Lo trovo coerente e intelligente quando ci rivela che in fondo bisogna accettarli e saperci star dentro a questi nuovi tempi che viviamo piuttosto che star lì a frenarne l’avanzata… se mi si concede la sintesi. Insomma, Il Barone Lamberto dimostra tutto questo con un disco ormai già “passato” come il suo ultimo lavoro dal titolo “Bravo” che non deve smettere di suonare: moderno e attuale per quanto siano classiche le forme di rap e le forme di pop. Ma il suono quello sì che smette di avere ancore e ragnatele, smette di essere dissacrante e non offende il futuro dall’alto di chissà quale vita… ma non rinnega il passato in nome di un cambiamento ancora di là da venire.
Noi parliamo molto di produzione e questo disco, come spesso capita nelle tue pubblicazioni, sfoggia una produzione davvero importante. Partiamo da qui: come ci hai lavorato?
Autonomamente, come faccio da anni ormai. Lo trovo molto più stimolante. In passato mi sono avvalso del lavoro di studi prestigiosi e in qualche caso anche di musicisti di livello.
Ora che le nuove tecnologie ci permettono di ottenere ottimi risultati nel campo delle autoproduzioni io ho trovato grande soddisfazione nel creare da zero le mie produzioni musicali.
Se mi manca uno strumento provo a replicarlo con uno virtual. Se voglio un giro di chitarra ne imbraccio una e faccio del mio meglio per tirare fuori qualcosa che mi soddisfi anziché chiedere l’aiuto di un chitarrista esperto. Questo è il mio modo di lavorare, chiaramente se cerco un particolare virtuosismo o un suono molto caratteristico cerco un collaboratore, ma in linea di massima le mie produzioni cominciano e finiscono con me davanti ad un computer, una tastiera e un microfono nella mia stanzetta.
Oggi la tecnologia viene in soccorso: per te è un plus o una forma di schiavitù? In fondo “Bravo” ricerca anche una verità “analogica” della vita… in “Zenith” lo dici chiaramente…
Forse a questa domanda ti ho già risposto, ma provo ad approfondire. Per me la tecnologia, in campo musicale e non, è assolutamente un plus ma solo se si parla di “aiuto”.
Trovo che abbia senso ricorrere ad essa quando stimola la creatività o quando velocizza dei passaggi obbligati che in passato richiedevano molto più tempo e molti più soldi. Un approccio analogico, secondo me, deve stare alla base di un utilizzo consapevole e profittevole della tecnologia.
Che poi la copertina è una vera e propria bandiera del passato… in antitesi col suono che è figlio dei tempi moderni. Come la leggiamo questa apparente contraddizione?
In realtà non è una contraddizione. Trovo che il passato, se lo si guarda con occhio clinico, celi il potenziale di quello che è il presente o che potrebbe essere il futuro.
Mi piace questa foto proprio perché sembra che sapessi già come sarei diventato in seguito. Sia umanamente che intellettualmente nonostante, all’epoca, fossi una persona molto diversa. Noi siamo il nostro passato ma anche il nostro futuro e a volte guardare vecchie foto può spiegarcelo meglio di qualsiasi seduta psicoterapeutica.
Dal vivo il suono di “Bravo” come viene codificato? Sei di quegli artisti che ricercano una dimensione quanto più coincidente col disco oppure sei ben aperto a variazioni sul tema?
Dipende molto dal pezzo e dal mio “mood”. Alcune volte preferisco restare fedele al materiale originale, altre volte stravolgerlo ma soprattutto, per quanto riguarda il live, mi fido
moltissimo del gusto e dell’intuito dei musicisti che suonano con me. Se è vero che nella produzione sono un self-made-man, è altrettanto vero che nel live mi affido completamente ai miei musicisti e collaboratori. Se loro ritengono che un brano suoni meglio in un modo piuttosto che un altro allora li assecondo volentieri. Considero il live come qualcosa che va parallelamente ad un album ma a differenza sua deve essere soggetto a continui cambiamenti. Infondo è proprio lì che c’è la “vita vera”!
Sempre più social e sempre più liquido e rapido il modo di ascoltare il suono. Allora chiedo: perché tanto sforzo nella produzione quando poi ascoltiamo la musica nei cellulari (se pure)?
Ti confido un piccolo segreto (di Pulcinella), uno degli ascolti fondamentali che faccio durante la fase produzione è proprio quello sullo smartphone. Ahimè, anch’io ascolto musica prevalentemente da cellulare. Negli anni ho potuto appurare che quando il pezzo suona bene lì, allora è molto probabile che suoni bene anche dentro un mega impianto. Dicendo questo so di attirarmi le ire e lo sdegno di tanti professionisti del suono che si sparerebbero un colpo in testa piuttosto che ascoltarsi “The Dark Side Of The Moon” da cellulare ma il mio primo e ultimo obiettivo è quello di arrivare alla gente, di comunicare. Se la maggior parte delle forme d’arte oggi passano per uno smartphone a me sta benissimo. Non per questo si può prescindere dal curare quei contenuti nei minimi dettagli, anzi bisogna porre ancor più attenzione.
Questa è la mia filosofia!