Mario Nappi è un giovane pianista, 29 anni, nato a Napoli. Fin qui tutto normale.
Ma se aggiungiamo che Mario è anche un “giovanissimo” talento emergente nel ricco panorama di musicisti espressi dal nostro Sud, con moltissime esperienze maturate al fianco di colleghi musicisti eccellenti ed in manifestazioni di grande prestigio… allora il discorso si fa più interessante.
Ho avuto il piacere di fare bellissime esperienze e condividere palchi molto importanti con musicisti con un’esperienza e carisma musicale che mi hanno arricchito molto, esordisce Nappi. Fortuna nella fortuna, ho avuto la possibilità di cambiare molte formazioni dalla big band al duo, proprio nel periodo della mia formazione musicale e umana, ho avuto la possibilità di studiare svariati repertori, di generi e epoche diverse.
Nappi ha studiato con Antonio Solimene, Gianluigi Goglia e Sergio Di Natale, e ha suonato a Parigi, all’Umbria Jazz, al Festival dei Due Mondi di Spoleto, al Festival di Ravello, alla Casa del Jazz, all’Auditorium Parco della Musica e alla Villa Celimontana di Roma, al Musicultura Jazz Festival, al Nick La Rocca Jazz Festival, con musicisti come
Fabrizio Bosso, Javier Girotto, Rosario Giuliani, Daniele Scannapieco, Marcello Rosa, Giulio Martino, Rosario Iermano, Solis String Quartet, Roberto Giangrande, Tribunal Mist Jazz Band, Saint Louis Big Band, Davide Costagliola, Gianfranco Campagnoli, e moltissimi altri.
Man mano il mio vocabolario cresceva e cresce ancora, tutt’ora, non nego mai la mia partecipazione a progetti di musicisti che richiedono la mia presenza perché lo trovo altamente stimolante. Mettersi in gioco continuamente, leggere e suonare nuova musica.
Ma Mario Nappi non si occupa soltanto di musica suonata: 29 anni sono bastati per diventare un ottimo pianista ma anche per iniziare un’intensa attività di insegnamento e molte altre cose.
Ho scritto due “metodi” molto simili a quelli studiati nei percorsi accademici, come quelli proposti dai Conservatori, ma con sonorità molto più moderne, utilizzando appunto le scale o gli arpeggi maggiormente applicati nel contesto della musica afroamericana. Sto ultimando il mio terzo libro, questa volta sarà una raccolta di pezzi per i giovani pianisti, quindi non esercizi di tecnica, ma veri e propri brani da suonare.
Ho cercato di fondere i miei studi come pianista diplomato con tutto ciò che ho studiato al di fuori del Conservatorio. Questo, in effetti, è esattamente quello che faccio attualmente nel corso delle mie lezioni, non “differenziare” ma “unire”, la musica è sempre stata una soltanto. Non utilizzo quasi mai la parola “generi musicali”, ma, per citare Miles, ci sono solo due categorie: la musica suonata bene e quella suonata male.
Molteplici gli stili cui Nappi fa riferimento ed i capiscuola a cui si ispira nell’esercitare la sua musica.
Potrebbe sembrare scontato, ma è inevitabile che alcuni pianisti più di altri abbiano attratto la mia curiosità, primo fra tutti Bill Evans, la sua concezione euro-colta del jazz e il suo tardo romanticismo. Poi, venendo ai giorni nostri, amo molto il pianismo di Mehldau, la sua concezione geometrica dell’improvvisazione, il suo concetto di Trio Jazz, la dimensione sonora che prediligo in questo momento della mia vita musicale. Tra i miei preferiti sicuramente si annoverano John Coltrane, con il suo ostentato stacanovismo, Miles, Bird, ma amo tantissimo anche i classici, Brahms, Mozart e Chopin di cui posseggo l’opera omnia e il cui patrimonio musicale non mi stanco mai di apprezzare.
Al Pomigliano Jazz Festival 2013 Mario Nappi si presenterà con un progetto in trio. Assieme a due fedeli compagni di viaggio, anzitutto amici con intersezioni nei rispettivi percorsi di vita sociale e artistica, Nappi rincorre l’afflato coi suoi tramite un metodo semplice e quasi banale: condividendo la quotidianità.
Il trio è per me un organismo vivente, una sorta di Cerbero un unico essere ma con tre teste, ognuno di noi respira parla e pensa con la propria testa ma insieme agli altri due. Cercando di essere asserviti alla musica, al gioco di squadra, non ci sono solisti. Il trio è il vero solista. Un triangolo equilatero.
Sono accompagnato in questo bellissimo viaggio, iniziato due anni fa, da Corrado Cirillo al contrabbasso e Luca Mignano alla batteria. Noi siamo prima di tutto amici, ci vediamo almeno due volte a settimana, per studiare insieme la letteratura, jazzistica e non, ma anche per mangiare una pizza o passare una giornata al mare.
Da loro non mi aspetto niente di più di quello che siamo abituati a fare a casa, quando proviamo. Voglio che si divertano, che ci divertiamo insieme. Che lasciamo giù dal palco ogni sentimento di competitività, che la musica abbia il sopravvento e che abbondino i sorrisi. Sono sicuro, sarà cosi.
Proporremo alcuni miei brani tratti dal mio disco precedente in quartetto, con la partecipazione di un eccezionale ospite d’onore… poi alcuni brani tratti dalla tradizione afroamericana e alcuni altri tratti dalla nostra di tradizione napoletana. Amo la mia cultura, la mia città, e ritengo che ci siano dei brani classici napoletani fantastici, le cui melodie si prestano molto a diventare dei veri e propri “standard”.
Non è facile immaginare i pensieri e i ripensamenti, le perplessità e i timori, i progetti, le speranze e le aspettative che percorrono la mente di un artista alla vigilia di ogni appuntamento importante.
Siamo molto emozionati, io in particolare. Pomigliano è stato il primo festival jazz che ho visto da adolescente, ricordo ancora le aspettative, i primi concerti, quando sui manifesti leggevo i nomi dei personaggi che hanno reso grande questa musica. Sono emozionato perché suono nella mia città, al Sud. Suono in un importante festival, suono davanti ai miei amici e ai miei colleghi. Come ci è già capitato, questa emozione si trasforma in adrenalina fino al momento di sedersi dietro i propri strumenti, poi si catalizzerà in emotività e, spero, in bella musica.
Si, bella musica, è questo che tutti ci aspettiamo sabato 21 settembre al Parco delle Acque di Pomigliano d’Arco con Mario Nappi ed il suo fantastico Trio.