FABIO CONCATO | Concerto “romantico” per il Palazzo Reale Summer Fest

Che cos’è il canto jazz? Qual è la sua essenza? Difficilissimo dare una risposta. Un esperto come Luciano Federighi, in un libro di molti anni fa, scriveva a un certo punto che essa si può trovare “nella sua indifferenza a canoni preconcetti di bellezza (e nella sua stessa capacità di CREARE bellezza dal nulla), nella sua libertà espressiva, nella sua spinta all’invenzione”.

Se è vero questo, allora forse andrebbe conseguenzialmente affermato che la voce di Fabio Concato in questi anni – e in questo concerto napoletano, una piccola, sempiterna magia durata circa un’ora e venti e scandita dell’esecuzione di sedici brani – è pura essenza di canto jazz.

Figlio di un chitarrista jazz – non di professione! Il “Gigi” della sua splendida canzone – all’esordio discografico nel ’77 con un album, “Storie di sempre” arrangiato e suonato da musicisti tutti provenienti dal mondo della musica improvvisata, non c’è neanche bisogno di sottolineare che l’intero percorso di Concato, autore di alcuni dei brani tra i più belli e amati della nostra storia, delinea l’incontro, spontaneo e lirico, della canzone d’autore col jazz.

Ci preme, però, sottolineare che l’ancora più specifico punto di riferimento di queste considerazioni è l’album del 2016, il suo terzultimo, lo straordinario “Non smetto di ascoltarti”, in cui Fabio rivisita canzoni altrui e sue con una pregnanza jazzistica assoluta, grazie a due compagni di viaggio d’eccezione e cioè il “tandem” formato da Fabrizio Bosso alla tromba e da Julian Oliver Mazzariello al piano. Qui Concato é tutto sé stesso eppure in qualche modo si supera. È un nuovo punto di approdo. E di non ritorno.

Da questa esperienza infatti nasce l’idea di “rivisitare” – il termine è di Concato – in chiave rigorosamente jazzistica quarant’anni di sue canzoni con un trio, stavolta. Quello ascoltato stasera. Formato da Paolo Di Sabatino al pianoforte, Marco Siniscalco al basso elettrico e Glauco Di Sabatino alla batteria con cui Concato ha già pubblicato il suo penultimo album (il più recente è appena uscito, ancora una rilettura del suo canzoniere e un titolo significativo: “Musico ambulante”).

Ed è proprio un brano di Paolo Di Sabatino, La danza dei gabbiani, in trio, a creare il perfetto stato d’animo, nel pubblico numeroso e fedele accorso nel meraviglioso scenario del Giardino degli Innamorati di Palazzo Reale, per accogliere la sua entrata sul palco. “È un’emozione infinitamente grande essere qui”, dice. “Soprattutto dopo essere stati fermi due anni. Non ne potevo più!”. E attacca una versione stupenda, incredibilmente intima di E’ festa, che dice subito in che direzione vanno gli arrangiamenti tutti di Paolo Di Sabatino. “Mi godo il viaggio, sai che guido piano/ Adesso guarda dalla tua finestra, non ci credi?/ Sono qua”, recitano i versi conclusivi della canzone. E allora quella successiva non può che essere Guido piano, intrisa di nostalgia, delicatissima, emblema di tutto il suo universo poetico, a cui segue Stazione Nord. Poi per introdurre Speriamo che piova Concato racconta che la sera precedente un nubifragio ha interrotto il suo concerto al Castello Sforzesco “nella mia Milano”. E allora non vorrei che… ti immagini?” Poi guarda il cielo stellato e dice: “ma qui non ci sono problemi”. E non solo non ce ne sono, ma come in un gioco di prestigio il caldo soffocante che ha stretto Napoli in questi giorni cede il passo a un vento frescolino che si mescola e s’intreccia alle note.

fonte: profilo fb di F.C.

Un assolo di batteria introduce Sexy tango a cui fanno seguito Ti ricordo ancora (“Vediamo un po’, questa la canto raramente dal vivo…”) Tienimi dentro te, Buonanotte a te, dolcissima, con un assolo di piano baciato dall’ispirazione e un coinvolgente riff di basso elettrico che porta alla conclusione del pezzo.

“Adesso un’anteprima, un brano nuovo che pubblicherò tra settembre e ottobre”: ma è l’ennesima deliziosa gag perché in realtà parte Domenica bestiale, il suo brano più universalmente noto. Lo canta tutto il pubblico con lui, anzi lo sussurra, coinvolto dalla particolare coolness interpretativa che investe anche questo brano.

Fabio Concato é concentrato sul canto, con un timbro che graffia l’anima, con emissioni di note stirate, allungate, compresse, circumnavigate; sofferte, increspate, soffiate, che non possono non emozionare. E le parole cantate rivelano così cime tempestose di significati esistenziali che l’ascoltatore si accorge di non aver mai colto prima.

E in questa data partenopea non poteva non essere inclusa in scaletta la Canzone di Laura, scritta insieme a Pino Daniele, l’altra faccia dell’approccio jazzistico alla canzone d’autore in Italia.  Fabio racconta come nacque quella collaborazione e chiede scusa per la sua pronuncia del dialetto napoletano. E alla fine dell’esecuzione: “Grazie sempre Pino”.

Poi gli ultimi brani in scaletta: Tornando a casa, impreziosito da un assolo del basso di Marco Siniscalco (“È un brano dell”86, per me un anno recente..”), Canto, ricca di intenzioni e di energia blues, col più bell’assolo di piano della serata e le deliziose spazzole di Glauco Di Sabatino, Gigi (“La canzone che amo di più fra quelle che ho scritto, è del 1990”) e infine in chiusura e finalmente, senza bisogno di alcuna presentazione, “Fiore di maggio” (con un verso cambiato: “Tutti ubriachi di canzoni e di allegria” che diventa “Tutti ubriachi di canzoni e falanghina”!).

Ma c’è ancora tempo, a furor di pubblico, per due bis: Non smetto di aspettarti e – a pensarci bene per forza… – Rosalina.

 

FABIO CONCATO IN CONCERTO
Paolo Di Sabatino, pianoforte
Marco Siniscalco, basso elettrico
Glauco Di Sabatino, batteria

Venerdì 9 luglio 2021
Napoli, Palazzo Reale, Giardino Romantico, Piazza del Plebiscito 1