Il cantautore Luca Soul Signorini continua a produrre singoli dal forte impatto emotivo, figli della sua continua ricerca musicale. Questa volta gli arrangiamenti ci portano sino in America Latina con un brano denso di significati, intimo e profondo, viscerale. Un viaggio nell’adito di una realtà sconosciuta ai più, tra peccato e redenzione. Metafore importanti in “Fernandito” su cui scivola in maniera impeccabile la voce dell’artista narrando storie di vita, una vita ai margini della società. Parliamone proprio con Luca Soul Signorini in questa intervista.
Una immediata curiosità: ha subito un’evoluzione il tuo sound, ad oggi?
La cura del suono, qualsiasi sia il genere del brano, è fondamentale fin dall’inizio, fino alla stesura definitiva parte da un concept, si sviluppa da una melodia, costruita il più delle volte su una selezione di suoni, brani e atmosfere anche riferite a scrittura, cinema e pittura… che mi hanno colpito e che ho nel tempo rielaborato. Su questa base, con l’ingegnere del suono e il produttore, sintetizzo nella cosa più immediata e semplice una linea ben chiara. Questa base, che vale per tutti, mi concede il lusso di scegliere musicisti, inclinazione del genere e produttori mantenendo nell’inevitabile maturazione, un tratto profondamente personale. Il mio approccio è estremamente filosofico il primo perlomeno.
Perché il titolo “Fernandito”? Cosa si nasconde dietro la canzone?
Fernandito è un cocktail semplice, ma principe in Argentina. È Coca e Fernet! Suona come un nome e nasce così il gioco, fra racconto mistico e un reale inganno, pretesto per raccontare anime ai margini con sarcasmo e una certa palese potenza, data dal fatto che il vero va bene su tutto. Ho usato espressioni crude ma senza malizia, è “il naturale” che spiazza.
Hanno un filo conduttore i brani che hai pubblicato negli anni?
A un certo punto ho seriamente pensato di finirla. Il modo di scrittura, le produzioni, la tipologia di canto e immagine mi collocava esattamente fuori dalla galassia. Poi ho pensato che potevo rappresentare la fine del pop come la intendeva la mia generazione, proponendo un concept EP chiamato PoP(st)Mortem , inserendo in brani come questo o la precedente Refill elementi e modalità di scrittura forse desueti, ma con l’intento di rigenerarli, rendendoli più freschi, ma facilmente identificabili. Un lavoro immane.
Quali sono i tuoi obiettivi da voler raggiungere? Cosa ti aspetti da questo tuo percorso artistico e discografico?
L’ho detto forse in precedenza, non avere aspettative ti rende libero. Io lotto per continuare a scrivere, produrre e raggiungere più persone possibili. La condivisione, la conoscenza di altre realtà e persone è il vero modo di arricchirsi, di essere meno soli, meno tristi. La musica ci rende più vicini e meno soli, vorrei fare il possibile per fare conoscere il mio lavoro e continuare a divulgarlo, una ragione di vita profonda direi…
Artisticamente parlando, rifaresti tutto oppure hai dei rimpianti?
Ho dei rimorsi e pochissimi rimpianti… questa è la verità. Certamente sarei più oculato nella scelta delle persone vicine a me. Con la barra dritta, non sarei naufragato.
L’ultima parola a te! Lasciaci un messaggio!
Il mio messaggio sarà sempre questo: “Si può campare di musica o di musica campare”. Per me? La seconda!