Si presenta come un libricino con questa illustrazione e un titolo forte per l’immaginario letterario marino. Parliamo di “Maqroll” il nuovo prezioso disco di Federico Sirianni, pilastro della canzone d’autore italiana che ancora sostiene il palcoscenico di un certo modo di pensare alla forma canzone, un modo culturale, alto, di letteratura… e in questo libricino oltre ai testi anche le fotografie come le testimonianze in penna di tanti scrittori italiani, da Remo Rapino a Guido Catalano passando per Vincenzo Cinaski. E Maqroll lo conosciamo: è il gabbiere che tanto è narrato da Alvaro Mutis. E in questo disco, liquido come l’acqua che lo circonda, troviamo anche la preziosa produzione artistica di Raffaele Rebaudengo degli GnuQuartet e poi l’elettronica, altro passaggio fondamentale nella nuova discografia di Sirianni, firmata da FiloQ. C’è tanto tantissimo da dire. Proviamo ad indagarne qualche pagina…
Bentornato in scena. Torni dopo una manciata di tempo in cui il mondo sembrava voler finire. Da un artista così puro e così fuori dalle scelte di mercato… che mondo hai trovato dopo la pandemia?
Grazie, è bello essere di nuovo in giro. Questo periodo è stato da una parte davvero terribile per tutte le limitazioni che ha imposto alle nostre normali condizioni di vita quotidiana, dall’altra però ci ha messo a confronto con la grande instabilità che è propria dell’esistenza umana, sbriciolando in pochissimo tempo ogni certezza e tutto quello che fino a poco prima davamo per scontato. Chi ha saputo cogliere questi aspetti ne sta uscendo non so quanto migliore, ma probabilmente più consapevole.
Di certo non hai mai rifiutato il futuro e ne hai dato ampia prova… ma questo disco possiamo dirlo decisamente “trasgressivo” per il tuo stile?
In realtà, e questa esperienza pandemica me lo conferma, per me il futuro non esiste. Esiste un presente da vivere nella maniera più potente possibile perché nessuno sa cosa il destino abbia scritto nel libro della propria esistenza. Questo disco, in termini di scrittura, è antecedente al primo lockdown ed è andata bene così perché, soprattutto negli ultimi mesi di restrizioni, la mia creatività si è profondamente addormentata. Non lo definirei “trasgressivo” per il mio stile, lo definirei “trasgressivo” per l’epoca in cui viene al mondo, un’epoca in cui la necessità fondamentale è l’immediatezza e, di conseguenza, lo stare in superficie, perché osservare e approfondire richiede tempo e attenzione. Ecco, Maqroll è esattamente l’opposto di questa modalità: è un disco che definirei “novecentesco”, completamente fuori tempo: in questo senso si potrebbe dire trasgressivo.
La prima grande “rivoluzione” che hai chiesto al suono e alla forma di questo lavoro?
L’idea era quella di dare una colonna sonora al racconto e che, dunque, l’ambiente musicale fosse qualcosa di cinematografico o da serie tv, una modalità abbastanza nuova per quel che mi riguarda visto che fino ad ora il mio approccio musicale è sempre stato di natura piuttosto acustica, da folk singer.
Parliamo di produzione… visto che tutto nasce in un tempo in cui i computer sopperivano alle distanze…
Abbiamo cercato di far andare d’accordo (e credo ci siamo riusciti) gli strumenti più classici come chitarra, pianoforte e archi con l’elettronica, sapientemente utilizzata da FiloQ che, insieme a Raffaele Rebaudengo degli GnuQuartet ha prodotto il disco. Quel che ne esce è un’ambientazione sonora molto sospesa, io la definisco “a pelo d’acqua”, senza appigli. Abbiamo lavorato fra Genova e Torino, un po’ a distanza e un po’ in presenza.
Secondo te i disegni di elettronica in qualche modo hanno impreziosito le parole o pensi che l’estetica e il suo fascino distragga dalla comprensione?
Mi piace la definizione “disegni di elettronica”, rende bene l’idea. E, sì, il risultato è stato quello di far viaggiare le parole esattamente nella direzione voluta, rispettando totalmente il mio ruolo di cantautore.
In teatro, dal vivo… come suonerà “Maqroll”?
Esattamente come nel disco, tant’è che, sul palco con me, ci saranno Raffaele Rebaudengo e FiloQ, i miei produttori artistici. Le canzoni saranno alternate da racconti e monologhi; è dunque uno spettacolo di vero “teatro canzone”, prodotto dal Teatro Pubblico Ligure e diretto dal regista Sergio Maifredi.