GIANLUCA DINGECCO | Il nuovo disco dai mille volti

Eccolo il nuovo lavoro del producer dal moniker difficile per noi della stampa. Si fa chiamare D.In.Ge.Cc.O e questo suo ultimo lavoro lo ha intitolato “Bacanadera”, nome che fonde a se radici diverse, dai riti tribali, riti propiziatori ai colori brasiliani, africani, dal Samba alla storia degli schiavi. Il tutto condito da trame digitali, manifesti sociali futuristici, landscapes e rotture improvvise. Piena contaminazione che di certo non permette la sintesi come sempre accade d’altronde dentro il lavoro di ricerca di D.In.Ge.Cc.O. E poi il connubio che resta tra l’uomo e la macchina, tra il virtuale della seconda e la realtà del primo. Uno scambio non equo ma sempre rivolto ad una sudditanza, ad una schiavitù… e qui torna prepotente il concetto persuasivo, la colorazione etnica di questo disco che ricerca radici di una storia fatta di corsi e ricorsi storici e sociali. A noi piace vederla così…

 

 

Una produzione davvero vasta, come d’altronde ci hai sempre abituati. Come nasce questo disco?

Ho seguito sempre il mio istinto e dato sempre fiducia al mio percorso interiore. Soprattutto quando si parla di creatività, si dice che i veri artisti sono quelli che ascoltano sempre cos’ha da dire la propria anima. E questo è ciò che ho cercato di fare. Negli ultimi mesi ho scavato molto a fondo, dentro me stesso, riprendendo un percorso che ritengo essere sempre attuale, in ogni fase della propria esistenza. Questo cammino mi ha portato, inevitabilmente, a fare i conti con i suoni e con la musica che così tanto ha forgiato la mia sensibilità, posso dire il mio approccio all’esistenza. Sono tornati alla memoria atmosfere, melodie e sensazioni di un passato remoto, che ho voluto rivisitare. Non parlo solo delle atmosfere tipiche di una certa musica sudamericana, musica che adoravo da bambino, lontana però anni luce da quella da classifica e “ballereccia” a cui siamo stati abituati da un ventennio a questa parte, ma anche di una certa prospettiva legata alla musica jazz, al soul ed il funky. E’ nella mia vocazione cercare un equilibrio tra mondi e tendenze musicali diverse, nel tentativo di esplorare nuove direzioni. In “Bacanadera” ci sono dentro tanti mondi. Il mio obiettivo è sempre quello di esplorare nuove vie, musicalmente parlando, guardando sempre al futuro.

 

Dici che sono state tante e anche minime le collaborazioni che spesso non le hai citate. Dunque che storia hai vissuto durante la genesi?

Nel corso della composizione e stesura dell’album, mi sono sempre di più reso conto che per dare forza a quello che volevo fare, avevo la necessità di poter gestire suoni puri, veri, che fossero autentici. Così, ho coinvolto una serie di amici e conoscenti, musicisti professionisti o meno, chiedendogli di inviarmi anche solo due note di registrazione fatta dal vivo, che mi consentissero di poter gestire alcuni passaggi di alcuni brani. Ho gestito così un sacco di materiale con registrazione della durata anche di un solo secondo, massimo due. Così ho raccolto tutto questo materiale ed ho cominciato a lavorarci sopra. Soprattutto fiati (sax e trombe in primis), chitarre, basso e gli strumenti folcloristici come il flauto peruviano, così come alcuni passaggi di batteria e di ritmiche caraibiche. Parliamo di una quindicina di esecutori in tutto. Nessuno di loro ha valuto essere citato, proprio perché un secondo di registrazione o un passaggio di batteria di due secondi, non costituisce, in fondo, una vera e propria collaborazione.

In questo caso è stato grazie alla tecnologia che poi, il tutto, ha preso corpo. Le note si allungano si distorcono si moltiplicano.

Ed è inevitabile parlare di Pandemia vista anche la tecnologia che non solo ha contribuito a risolvere il problema, ma qui è divenuta proprio la chiave di lettura di tutta la trama… quanto ha contribuito questo tempo di restrizioni alla nascita del disco e al suo suono?

Beh è anche grazie all’obbligo dello “stare a casa” che ho trovato grande collaborazione da parte degli amici musicisti citati prima, che forse, proprio perché obbligati, come tutti, a rimanere a casa, sono stati più indulgenti nell’accondiscendere alle mie richieste.

A parte le battute, non so se “Bacanadera” sarebbe mai nato se avessi avuto meno tempo per stare a casa. Forse sì, ma credo che avrebbe preso forma, in un periodo più lungo.

Questi mesi di restrizioni sono stati pesanti per la vita di ognuno, ma da un lato, posso dire, che mi hanno permesso di riprendere alcune letture e approfondire alcuni studi, che avevo intrapreso già da tempo, legati non solo alla psicologia e alla filosofia, ma anche alla lettura di alcuni testi caratterizzati da un certo approccio spirituale all’esistenza. Sai quei libri che ti dici, “lo leggerò quando avrò più tempo”; in questo caso, il tempo per leggerli c’è stato. Ebbene queste letture mi hanno influenzato molto nella stesura di “Bacanadera”, che è pervaso da una certa psichedelìa onirica di fondo e da un’ atmosfera, per certi versi, spirituale.

Un titolo assai particolare… di cosa parliamo?

È un neologismo che nasce dal termine “batucada” e “baccanale”.

Il primo termine rappresenta il primario stile percussivo e ritmico della musica brasiliana, quello delle origini, che caratterizza molti brani del disco e che è alla base del Samba, influenzato, ai primordi, dalla cultura africana, dalla voglia di riscatto degli schiavi che non avevano altro modo, per dare corpo alla loro spiritualità ed alla loro storia, se non attraverso l’attaccamento ai ritmi delle loro tradizioni tribali, delle loro radici, della terra da cui erano stati strappati, con la violenza, contro la loro volontà.

Il Baccanale, invece, era la festa propiziatoria degli antichi romani, dedicata al Dio Bacco, una festa orgiastica al principio, caratterizzata da eccessi di ogni tipo, che aveva però una grande valenza misterica e iniziatica, era un inno alla libertà interiore, un inno alla vita.

Bacanadera è quindi una parola che vuole essere la sintesi di questi due significati. Un meltin pot di culture e stati d’animo, di sonorità etniche e ancestrali, moderne e futuribili, spirituali ed introverse, che vuole accompagnare l’ascoltatore dentro un universo avvolgente e carico di vitalità.