LIVIO BARTOLO VARIABLE UNIT
Start from Scratch
Dodicilune Ed535
2022
Il nuovo album “Start from Scratch” (o “ripartenza da zero”) non sembra seguire alla lettera il concetto di riferimento, rilevando anzi, sulle prime, notevoli connessioni formali con l’esperienza precedente, salvo ampliarne il ventaglio stilistico e la gamma di segni di riferimento.
Piuttosto palese una doppia tipologia di formazione dell’animatore, centrata su un curriculum jazz ma anche sull’apertura verso le avanguardie del Novecento, qui più salienti in quanto identificabili a varie riprese nel corso della sequenza, rappresentandone motivi ricorrenti ed influenti.
Non dismessa la lezione di base, appresa da un innovatore del calibro di Henry Threadgill, nella preparazione conferita al lavoro si evidenzia un’appropriazione relativamente spregiudicata di materiali importanti quanto eterogenei e dall’accostamento non certo scontato, già limitandosi ai nomi d’area pop-jazz citati dalle note, passanti da Eric Dolphy a Terje Rypdal.
Ne è un riflesso la successione dei materiali, che già dall’avvio sembrano determinare una disorientante fusione tra sentori bartokiani ed un certo clima neo-prog, poi procedendo con libertà schematiche e soprattutto in agilità ideativa, incorporando intimismi in-acustico, leganti post-romanticismo e visionarietà ‘brit’ d’impronta frippiana, lasciando emergere con teatralità sortite individuali di vivace spirito cameristico.
Vorremmo forse moderare l’entusiasmo del redattore delle note, che tira in ballo non soltanto grandi padri del jazz, ma si spinge ad incomodare i numi della Dodecafonia – ma è pur vero che suggestioni schoenberghiane emanano dalla fisonomia di più passaggi, tra linee spezzate d’arco e voluttuosi momenti danzanti, così come riescono piuttosto identificabili atmosfere lievi e grottesche della stravinskiana Histoire du Soldat (più salienti e concitate tra quarta e la quinta parte).
È noto il senso di sufficienza esplicitato dai praticanti jazz/pop di percussione, nonché di chitarra, nei confronti delle loro controparti del mondo classico/accademico, ma qui le demarcazioni riescono alquanto superate e labili, adattandosi il set di batteria a reincarnare stilemi orchestrali così come a sviluppare autentici quanto inattesi drum-solo (From) e, quanto alle morfologie chitarristiche del leader, lo stesso mostra dimestichezza sia con gli estesi canoni della classicità che con le proteiformi nuove incarnazioni, dal bacino del blues alle ricadute più attuali. Altrettanto vitali per la riuscita d’insieme sia le parti d’arco che i fiati, che guadagnano una diversa dimensione espressiva nella quinta e conclusiva parte (Ending), di relativa catarsi rispetto all’impegnativa regia scrittoria della prime quattro, configura piuttosto un libero laboratorio elettroacustico di ristoro e visionarietà.
Del motivato leader e regista Livio Bartolo vorremmo citare una sintesi delle parole introduttive:
“Questo disco racconta l’evoluzione della mia ricerca intervallare che ho iniziato alcuni anni fa. Durante il primo lockdown pandemico ho avuto molto tempo per pensare e sviluppare nuove strategie nel mio pensiero musicale, concentrandomi su me stesso e osservando la situazione della pandemia mondiale in quel momento.
Ogni lavoro della Unit è basato su un concetto compositivo e improvvisativo differente, ho deciso di darle ogni volta un assetto diverso, provando e sperimentando con diversi musicisti e strumenti. Il sodalizio con tutti i musicisti della Unit è nato casualmente, ritrovandoci in contesti anche non professionali: la cosa che accomuna tutti i musicisti partecipanti è la genuina intenzione di fare musica e spingersi sempre un po’ oltre gli schemi”.
Rilevando ‘en passant’ un nuovo, ulteriore contributo alla sotto-sezione avant-garde dell’etichetta salentina Dodicilune, la presente incisione in particolare sembra discostarsene in primis in forza dei più labili legami letterali e sintattici con le forme-jazz, palesando una progettualità più articolata che fa propri anche modelli storici, il tutto efficacemente rappresentato dall’eclettismo dell’ensemble.
Quest’ultimo insomma, se non spariglia le carte certamente riformula assetti ed instrumentarium, investendo su rinnovate configurazioni e maggiori diversificazioni di impianto scenico e progressione narrativa; pur senza proterve ambizioni di installarsi spalla a spalla con i massimi rappresentanti dei maggiori filoni della sperimentazione contemporanea (in realtà da identificarsi), il Variable Unit segna coi fatti un punto vincente, segnato da inclinazione radicale, metabolizzazione meta-storica ed espressione proteiforme.
Musicisti:
Livio Bartolo, chitarra acustica ed elettrica, direzione
Anais Drago, violino
Francesca Remigi, batteria
Andrea Campanella, clarino basso, clarinetto
Aldo Davide Di Caterino, flauti
Pietro Corbascio, tromba
Tracklist:
1. Part One (Start) 10:16
2. Part Two (From) 8:58
3. Part Three _ A.L.F.F. (Scratch) 7:38
4. Part Four (Scherzo) 5:08
5. Part Five (Ending) 3:26
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