Torniamo in contatto con un cantautore decisamente fuori dal trend, come si dice un po’ per tutto ciò che non bada al nuovo linguaggio sociale, liquido, istantaneo, effimero per lo più. Riscopriamo il seguito di Ivan Francesco Ballerini che dopo “Cavallo Pazzo” del 2019 ha certamente mantenuto la linea madre dell’arte e, su questa, ha edificato nuove canzoni che però parlano di vita e di presente. Niente storia, niente tradizioni americane, niente battaglie di grandi personaggi. Forse ce lo aveva anticipato tra le righe di quello stesso disco… questa volta, dunque, è l’amore un grande punto di contatto tra i 12 inediti presenti in “Ancora libero”, dalle lettere di famiglia all’evoluzione tecnica, dall’amore al sogno di una vita. Ha quel piglio paterno di chi augura e indica la via, ha quel piglio sognante nelle allegorie di cuore. La tessitura lirica è assai fine come anche quella armonica e melodica, peccando forse di un dialogo un poco ripetitivo nel linguaggio e negli attori della scena. Ma su tutto svetta un “coraggio” di osare con il classicismo della canzone d’autore, da più parti tema sottolineato dalla critica rivolta a tutti coloro che si affidano a forme ormai lungamente in disuso. E là dove il futuro detta regole e tempi liquidi e istantanei (giusto per ripeterci), ci sono partigiani come Ivan Francesco Ballerini che voltano le spalle a tutto e percorrono la loro identità, che è fatta di uomini e non di mode e vessilli di mercato. È così che ci addentriamo dentro il ricamo romantico di “Ancora Libero”, a breve disponibile anche in una versione LP 33 giri…

 

Per te cosa significa “classico”? Cos’è classico per il tuo modo di pensare alla musica? Parola che torna spesso in questo disco…

Che bella domanda… cosa vuol dire classico, vuol dire che tende al bello, o almeno ci prova. Quindi per far sì che questo avvenga occorre che chi scrive usi un linguaggio ricco, curato e tratti degli argomenti belli, interessanti. Si può parlare di tutto ovviamente, ma per quel che mi riguarda, prediligo scrivere cose che vogliano dire qualcosa… che lancino un messaggio, o meglio ancora, sollevino dei dubbi, non solo parole messe in fila con “appiccicata” una musichetta. A mio avviso fare il cantautore non è una cosa scontata e nemmeno semplice. Bisogna vedere come lo si fa.

 

L’ascolto di questo lavoro mi restituisce la forza e il bisogno che si ha di andare oltre le apparenze. Allegorie ma anche sfumature che ci fanno superare quel confine dettato dall’evidenza della vita. Non trovi?

Altra domanda bellissima. L’ho detto spesso nelle mie interviste… cerco sempre di essere più possibile fedele a me stesso. Si può scrivere in mille modi. A mio avviso la scrittura, ti avvicina con la tua natura più profonda, con la tua vera essenza e la tua anima, ne mette a nudo pregi e difetti, sviscerando tutti i tuoi punti di forza e le tue debolezze. Non si deve barare in questo gioco, se lo si fa il rischio è quello di venire scoperti, è quello di passare per bari. Cerco sempre quando scrivo di essere più possibile fedele a Ivan, uomo di 54 anni, che ha visto molte cose nella vita, girando per mezzo mondo, e che ancora della vita non ci ha capito niente, ancora è pieno di dubbi e si pone mille domande, questo sono io. Con la mia musica cerco, o almeno tento, di restituire alla musica, quei testi, quel modo di scrivere che sembrava essere sparito da tempo, studiando, leggendo… cercando di scrivere canzoni che raccontino cose belle, a volte esperienze personali, a volte fatti storici. Attualmente sto lavorando su un navigatore portoghese di cui non voglio rivelare il nome. Per scrivere una canzone su questo personaggio mi ci sono volute settimane, leggendo tutte le sue gesta, le sue imprese, ascoltando numerosi documentari e con sempre il mappamondo sotto mano, per capire esattamente tutto ciò che questo pazzo è stato capace di compiere su una “barchetta” di legno. Questo a mio avviso vuol dire fare con passione il mestiere del cantautore. È faticoso, lo so, scrivere canzoni così, ma penso alla fine questo impegno, questa passione, mi venga riconosciuta. Per tornare al punto di partenza… essere, non apparire, mostrare al mondo l’evidenza dei fatti, non aria fritta.

 

Restando sul tema, quando parli ad esempio di macchine che stanno sostituendo l’uomo… c’è della psichedelia distopica in tutto questo…

Non credo ci sia qualcosa di psichedelico o che possa in qualche modo alterare le percezioni della realtà in questo mio brano. Volevo solo, in modo poetico e ironico se vogliamo, parlare di quanto le macchine ed i computer stiano impattando sulle nostre vite. Fortunatamente non sempre in modo negativo. Quando nel brano dico “e dai suoi errori impara sempre a non sbagliare”, intendo sollevare il problema di questi computer, che stanno assumendo sempre più sembianze umane, e che imparano dai loro sbagli… proprio come noi umani. Prima o poi questo argomento dovrà essere affrontato anche da un punto di vista sociologico e politico. Io ho voluto affrontarlo in una canzone… ed anche il brano Ancora libero tratta questo argomento. Gli smartphone non sono essi stessi piccoli computer? Certo che lo sono, ed anch’essi rappresentano un problema, perché a mio avviso, se non presi ed utilizzati in “piccole dosi” sono potenti droghe e rappresentano un rischio.

La libertà oggi passa anche dalla capacità e dalla voglia di fare le cose senza esser schiavi di mode e tendenze?

Questo a mio avviso, che sono sempre stato fuori moda, è fondamentale. Seguire qualcosa, in questo caso, come tu dici, la moda, vuol dire già essere schiavi. Non dovremmo in teoria seguire nulla, se non la nostra capacità logica e cognitiva. Come spesso mi viene detto, risulto controtendenza con il mio modo di fare musica, perché attingo molto dal passato e dai “maestri” della canzone Italiana. I miei prediletti sono Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, l’impareggiabile Tenco. Questi sono il mio faro nella notte, la luce guida… anche se poi io scrivo e dico seguendo assolutamente i miei pensieri. Ultimamente un giornalista ha scritto che i miei brani ricordano i grandi cantautori del passato ed ha citato Gaber e Francesco de Gregori. Queste parole mi hanno davvero scosso, sono tornato a casa turbato da questo bellissimo elogio. Queste parole mi esortano ad andare avanti, perché vuol dire che la strada intrapresa, anche se tutta in salita, sta venendo fuori.

 

La produzione passa da Alberto Checcacci… scelte di “altri” tempi che però vincono sempre. Scelte ovviamente condivise… saresti anacronistico o incoerente se vestissi altri panni. Questo almeno è quel che mi viene da pensare…

Alberto non è soltanto colui che arrangia i miei brani… Alberto è il mio consigliere. Mi confronto sempre con lui, su tutto. Appena concludo di scrivere un brano, lo registro e glielo invio per sentire cosa ne pensa. Per fortuna sono state davvero rare le occasioni in cui ha espresso un pensiero negativo. Alberto è un eccelso chitarrista acustico, strumento che ho nel cuore, e quindi cerco di mettere in evidenza questa sua bellissima dote e peculiarità. Cerco di fare canzoni in cui il testo e la voce siano assolutamente protagonisti. Ma nel disco su cui stiamo lavorando vi stupiremo… oltre all’insostituibile Alberto, si è aggiunto il bravissimo violinista Alessandro Golini, il batterista Alessandro Melani… e adesso si uniranno altri musicisti ancora, tutti davvero bravissimi. Spero anche si unisca a noi il bravissimo Silvio Trotta. Ho bisogno di strumenti particolari in questo mio nuovo lavoro, ci saranno anche musiche “arabeggianti”, insomma si cerca di mescolare, sempre tenendo fede al mio modo di fare musica, diversi stili musicali. Ma avrò anche il piacere e l’onore di vedere cantare un mio brano dalla bravissima cantautrice Silvia Conti… insomma, piedi ben piantati per terra ma… il futuro ci aspetta.