JAMES BRANDON LEWIS & CHAD TAYLOR
Live in Willisau
Intakt records CD 342
2020
Pressoché senza preamboli, la diade esordisce sulla tonica allure dell’introduttiva, estesa Twenty Four, vivente del un vitalistico quanto infaticabile drumming di Chad Taylor ed innervato dall’ancia serpiginosa ed acre di James Brandon Lewis; si cede quindi il passo ad un netto calo delle tensioni elaborando notazioni da Coltrane in Radiance, su cui il duo intesse e struttura materiali in parte a propria firma, in parte di libera improvvisazione, lasciando il testimone autoriale al batterista nelle successiva Matape, aprente nell’interrogativo sax, raggiunto da un drum set via via più incalzante a partire da un’ossatura marziale fino ad un’assai composita carpenteria ritmica di vivido ingegno.
A partire dal “ducale” Ellington si elabora entro una serenità africanista Come Sunday, quieto dialogo tra il suono elegiaco e vivido della mbira di Taylor ed il franco calore discorsivo dell’ancia di Lewis, carattere mantenuto con maggior grinta nel più deciso passaggio Imprints, con firme e tratti analoghi al brano introduttivo. Si omaggia dunque un autorevole aedo del free citando Mal Waldron in Wakatushi no Sekai, dalla ritmica sferzante e capricciosa, che non oscura le linee invece nitide e lineari del tenore; ripresa di firma a quattro mani nel nuovo passaggio africanista in With Sorrow Ronnie, in cui la prestazione del sax si differenzia nell’investire linee di netta ed evocativa ariosità.
Il clima torna a strutturarsi dinoccolato nella brillante Willisee, dal Dewey Redman che lo eseguì sul medesimo palco con Ed Blackwell (nel già distante 1980 – e le note di copertina sottolineano che ancora della stessa sede rilasciarono una performance storica i già citati Roach e Shepp) pervenendo all’epilogo nelle raccolte strida di Under / Over the Rainbow, così portando a compimento un programma all’insegna di una serrata tensione espressiva, intervallata dai descritti passaggi di contemplativa riflessione.
Le già citate note pervengono altrove ad enfatizzare le qualità dell’evento: “I musicisti devono anche aver percepito la caratura della loro esibizione, la musica non ha cercato né di predicare né di impressionare, palesandosi invece per pura e briosa intensità”, notazione su cui non si può che convenire, stante la palese qualità della performance segnata dal drumming di forte tessitura del batterista d’area chicagoana e dalla sapiente vena espositiva del sassofonista di natali newyorkesi e formazione più migrante.
Se dunque il manifesto musicale (e civile) di Roach appare tra le più ispirative ascendenze del bellicoso idioma percussivo di Taylor, l’ancia incarna un blend di ancestors lasciando trasparire, oltre alle dichiarate influenze rollinsiane, slancio colemaniano e certamente fuoco coltraniano; il materiale così risultante dall’intenso cimento tra due agguerriti confratelli non può che lasciarci il rammarico per la mancata partecipazione ad un tale evento, cui sopperisce la brillante ripresa da segnalarsi con elevata probabilità tra le più significative pubblicazioni del mondo jazz dell’anno corrente.
Musicisti:
James Brandon Lewis, sax tenore
Chad Taylor, batteria, mbira
Brani:
01. Twenty Four (James Brandon Lewis/Chad Taylor ) 8:34
02. Radiance (Seraphic Light | John Coltrane/James Brandon Lewis/Chad Taylor) 7:01
03. Matape (Chad Taylor) 10:32
04. Come Sunday (Duke Ellington) 3:44
05. Imprints (James Brandon Lewis/Chad Taylor) 8:42
06. Watakushi No Sekai (Mal Waldron) 7:05
07. With Sorrow Lonnie (James Brandon Lewis/Chad Taylor) 6:34
08. Willisee (Dewey Redman) 6:21
09. Under/Over the Rainbow (James Brandon Lewis | Harold Arlen) 7:43
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