LEE MORGAN: squilli di tromba che arrivano da lontano

Sono passati 40 anni dalla scomparsa di uno dei maggiori trombettisti nella storia del jazz : il 19 febbraio del 1972, all’uscita di un club newyorkese, i proiettili sparati da una fidanzata gelosa colpirono a morte Mr Lee Morgan, un musicista che, appena trentatreenne, si era imposto tra i reali specialisti del suo strumento.

Ogni assolo del Nostro spiccava per il taglio e l’incisivita’, un’inesauribile inventiva lo sosteneva nelle sue innumerevoli esecuzioni (incise tantissimo relativamente al proprio brevissimo passaggio terreno: fra dischi propri e partecipazioni a quelli altrui, centinaia di registrazioni), la sua evoluzione sonora lo porto’ dal be-bop corretto in hard-bop (e di questo genere fu uno dei massimi specialisti) alle incursioni nel genere modale con alcuni accenti free che egli intraprese al termine della sua carriera (senza immaginare fosse il termine, per l’appunto).

Una sua precipua caratteristica fu che egli non perse mai di vista le priorita’ dell’ascoltatore: pur senza essere assolutamente commerciale, disponeva il materiale sonoro nella maniera piu’ accattivante possibile per gli ascoltatori stessi, in modo da avvicinare il maggior numero possibile di persone alle sponde jazzistiche: con il disco ed il pezzo The sidewinder vendette tantissime copie, ed il brano e’ tra i piu’ famosi nella storia della musica improvvisata.

Peccato che la tossicodipendenza pesante gli impedisse di capitalizzare il successo commerciale suddetto, peccato che anche all’interno della comunita’ jazzistica in questione il nome di Lee venisse posto in secondo piano rispetto a quelli di Davis e Gillespie quali assoluti ed indiscutibili assi della tromba. I loro eredi (Fats Navarro, Clifford Brown, Booker Little) erano morti in giovane eta’, e gli assi sulla scena non sembravano all’altezza della situazione rispetto a simili colossi.

Morgan veniva pure penalizzato per il suo repertorio “facilotto”, se si puo’ dir cosi’ (le caratteristiche sopra descritte costituivano una spada di Damocle per i critici degli anni ’60, stregati dall’avanguardia e inclini a concedere assoluto credito ai musicisti che caratterizzassero la loro proposta in termini socio – culturali ben precisi: gli altri erano quasi dei conservatori, nel senso letterale e politico della parola, e percio’ destinati ad essere suppergiu’ spazzati via dall’impetuoso vento della storia che soffiava in differente direzione).

Peccato, in quanto si puo’ dire che egli abbia mantenuto uno standard qualitativo medio-alto davvero costante nei due lustri e mezzo di carriera.

Tra le numerose perle della sua collana sonora, si ricordano con piacere, oltre al The sidewinder di cui gia’ si e’ parlato, l’incisione in sestetto denominata Vol 3 dove, a soli 19 anni, Lee gia’ si muoveva completamente a suo agio tra standard e bellissime composizioni originali, quella a nome Candy dove il nostro invece interpreta molti pezzi altrui con classe e morbidezza impareggiabili, e il caleidoscopico The Procrastinator nel quale, accompagnato da una band da sogno, egli dipinge a colori forti e vividi su una tela sonora gia’ luminosa e cangiante per l’apporto di signori che rispondono ai nomi di Wayne Shorter, Bobby Hutcherson, Herbie Hancock, Ron Carter e Billy Higgins.

Dalla descrizione sono stati lasciati fuori almeno quattro o cinque realizzazioni di pari livello, e cio’ puo’ forse rendere minimamente l’idea delle capacita’ morganiane. Che pero’ e’ bello fotografare in un contesto preciso: la band sono i Jazz Messengers di Art Blakey, il disco e’ Moanin’, la composizione e’ quella cha da’ il titolo all’opera ed e’ una delle piu’ famose nell’intera storia del jazz.

Ebbene, nel suo intervento il ventenne trombettista non sbaglia una nota e si produce in un assolo memorabile per virtuosismo, potenza ma anche profondita’ espressiva. Si e’ nel giusto affermando che il successo della composizione stessa deve molto al Nostro: il quale suona lassu’, nel paradiso dei musicisti, purtroppo dimenticato se non dagli appassionatissimi del genere. Uno di loro non poteva far passare sotto silenzio l’anniversario della sua scomparsa, e ha scritto qualcosa per la circostanza.