“Disco Vivo” di Sara Rados è un progetto che abbraccia l’autenticità e l’imperfezione della musica suonata dal vivo, con un’intensa energia che riflette sia la vita personale che collettiva. Il disco racchiude storie di quotidianità, riflessioni intime e momenti di sincera vulnerabilità, trasmettendo un senso di connessione tra Sara e il suo pubblico.
A partire da La Gente Alla Fine, Sara apre un dialogo diretto con gli ascoltatori, osservando con tenerezza e ironia chi la circonda. Ogni persona è protagonista di una grande folla immaginaria, colpita da piccoli gesti che fanno sorridere. Con Tuttigiorni, si immerge invece in una riflessione su sé stessa, un viaggio personale verso il perdono e la consapevolezza di andare avanti nonostante le sfide.
Gli Avanzi Della Festa porta un tocco più leggero e divertito, nato dal senso di confusione e di stasi durante il primo lockdown del 2020. Sara prende in giro l’enfasi esagerata dei social media e delle riflessioni troppo serie che circolavano in quel periodo, regalando una risposta spensierata e ironica. Con Bandiere Sporche, invece, affronta l’inaspettato: un incontro surreale con una bambina che diventa il simbolo di una giornata qualunque, ricca di contrasti tra il calore natalizio e l’assurdità del momento.
Uno dei brani più profondi, Sono Un Ribelle Mamma, non è una sua composizione originale, ma rappresenta un pezzo fondamentale della sua adolescenza, evocando un senso di ribellione comune a una generazione intera, cresciuta tra gli anni ’70 e ’90.
Sogni si trasforma in una ninna nanna non convenzionale, con Sara che esplora le sue ambizioni e i fallimenti personali attraverso le parole semplici e familiari di una canzone per bambini. In Specchio, invece, ci accompagna nel suo viaggio introspettivo, nato da un momento di febbre in cui si trova a fare i conti con sé stessa.
La Mattina rappresenta uno sfogo emotivo, quasi come una telefonata a un vecchio amico, mentre Groviglio esplora la complessità dei rapporti e delle emozioni attraverso immagini suggestive di confusione e disconnessione.
Il viaggio si conclude con Firenze, Gli Occhi Di Aprile, un omaggio alla sua città che Sara continua a risuonare in ogni concerto, come una costante della sua vita musicale e personale.
Disco Vivo è il risultato di un percorso tanto musicale quanto personale. Le esperienze, la crescita emotiva e le riflessioni di Sara sono intrecciate in ogni brano, portando l’ascoltatore dentro la sua quotidianità e il suo mondo interiore.
L’INTERVISTA A SARA RADOS
“Disco Vivo” sembra essere il frutto di un percorso non solo musicale, ma anche personale. Quanto di te stessa, delle tue esperienze e della tua crescita emotiva si riflette in questo album?
All’inizio, quando scrivo una canzone, ancor prima quando la sto “incubando”, nelle giornate, tra le piccole cose e le scadenze di ogni giorno, è sempre un fatto di intima quotidianità. Comincio sempre più o meno nello stesso modo: canticchio tra me e me dei motivetti, mi scribacchio delle cose su un foglietto di fortuna o sugli appunti del cellulare e di solito la sera, se non crollo a dormire alle nove e mezza come spesso accade, imbraccio la chitarra e comincio a comporre. Di solito è un processo che dura qualche giorno o una manciata di settimane, dipende dai temi, da quanto li ho messi a fuoco dentro di me o sto ancora vivendo sulla pelle certe cose: la musica parte sempre come un diario, che poi condivido in un secondo momento.
Nei tuoi brani emerge una forte attenzione per i dettagli e le atmosfere intime. Come bilanci il bisogno di comunicare emozioni personali con l’esigenza di rendere la tua musica accessibile e comprensibile a un pubblico più ampio?
Bella domanda. Credo che la differenza tra solipsismo e discorso stia prima di tutto in un atteggiamento dello spirito: quanto vuoi davvero condividere quello che pensi o senti con altre persone? (che siano due o mille, amici o sconosciuti). Da questo patto con me stessa e con gli altri parte sempre ogni mia avventura di scrittura dei brani. Anche nella primissima fase che descrivevo prima, instauro, tra cuore e cervello, un patto col mondo esterno, immaginando di parlare anche con gli altri mentre parlo a me stessa. Sarebbe poi interessante osservare come in tutto questo processo si traccino gradualmente i tratti di un pudore personale che sta in mezzo a questo “dentro e fuori”
Il tuo approccio alla scrittura dei testi è molto evocativo e narrativo. Quanto il contesto sociale e politico attuale influenza la tua scrittura e il messaggio che vuoi trasmettere attraverso la musica?
Questa domanda mi fa pensare a un fatto, a un’altra domanda che mi faccio e vi faccio: siamo ancora in grado di dare una definizione e un volto alla società e alla politica? I miei brani alla fine spesso portano dentro l’inquietudine di non saper rispondere a questa domanda
La presenza di ospiti come Fabrizio Mocata e la collaborazione visiva con Agustin Cornejo suggeriscono un lavoro di squadra molto forte. Come hanno contribuito queste collaborazioni a plasmare l’identità di “Disco Vivo” e quale valore aggiunto hanno apportato al progetto?
E’ esattamente questo l’unico aspetto che avevo chiaro in mente nel progetto DISCO VIVO: il lavoro di squadra, direi di orchestra anzi. Inglobare nell’impresa via via delle persone che con naturalezza fossero compatibili con la mia musica e i miei valori. Un’orchestra che è nata lentamente e che ha visto salire a bordo tante persone e personalità differenti. Per il resto, tutti gli aspetti del progetto sono stati prima sperimentati e osservati, e solo dopo capiti e “contenuti”, ordinati in una veste finale e godibile per il pubblico. Fabrizio, pianista di talento direi meravigliosamente incontenibile, è anzitutto un amico e vicino di casa: condividiamo la passione per le mangiate e frequentiamo entrambi un baretto di quartiere dove accadono sempre fatti surreali. Agustin, un altro talento folle, è un ragazzo giovanissimo ma già molto maturo e competente: l’ho conosciuto attraverso un appello sulla mia pagina facebook in cui cercavo qualcuno che ci desse una mano a salvare in video i nostri concerti, con ancora in testa un’idea fumosa di ciò che sarebbe stato DISCO VIVO. Mi ha risposto, abbiamo pranzato assieme e abbiamo deciso di provare a far qualcosa.
Nel concerto di presentazione di “Disco Vivo” del prossimo 11 ottobre, quali emozioni speri di trasmettere al pubblico e come hai preparato questa esibizione per ricreare l’atmosfera intima e autentica che caratterizza l’album?
Beh, l’idea è quella di condividere. Fare in modo che al pubblico arrivi innanzitutto l’emozione che proviamo noi, il fatto che crediamo molto in ciò che suoniamo e che ci divertiamo a suonare. Non abbiamo lavorato a ricreare un’atmosfera a tavolino, per lo meno non abbiamo lavorato direttamente su questo esplicito aspetto. Durante le prove preparatorie al concerto di presentazione DISCO VIVO, ci siamo anzitutto concentrati sul groove, i volumi, l’intesa tra di noi: cose semplici, basilari se vuoi. Ma che secondo me ti rendono più saldo e forte poi quando poi sei sul palco, e in grado di veicolare le emozioni del momento in modo consapevole ed efficace.