Suoni nella notte in un ambiente magico. Cosi’ Berchidda ha accolto Jan Garbarek, il sassofonista norvegese nell’edizione piu’ ecosostenibile di sempre del festival allestito da Paolo Fresu. Una serata unica, scandita dai bis e da una partecipazione emotiva che ha lasciato di stucco lo stesso musicista scandinavo. Con una formazione che ha visto in campo l’amico pianista Rainer Bruninghaus, il bassista brasiliano Yuri Daniel (che ha sostituito lo storico Eberhard Weber) e un grande delle percussioni come Trilok Gurtu, l’atteso concerto del festival berchiddese ha regalato sensazioni rare. Note lunghe, calde, avvolgenti, come quelle date dal sassofono del mostro sacro, che ha saputo mescolare folk scandinavo ai turbamenti del jazz e a quelle melodie arabe a lui sempre care.
La favola nordica in The tall tear trees, Twelwe moons, There were Swallows. La forza di Trilok Gurtu in Paper Nut. Poi tanto spazio alla band con Tranformations di Bruninghaus, Tao di Daniel, Nine Horses di Gurtu. È il momento del musicista indiano, che non si lascia scappare l’occasione di un solo che illumina la platea. La sua e’ una perla che conquista. Eccezionale la sua performance, tra percussioni e voci che mandano in visibilio il pubblico. Una borsa piena di suoni e vocalita’ che cosi’ bene si fondono con la magia del suono di Gabarek. Una musica che raggiunge i poli della terra e abbraccia Berchidda con il suo suono universale. Il segreto di un successo cosi’ forte e deciso e’ nella grandezza dell’artista che sperimentando ha prodotto capolavori come “Officium”, storico tassello del jazz contemporaneo con “The Hilliard Ensemble”. Poi cantando, sul finire del concerto. La chiusura e’ un’altra perla rara. Jan Garbarek si congeda dal Time in Jazz lasciando un’impronta indelebile sul festival.
Martedi’ 11 agosto
Berchidda, Piazza del Popolo