Andy Milne è così il nuovo e piuttosto inatteso partner per la sassofonista originaria della Westfalia e brevemente migrata alla volta di Londra, quindi di successivo radicamento a New York e che, dagli esordi del progetto, commissionato dal fondatore dell’etichetta Patrik Landolt, ha espresso le proprie impressioni sul complementare strumento: “Sono attratta come qualcuno che suona uno strumento monofonico dalla portata delle possibilità d’orchestrazione del pianoforte e dalla sua estensione; e così anche dalla sua natura percussiva”.
Le più specifiche considerazioni sul procedimento di preparazione dell’album (ripreso in un’unica sessione nel giugno scorso) tengono anche conto dei più recenti periodi di costrizioni e clausure: “Non c’era in realtà un concetto di partenza” sempre secondo Laubrock: “ho scritto la maggior parte della musica piuttosto speditamente, nell’arco di una settimana. Comunque i due anni passati sono stati tempo di introspezione, e di Andy conoscevo il senso dell’armonia e lirico, che sono filtrati entro il processo compositivo”.
Colpisce, nell’esordio, il nitore cameristico, connotato da una qualche durezza timbrica ed una generale tensione impressionistica del piano di Milne, cui s’accoda con analogo temperamento la duttile ancia soprano di Laubrock, configurando in Equanimity un passaggio che molto trasfonde del titolo, segnato da respiro sensibile e dimessa eleganza. Spirito esoterico e clima ineffabile nelle sottigliezze del successivo Fragment; più animato il clima generale in Border Fall Ejecta, intessuto su cospirative fibrillazioni del duo, di oscura e metallica timbrica e aprente nel finale a bizzarre declamazioni.
Un più riconoscibile spirito ‘laubrockiano’ nel concentrato Fragile, in cui si ravvisano le più caratteristiche figurazioni della solista, sostenute con discrezione da una distillata successioni d’accordi della tastiera, il tutto animando una suggestiva stanza d’efficacia evocativa; si transita attraverso ulteriori astrattismi, come nella esoticheggiante e destrutturata Shard, nella lunga estensione di Ants in My Brain, ove si insiste su un impiego quasi flautato del sax e un carattere da bassorilievo del piano, quindi le mitigate asperità in Unapologetically Yours, via via fino all’epilogo in Splinter, dalle tessiture aeree ed acquee rispettivamente incarnate da ancia e tastiera, ad ulteriore caratterizzazione di un programma sostanzialmente alieno dall’invettiva e diversamente investito su un soundscape di fisionomia ‘altra’ e catturante.
Posto che in generale incontri di tale tipologia necessiterebbero di stagionate dimestichezza e sinergia, non possiamo in tutta onestà tacciare di estemporaneo o gratuito un cimento che in realtà attinge all’essenza del talento e dell’ispirazione di entrambi i partner, di cui si esalta il mutuo spirito comunicativo e, della comune cittadinanza del neo-free, l’investimento verso canoni espressivi che hanno deposto le eruttive energie di base per privilegiare movenze sensibili e forme d’intercambio in parte estetizzanti ma certamente più contributive alle traiettorie della contemporaneità. Ed oltre …
Musicisti:
Ingrid Laubrock : sax tenore, sax soprano
Andy Milne: pianoforte
Tracklist:
01. Equanimity 06:51
02. Fragment 4:31
03. Bulder Fall Ejecta 4:54
04. Fragile 6:12
05. Shard 3:32
06. Ants in my Brain 9:07
07. Unapologetically Yours 2:58
08. Illusion of Character 5:50
09. Kintsugi 4:17
10. Splinter 4:19
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