GIANFRANCO VALENTI: comunicare la musica ai tempi di Internet

E’ stato pubblicato il 12 maggio per Rai – Eri/Infinito Cose dell’altro mondo, nuovo libro dell’entertainer/web-journalist Gianfranco Valenti. Tale opera e’ un saggio-racconto impreziosito da una conversazione con Claudio Baglioni, il quale funge da “asse verticale” di questo testo, anticipando clamorosamente il malessere della comunicazione on-line con “Chi c’e’ in ascolto”, brano denso di significati nascosti. Il libro contiene inoltre la prefazione di Vincenzo Mollica, la postfazione di Camila Raznovich e le testimonianze uscite da una ristretta tavola rotonda virtuale tra 4 eccellenze del mondo accademico: Mario Caligiuri (Universita’ della Calabria), Mario Morcellini (La Sapienza), Raffaele Sibilio (Federico II), e Giorgio Simonelli (La Cattolica di Milano).


Nell’intervista con Gianfranco Valenti, autore del libro, noi di Sound Contest abbiamo deciso di affrontare con lui il discorso sulla nuova comunicazione dal punto di vista musicale (ma non solo), partendo dai social network, passando attraverso il cosiddetto file-sharing ed arrivando infine sino alla conversazione con Claudio Baglioni, dalla quale sono emerse molte piu’ sorprese del previsto.


 


Sound Contest: Partiamo quasi dalla fine del libro o comunque da quando descrivi a modo tuo i vari social network. Come mai non hai parlato di “Myspace”?


Gianfranco Valenti: Non ne ho parlato, perche’ secondo me Myspace ha avuto un calo fisiologico negli ultimi anni, ma nonostante cio’ in quarta di copertina io stesso ammetto di essere iscritto ancora e serenamente tanto a Facebook quanto a Myspace. Su Myspace avrei due profili, uno personale ed uno piu’ musicale legato ad un’iniziativa di alcuni anni fa. Secondo me Myspace non e’ in grado di avvicinare realmente le persone, a meno che il discorso non riguardi esperienze musicali o comunque artisti legati a quel genere musicale o a quell’altro. Mi sembra che Myspace non sia un vero social network, ma sia una sorta di mega social portal, a cui si avvicinano soprattutto gli artisti, ma con il quale si viene a conoscenza delle varie attivita’ che loro stessi portano avanti. In ogni caso cioe’ non e’ un vero mezzo di comunicazione o di incontro su una piattaforma virtuale.


 


S. C.: Pensi che quindi “Myspace” stia diventando sempre piu’ come “LinkedIn”, “SoundCloud”, “Bebo” ecc.?


G. V.: E’ assolutamente calzante il paragone con LinkedIn. Myspace e LinkedIn sono un pò piu’ settoriali, ma e’ pur vero che i social network stanno diventando per forza di cose molto di genere. A tal proposito nel libro cito tra i tanti esempi Shidonni per i bambini o Funeras per quelli che non ci sono piu’. Non ero assolutamente a conoscenza di questi due social network, ma poi, quando ho iniziato a scrivere il libro, diversi elementi sono arrivati progressivamente. Non potevo non parlarne, ma mi interessava soprattutto dire la mia anche perche’ il saggio e’ un saggio pop e non potevo fare diversamente.


 


S. C.: In ‘cose dell’altro mondò parli anche di educazione nell’uso dei social network, ma la vera educazione non dovrebbe partire proprio dal non considerarli come la vita reale, dal momento che spesso invece accade cio’?


G. V.: L’educazione sarebbe fondamentale, ma dobbiamo essere noi stessi a darcela. Non sono i 30enni o i 35enni i maggiori fruitori dei social network, ma sono i giovanissimi. Cosi’ come 10-15 anni fa eravamo letteralmente rapiti dalle consolle tipo Nintendo o Sega Mega Drive, oggi accade la stessa cosa con il computer. Prima c’erano anche i videogiochi al computer, ma adesso il pc ingloba tutto. Al suo interno ci sono videogiochi, si possono vedere filmati, si puo’ socializzare, si possono fare nuove amicizie e si puo’ addirittura fare sesso virtuale e questo ci deve preoccupare, perche’ quando una cosa poi arriva all’eccesso, come in questo caso, deve essere controllata, e chi meglio di noi stessi puo’ fare questo? Probabilmente nessuno. Dunque sono importanti la famiglia, gli educatori, i professori…e sarebbe importante socializzare e stare all’aria aperta gia’ da ragazzini. Forse quello sarebbe un modo per stare tranquilli, ma ora ormai i computer sono diventati babysitter. Non ci sono piu’ le tate e ci sono i computer.


 


S. C.: A volte la comunicazione via Internet viene intesa anche nel senso di condivisione e quindi nel senso di file sharing. Sarebbe giusto educare gli utenti anche da questo punto di vista, magari indirizzandoli verso l’ascolto e verso l’approfondimento della musica facilmente reperibile su Internet?


G. V.: L’altro giorno c’e’ stata la presentazione del libro a Milano e c’era con me Nicola Savino e abbiamo parlato anche di questo. Fa riflettere da un lato il fatto che oggi non si voglia o non si abbia la possibilita’ di spendere almeno 20 euro per un disco, ma dall’altro si trova sempre il modo di spendere anche 80 euro per vedere Vasco o Baglioni o una boy band e quindi c’e’ voglia di socializzare e c’e’ voglia di stare insieme. Per quanto riguarda il file sharing trovo che sia fondamentale, mentre per quanto riguarda l’approfondimento della musica, il compito va ristretto alle web radio, perche’ le radio tradizionali ti donano la musica, ma non hanno piu’ interesse ad approfondire e quindi rimangono due possibilita’: o si fanno delle ricerche personali su Internet, o se ne fanno altre molto “intime” come si faceva quando non c’era ancora Internet. Le web radio ormai sono importanti e sono un pò come le radio libere degli anni ’70 con la differenza che all’epoca si doveva inventare un linguaggio, mentre ora il linguaggio gia’ c’e’ e dunque essere innovativi e’ difficile.


 


S. C.: Nel libro parli con Claudio Baglioni e parli con lui anche della sua musica. Non hai pensato che sia lui, sia gli altri artisti che citi in ‘Cose dell’altro mondò avrebbero avuto bisogno di un cd o comunque di un supporto specifico per far capire al lettore di cosa parli esattamente?


G. V.: Si’. L’ideale sarebbe stato fare un libro cross mediale, dando quindi la possibilita’ di ascoltare i brani di Baglioni che suggerisco nella prima parte o quelli che suggerisco alla fine del libro ed e’ una cosa che in teoria si potrebbe fare. Poi in generale si rimane colpiti da determinati artisti per quello che fanno e io da Baglioni sono rimasto colpito al di la’ del fatto che sia piu’ o meno bravo come artista. Faccio tre esempi: “Uomini persi”, canzone delicata e struggente sul terrorismo, “Questo piccolo grande amore”, brano che parla di un amore di gioventu’ che finisce male come accade per molti amori di questo tipo, “La sagra dell’uva”, pezzo che Baglioni si diverte a cantare e che si trova facilmente su YouTube; in questo modo si nota dunque come lui riesca facilmente a divertirsi con “l’alto” e con “il basso” e fornisca poi lui stesso degli spunti per scrivere un’opera di poche pretese come quella mia.


 


S. C.: Hai parlato con Baglioni di tecnologia e della comunicazione ampliata su Internet. Al di la’ del fatto che lui e’ stato sicuramente un precursore di questa tematica, non hai pensato anche ad altri artisti, italiani e non, che ultimamente si occupano dello stesso problema?


G. V.: Beh, Claudio Baglioni non e’ un “giovincello”, ma conosce molto bene la comunicazione nuova e lui stesso cita la “second life” ed e’ per quello ho parlato con lui di questa tematica. Tra gli altri artisti penso a Jovanotti che e’ uno che ancora riesce ad essere molto vicino alla rete o al web e quindi ai giovani. Se dovessi cercare una cerchia piu’ ristretta che potrebbe sempre esplodere, penso invece a quella dei rapper, americani o italiani, piu’ o meno conosciuti; a volte sono illuminanti perche’ con il loro linguaggio riescono ad esprimersi in un certo modo, ma la forza dei loro messaggi e’ insita nel fatto che hanno una formazione giovane, fresca ed internettiana e quindi secondo me sono un ottimo esempio da questo punto di vista.


 


S. C.: Ultima domanda: Secondo te quali sono le potenzialita’ di Internet nel futuro?


G. V.: Per evitare di fare una cattiva figura mi avvicino di nuovo a Baglioni, il quale sostiene che andando in giro per le strade del mondo ci si puo’ rendere conto di come l’infinito sia in grado di sconvolgere; cio’ riguarda il mondo fisico e reale, tanto piu’ quello virtuale. Quest’ultimo e’ smisurato, fa paura da un certo punto di vista e proprio per questo e’ imprevedibile. Qualche settimana fa si diceva del terremoto a Roma che non e’ arrivato, per cui prevedere il futuro sara’ sempre piu’ difficile, ma il terremoto dal punto di vista digitale e virtuale si verifica ogni giorno. Mi auguro da ragazzo di 30 anni che dal punto di vista umano e sentimentale Internet non prenda il sopravvento. Quella piu’ che una rivoluzione, sarebbe un’involuzione digitale ed un’involuzione umana.