Moye-Sissoko-Capone: Folk Bass Spirit Suite (2004)
La prima produzione discografica dell’etichetta campana e’ un vero e proprio manifesto programmatico. L’incontro di culture e anime e l’interazione tra personalita’ differenti e spesso lontane e’ stata fin dall’inizio l’idea alla base di questa nuova avventura dell’Associazione, ora Fondazione, Pomigliano Jazz. Comincia tutto con tre percussionisti, dunque, che decidono di incontrarsi a Napoli, da sempre crocevia di culture, e omaggiare tre contrabbassisti (Malachi Favors, Marcello Melis e Johnny Dyani) e un griot africano (Djeli Baba Sissoko). Ne viene fuori un disco intenso, difficilmente classificabile se non nell’immensa categoria della world music. E’ la musica del mondo, che parte dalle radici africane per irradiarsi e mescolarsi a quella di altri continenti. E’ musica dell’anima che lega indissolubilmente l’Africa (l’amadrai maliano e’ alla base del soul), Chicago (patria della soul music) e Napoli (in cui “l’anima e il cuore” sono da sempre al centro della tradizione musicale). All’affascinante e a tratti ipnotica poliritmia creata da Baba Sissoko, Famoudou Don Moye e Maurizio Capone con la loro infinita serie di strumenti (dal tama e dallo n’goni del primo, alle congas del secondo, fino alla singolare canalina elettrica di Capone) fanno da splendido collante il pianoforte di Piero De Asmundis, la chitarra di Pasquale Panico, ma soprattutto il contrabbasso di Aldo Vigorito, vero “uomo chiave” del gruppo. E le composizioni certamente piu’ riuscite sono “Mama marimba” e “Sidi Fini”, entrambe a firma di Don Moye, in cui la fusione di culture e tradizioni e’ massima, per la colorita presenza vocale di Marcello Colasurdo e Fabiana Martone.
Famoudou Don Moye, congas, karanjan, triangle, drums, voce
Baba Sissoko, tama, n’goni, kamelen’ gon, karanjan, bells, voce
Maurizio Capone, congas, timbales, bells, steel drum, scatolera, scatolophone, canalina elettrica, voce
Aldo Vigorito, contrabasso
Piero De Asmundis, piano, piano rhodes
Marcello Colasurdo, voce
Fabiana Martone, voce
Giovanni Volpe, surdo
Pasquale Panico, chitarra
01. Folo’ Folo’ (Baba Sissoko) – 6.04
02. Mama Marimba (F. Don Moye) – 5.34
03. Salamandra (M. Capone) – 6.05
04. Ma fille (Baba Sissoko) – 4.17
05. Soumale (Baba Sissoko) – 6.59
06. Dounia (Baba Sissoko) – 4.03
07. African Groove (M. Capone) – 9.58
08. Ode to Wilbur Ware (Don Moye) – 7.26
09. Sidi Fini (F. Don Moye) – 6.54
10. Acito (M. Capone) – 3.26
Franco Piccinno Trio: Lunare (2005)
E’ un disco di respiro europeo quello di Franco Piccinno, al suo debutto da band leader. Complici sono i suoi frequenti viaggi a Londra e Parigi e una ritmica quanto mai affiatata e partecipe. “Lunare” e’ invece l’atmosfera che emana questo lavoro. Malinconica, romantica, mai eccessiva anche nei momenti piu’ vigorosi, come nel caso di “Piano eamp; Drums”. Alla base vi e’ una continua ricerca melodica poggiata su una moderna concezione armonica e la maturita’ di un artista che, come spesso accade nei debutti, nulla fa per strafare o dimostrare le sue doti, ponendosi alle complete dipendenze della musica. Sulla stessa lunghezza d’onda si pongono i suoi compagni di viaggio. La batteria di Peppe La Pusada e’ come al solito puntuale e discreta, capace di punteggiare senza sovrapporsi, come nel gia’ citato “Piano eamp; Drums” e in “Condor”, uno dei brani piu’ interessanti del disco. Il contrabbasso di Aldo Vigorito lega e amalgama. L’impronta evansiana e’ quanto mai evidente nella ricerca armonica e nella capacita’ (altro elemento di maturita’ del pianista pomiglianese) di far “suonare” anche i silenzi.
Unico “ospite” tra i tanti brani di Piccinno e’ Charlie Mingus con “Good Bye, Pork Pie Hat”, anch’esso ricondotto all’atmosfera dell’album. E al quale vengono concessi tre finali diversi (“Coda #1”, “Coda #2” e “Coda #3”).
Franco Piccinno, piano
Aldo Vigorito, contrabasso
Peppe La Pusata, batteria
01. Lunare (F. Piccinno) – 7.22
02. Sofa (F. Piccinno) – 5.17
03. Frammento (F. Piccinno) – 0.57
04. Condor (F. Piccinno) – 5.24
05. B. (F. Piccinno) – 5.48
06. Maestrale (F. Piccinno) – 5.25
07. Piano eamp; Drums (F. Piccinno, P. La Pusata) – 1.59
08. Goodbye Pork Pie Hat (C. Mingus) – 4.29
09. Coda #1 (F. Piccinno) – 2.33
10. Coda #2 (F. Piccinno) – 1.38
11. Coda #3 (F. Piccinno) – 2.41
Urciuolo Smith Duo: La danza di Uaio il pesce (2005)
E’ un pesce nero che danza, in una boccia di vetro piena d’acqua, l’immagine scelta da Luca Urciuolo e Mauro Smith per sintetizzare le suggestioni presenti nel loro disco d’esordio. E c’e’ da dire che la fantasia, l’immaginazione, la voglia di stupire non mancano ai due nemmeno quando si immergono nella loro musica. Un’accoppiata assolutamente originale, capace di coinvolgere e coinvolgersi a vicenda nel loro creare improvvisato. Un intreccio ritmico (ma anche melodico, se puo’ una batteria dar vita a linee melodiche) di rara fattura, un interplay di respiro europeo e’ quello che i due propongono. E se in alcuni momenti si sentono precisi echi jarrettiani, e’ nelle composizioni in cui sovrapposizioni ritmiche fatte spesso di ostinati fanno da molla per un sentito slancio melodico che viene fuori la vera energia del duo. Fin dal primo “Unicodoppio” lo stile asciutto e puntuale di Smith si dimostra capace di sottolineare al meglio la ricerca timbrica del pianista, mentre nel piu’ classico “Studio n. 1” il batterista puo’ appoggiarsi su una scrittura ritmica meno rocambolesca per lasciarsi andare ai suoi fuochi d’artificio e in “Bassoventre” e’ ottimo nell’assecondare Urciuolo mentre combatte con lo spirito di Jarrett.
Infine, gran merito ad Itinera per aver dato la “parola” ad un duo di cui certamente sentiremo molto parlare.
Luca Urciuolo, piano
Mauro Smith, batteria
01. Unicodoppio (L. Urciuolo) – 9.06
02. Studio n 1 (L. Urciuolo, M. Smith) – 3.16
03. Chinaski (L. Urciuolo) – 9.01
04. Il treno (L. Urciuolo) – 9.24
05. Lontano (L. Urciuolo) – 10.58
06. Si torcono (L. Urciuolo) – 6.16
07. Mantra (L. Urciuolo) – 10.25
08. Bassoventre (L. Urciuolo) – 9.23
Baba Sissoko Trio: Bolokan (2005)
Dalla numerosa compagine da cui ha preso vita la prima produzione di Itinera si distacca un trio “afro-napoletano”. Il griot del Mali Baba Sissoko, nel raccontare le storie della sua terra attraverso i suoni unici dei suoi tanti strumenti, si lascia affiancare e “contaminare” dai due artisti partenopei Aldo Vogorito (contrabbasso) e Piero De Asmundis (pianoforte). Ma visto che, come lo stesso Baba scrive nelle note di copertina, “la musica non ha confini, parla tutte le lingue, non ha colore”, l’incontro e la sovrapposizione (piu’ che la fusione) delle due culture avviene in maniera del tutto spontanea. I semplici giri di cui si compongono le composizioni offrono grande liberta’ d’espressione ai tre. Sissoko puo’ creare “ritmiche melodie” con i suoi strumenti tradizionali, come lo n’goni (la chitarra del Mali), il kamalen’goni (arpa africana) e il tamani (tamburo parlante), raccontando le storie ispirate dallo scrittore maliano Hamadou Hampate Bab. Mentre il contrabbasso sostiene, amplifica ed esalta i ritmi di Baba, spesso fondendosi con essi, come in “Wawani” o in “Yama”, il pianoforte tende a suggellare questo incontro. Rare volte agisce in autonomia, ma quando questo accade, come in “Kuma”, il trio rivela tutta la sua poetica organicita’.
Baba Sissoko, voce, n’goni, kamalen’goni, tamani, chitarra
Aldo Vigorito, contrabasso
Piero De Asmundis, piano
01. Masa – 4.07
02. Muso – 5.21
03. Sadjo – 2.33
04. Isio Saba – 5.22
05. Yama – 3.32
06. Steel Baba – 3.27
07. Wawani – 3.47
08. Amadou Hampate Ba – 3.55
09. Solo Tama – 3.43
10. Nina – 2.19
11. Kuma – 2.26
12. Ananda Lucchi – 4.20
All tracks composed by Baba Sissoko
Mitchell-Zurzolo-Moye Quintet: Samsara (2005)
Se per la filosofia orientale “Samsara” e’ il ciclo della reincarnazione delle anime, nel nostro caso e’ soprattutto un luogo in cui musicisti con esperienze differenti giungono dopo un lungo cammino e, seduti intorno ad un tavolo, cominciano a raccontarsi, senza bisogno di interpreti, come se ogni parlata confluisse all’orecchio dell’altro in una lingua a lui ben nota. Questo e’ “Samsara”, nato dall’incontro di musicisti diversi tra loro per eta’ e percorsi di vita, ma dalle menti (e dalle orecchie) ben aperte. Qui “duellano” le note della tradizione partenopea e mediterranea sapientemente arrangiate da Marco Zurzolo con le linee imprevedibili e intellettualistiche di Roscoe Mitchell, mentre una ritmica quanto mai partecipe, costituita da Aldo Vigorito e Don Moye, fornisce un invidiabile terreno di scontro (che facilmente diventa di incontro…) e il trombone di Alessandro Tedesco parteggia ora per l’uno, ora per l’altro.
E se inizialmente i ritmi popolari da sempre oggetto di studio da parte di Zurzolo sembrano prevalere (“Magma” e “OM” con riff che entrano nella testa e non ti lasciano piu’) nel suo farsi il disco volge verso le “ragioni” di un ispirato Mitchell (“A distant raindrop” e “Up in there” su tutte) con uno spartiacque quanto mai inconsueto e significativo rappresentato da una versione timbricamente e ritmicamente rivista della “Rumba degli scugnizzi” di Raffaele Viviani.
La sintesi piu’ che mai evidente di questo percorso e’ rappresentata dalla “Suite” che chiude il disco e che mette fine al “duello”, che termina senza sconfitti ma con piu’ vincitori, ognuno dei quali arricchito dalla cultura e dall’esperienza dell’altro.
Roscoe Mitchell, flauto, sax alto e soprano
Marco Zurzolo, sax alto
Alessandro Tedesco, trombone
Aldo Vigorito, contrabasso
Famoudou Don Moye, batteria
01. Magma (M. Zurzolo) – 6.09
02. OM (M. Zurzolo) – 7.06
03. Formiche elefanti e vecchie zanzare (M. Zurzolo) – 5.00
04. A distant raindrop (R. Mitchell) – 4.43
05. Rumba degli scugnizzi (M. Zurzolo) – 5.51
06. Up in there (R. Mitchell) – 2.03
07. Mon ami Don (M. Zurzolo) – 5.35
08. For Favors (R. Mitchell) – 8.20
09. Theme For Roscoe (M. Zurzolo) – 5.20
10. Suite (M. Zurzolo) – 7.23
Lightsey – Moye – Elekes: Estate (2006)
Alla soglia dei 70 anni Kirk Lightsey si conferma un leone della scena jazz mondiale. La sua vitalita’ (non solo musicale), ben visibile a chi ha avuto la fortuna di ascoltarlo dal vivo, e’ ben condensata nella sesta e ultima produzione di Itinera. Fin dal primo bellissimo standard, “Estate”, e’ evidente la strada percorsa da questo trio in 7 anni di attivita’ (la registrazione e’ del 2000), culminata nello straordinario “Goodbye, Mr. Evans” del 1997, che gli valse il terzo posto nelle Radio Charts statunitensi.
La continua, penetrante e “swingante” ricerca melodica di Lightsey appoggia sul ricco supporto ritmico offerto da Don Moye, la cui sensibilita’ musicale non finira’ mai di stupirci, e usufruisce della spinta notevole fornita dal contrabbasso di Tibor Elekes, spesso fonte di ispirazione per lo stesso pianista.
Se si esclude “Makala”, in cui Lightsey lascia il piano per il flauto, e “Heaven dance” del pianista, non compaiono nel disco altre composizioni a nome dei tre musicisti, che per l’occasione hanno preferito farsi ispirare da altri “grandi”. Oltre al Bruno Martino di “Estate”, compaiono tra gli altri i nomi di Wayne Shorter (“Infant eyes”, resa struggente dal tema del contrabbasso), Phil Wood (“Goodbye, Mr. Evans”, esaltata dal tocco appassionato di Lightsey), Keith Jarrett (“Vappalia”, resa meno “eterea” dal lungo intervento con arco di Elekes) e Arthur Schwarz (“You and the night”, arricchito dalle soluzioni armoniche del pianista trascinato dallo swing di Moye).
Kirk Lightsey, piano
Famoudou Don Moye, batteria
Tibor Elekes, contrabbasso
01. Estate (B. Martino) – 8.32
02. You and the night (A. Schwarz) – 7.33
03. Heaven Dance (K. Lightsey) – 9.18
04. Infant Eyes (W. Shorter) – 8.30
05. One Finger Snap (H. Hancock) – 4.40
06. Goodbye Mr. Evans (P. Woods) – 8.48
07. Kutala (F. Don Moye/T. Elekes) – 8.13
08. Vapallia (K. Jarrett) – 7.46
Links:
Itinera edizioni musicali: www.itineramusica.it