Atmosfere rarefatte, oniriche, surreali, che pervadono l’anima e danno libero sfogo alla propria fervida immaginazione, suscitando l’estasiante sensazione di librare nell’aria senza una meta prefissata. “Indian Summer”, la nuova opera intellettuale del trombettista, flicornista e compositore Giacomo Uncini, evoca queste apollinee immagini sin dal primo ascolto. Il jazzista marchigiano si affida al talento e all’esperienza di musicisti del calibro di Carlo Petruzzellis (chitarra), Gianludovico Carmenati (contrabbasso), Massimo Manzi (batteria) e alla luminescente poliedricità dello special guest Giulio Carmassi (pianoforte, tastiere, voce e percussioni), prezioso multistrumentista noto ai più per la sua significativa militanza nel “Pat Metheny Unity Group”. All’interno del cd vi sono nove brani, uno firmato da Carla Bley (Sing me softly of the Blues), quattro autografati dall’autore del progetto discografico e quattro siglati da Petruzzellis. Il mood criptico di Oscuro (Carlo Petruzzellis) dà l’idea di una solitaria passeggiata notturna in un viale alberato. L’eloquio pianistico di Carmassi è raffinatamente tensivo, madido di ammiccanti blue notes. Uncini e Petruzzellis interagiscono simbioticamente con intensa energia comunicativa. Carmenati adopera l’arco del contrabbasso con gusto e intelligenza, sfruttando brillantemente la gamma timbrica del suo strumento. Lo struggente tema di Greyed Star (Giacomo Uncini) provoca vibrazioni positive. Qui l’incedere del trombettista è ispirato e lirico. Il fraseggio del chitarrista spicca per grazia esecutiva ed è adornato da un fascinoso suono ovattato. Il fulmineo brano up-tempo Fast Relief (Giacomo Uncini) aumenta esponenzialmente l’adrenalina. Qui sale in cattedra Massimo Manzi, che snocciola un drumming contagioso, cangiante e dà vita a un solo esplosivo dal punto di vista timbrico, impreziosito da una notevole cura delle dinamiche. “Indian Summer” è il classico esempio di album che sgombra la mente dall’angoscia. Da ascoltare a scopo terapeutico.
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