Decisamente un suono che esplora l’altro, l’altrove. E poi i confini si mescolano, anche il pop fa capolino dentro volute che fluttuano e si mescolano al futuro digitale. Completamente allegorica ogni sensazione che arriva dall’ascolto di “Shidoro Modoro” un prezioso disco a firma del progetto FANALI, ovvero Michele De Finis (EPO, Argine, unòrsominòre), Jonathan Maurano (EPO, Blindur, unòrsominòre) e Caterina Bianco (PMS, Corde Oblique, ’e Zèzi, Argine, Sula Ventrebianco) con le tessiture visive – grafica e video – di Sabrina Cirillo. Un disco dentro cui l’elettronica ha un sapore di alto jazz e il tempo quasi non esiste. Davvero un lavoro interessante che approfondiamo a seguire:

 

 

Il tempo si gioca forme strane lungo l’ascolto… non parlo di metriche quanto più di sensazioni narrative. I brani sembrano provenire da un altrove diverso da quello che è nella realtà. Da quale mondo arriva questo disco? Da quale tempo?

Sicuramente da un tempo sospeso e da un luogo che non potremmo definire diversamente da “intimità”. “Shidoro Modoro” è nato durante il lockdown 2020, un tempo in cui un po’ tutti siamo stati costretti a guardarci dentro. Ne è venuto fuori un disco libero, lavorando ai brani non ci siamo posti mai il problema di incasellarli in un genere predefinito, ma abbiamo solo seguito la strada che ci indicava la Musica.

C’è ampio spazio dentro ogni momento dei brani. Lo spazio per voi come si traduce in suono e in effetti?

Abbiamo molto rispetto degli spazi. Proviamo a far sì che ogni elemento che entra in ogni brano sia quello più sensato per noi “suonando anche i silenzi”. È un lavoro delicato ma molto soddisfacente.

E poi le tracce remix… perché portano altri titoli? Sono altre codifiche e nuove visioni legate agli stessi brani?

L’idea era di dare suggestioni completamente diverse partendo dallo stesso materiale. Così come insieme a Salvio Vassallo (Spaccanapoli, Il Tesoro Di San Gennaro) abbiamo smontato e rimontato le tracce audio per ricreare brani nuovi, ci è sembrato più che naturale anagrammare i titoli dei brani per ottenerne di nuovi ma comunque legati agli originali.

Dunque, per restare in tema… quanto il suono diviene protagonista della narrazione? Ho come l’impressione che sempre o quasi la voce prenda più il posto di uno strumento…

Esatto. Il progetto è nato facendo musica strumentale, e solo in un secondo momento, e laddove ne sentissimo la necessità, abbiamo deciso di inserire le voci, esplorandone le caratteristiche sonore allo stesso modo in cui facciamo per gli strumenti che suoniamo.