Esce “Dimmelo”, nuovo singolo del cantautore Gianluigi Tartaull, sui principali stores digitali e dal 24 giugno nelle radio in promozione nazionale. Con la collaborazione di Mauro Squarzoni nel testo e con la musica del compositore Lorenzo Sebastianelli, “Dimmelo” entra di diritto nel mondo di un cantautorato elegante e sognante, con riferimenti ai grandi del passato, storia italiana invidiata ed elogiata in tutto il mondo, pur mantenendo una forte personalità. Inconfondibile la voce dell’artista che veste in maniera impeccabile melodie e arrangiamento. Scopriamo news e curiosità in questa intervista!
Ciao Gianluigi, presentati ai nostri lettori.
Sono un ex insegnante ed ex allenatore di pallavolo che ha deciso, giunta l’ora della pensione, di riprendere un percorso iniziato da adolescente. Invece di trasformarmi in umarell ho pensato fosse più divertente, ma soprattutto più utile, buttarmi totalmente in quel mondo musicale che non ho mai abbandonato. Sono stato più interprete che compositore, anche se musicare testi poetici mi ha sempre attirato. Negli ultimi anni, con la collaborazione di un caro amico, Mauro Squarzoni, che scrive in modo talentuoso e originale, e con l’aiuto di amici musicisti, con cui ho approfondito l’aspetto compositivo, ho fatto un passo decisivo, diventando interprete delle mie canzoni. Non per questo smetterò di cantare Tenco, De André, Gaber, Iannacci e tutti quelli che dai lontani anni 60 sono i miei punti di riferimento.
Perché il titolo “Dimmelo”? Cosa si nasconde dietro la canzone?
La parola “Dimmelo” suona come un campanello alla porta, chiamandoti alla realtà. Dimmelo è un imperativo categorico, un imperativo assoluto che ti risveglia dal vivere quotidiano, dallo squallore della vita di coppia, dalla lenta erosione di interessi comuni (La notte mi sorprende la luna no!) Dal parlare di niente (Senti cosa dicono in tv, bella quella maglia tutta blu…) alla risoluzione di una vita (Allora dimmelo, dimmi che non ti piaccio e non mi ami più, dimmi che son noiosa come non mai, ti giri e te ne vai). Una bella uscita teatrale!!
Hanno un filo conduttore i brani che hai pubblicato negli anni?
Ho sempre avuto grande attenzione per i testi, anche perché a me è sempre piaciuto più cantare che suonare. Per cui tante volte prima ho scelto le parole, magari una poesia, e poi le ho musicate. Solo in questi ultimi anni, collaborando con Lorenzo Sebastianelli, ho praticato un percorso che dall’idea musicale porta a sviluppare un testo adeguato. Così hanno trovato spazio anche formule più legate al non sense, al gioco di parole e alla loro sonorità. In ogni caso, se il vestito musicale non si intona con i contenuti letterari, il prodotto rimane incompiuto. Ma questo è nell’ordine delle cose.
Un sound che trasuda originalità e personalità, ma anche con molti riferimenti ai grandi del passato, quando la musica rappresentava ancora l’apice dell’espressione umana evolvendo e condizionando l’intera società. Quali i tuoi riferimenti artistici che hanno aiutato la tua ispirazione nella tua musica?
Questa musica non l’ho scritta io, ma Lorenzo Sebastianelli. Credo che ci accomuni, nonostante la differenza di età, l’amore per quell’universo musicale che va dal Jazz degli anni 30/40/50 al mondo della canzone d’autore. Anche la musica concreta ed elettronica ha avuto un suo spazio, specialmente negli anni 70.
Quali sono i tuoi obiettivi da voler raggiungere? Cosa ti aspetti da questo tuo nuovo percorso artistico e discografico?
Non mi attendo grandi cose. Collaboro con due amici e con loro creo qualcosa di nuovo. L’importante è il percorso, perché è lo scambio di idee che ci fa crescere, a prescindere dal risultato finale. Ma quando ci si mette in gioco in questo immenso mondo dove tutti sono un po’ poeti, un po’ musicisti, un po’ cantanti, fa senz’altro piacere se qualcuno ci dice “Mi piace”.
Artisticamente parlando, rifaresti tutto oppure hai dei rimpianti?
Rifarei il mio percorso, che ha toccato la musica popolare, quella politica, quella cantautorale. Rimpiango di non aver curato abbastanza la mia formazione musicale e strumentale. Soprattutto, da buon figlio di una cultura europea, non aver dato la necessaria importanza allo studio del ritmo, previlegiando la melodia.
L’ultima parola a te! Lasciaci un messaggio!
Non un messaggio, ma una considerazione. Bisogna fare, nella vita, quello che ci fa contenti e ci dà la sensazione di aver fatto qualcosa di buono e di utile, non solo per se stessi, ma anche per gli altri. A volte non è una sola cosa. Io ho fatto l’insegnante, il giocatore e l’allenatore, ho cantato molto, un po’ di tutto, ho studiato uno strumento…. sempre con l’idea che, se si fa una cosa, bisogna farla al meglio. Comunque la facciate, fate musica, cantate, suonate, e fatelo anche con gli altri, perché questo è un bel modo di essere vivi.