenza sembra attingere a relativa completezza per alternanza di gamme emotive e soluzioni formali – “Sounding Point” si smarca dunque dai vincoli del “fare jazz”, che pure non è àmbito incompatibile a priori con le trame e la fisiologia sonora del violino: di questo  non si tende affatto a distorcere, tanto meno snaturare il titolato e plurisecolare carattere, opportunamente optando per una performance liberamente illustrativa, vivente di figurazioni brillanti così come di intimismo ed auto-esplorazione, destinata non trasversalmente ad un “tipico” ascoltatore jazz, ed anche a ragione di ciò fruibile da un uditorio ben più esteso, e fuori dal “genere”.

 

Musicisti:

Mark Feldman, violin

Tracklist:

01. As We Are 4:31
02. Sounding Point 4:10
03. Peace Warriors 7:27
04. Unbound 4:30
05. Viciously 9:25
06. Rebound 4:01
07. Maniac 5:00
08. New Normal 4:14

Link:

Mark Feldman

Intakt Records