DANIELA D’ANGELO | Una nuova fine ed un nuovo inizio

Un bellissimo disco che vi presentiamo con molta attenzione. Un lavoro che segna l’esordio personale, atteso da molti immaginiamo, della cantante e cantautrice Daniela D’Angelo dal titolo “Petricore” dentro cui svetta la produzione di Vito Gatto e, di corredo, un suono e un design decisamente esterofilo, lontano dai cliché anche se a questi deve molto, soprattutto per un quid nordico o berlinese che affiora in superficie dentro le tinte scure. Canzone d’autore che cerca altre direzioni e finisce anche per portare a casa una prova di grande personalità. “Petricore” va ascoltato con altrettanta attenzione…

 

 

Disco davvero affascinante soprattutto nella produzione. Ecco parliamo di suoni: come nasce “Petricore”?

I brani sono nati chitarra e voce, come è in sostanza la mia maniera di scrivere… poi hanno attraversato varie fasi: la pre-produzione è stata fatta con un lungo lavoro nella cara e vecchia sala prove – soprattutto per la sessione ritmica – insieme a Mamo (batteria) e Ivano Rossetti (basso), con la supervisione di Vito Gatto. Abbiamo giocato sul togliere il più possibile i retaggi con cui ci veniva facile interfacciarci, tipo i “ritornelloni” (dove ti viene da esplodere a più non posso), cercando di fare qualcosa che ci stupisse. Ne è uscito inizialmente un arrangiamento molto minimale, ma incisivo, una specie di dimensione live, che infatti poi abbiamo registrato in studio in presa diretta, con Guido Andreani. In seguito, un po’ di tempo dopo, io e Vito abbiamo fatto un lavoro di riascolto dei brani, cercando dei suoni di elettronica, suggestioni e atmosfere che avremmo voluto far raggiungere alle canzoni. Il resto lo ha fatto Vito, con grande bravura, amplificando il tutto e lavorando di fino sugli arrangiamenti elettronici, così, piano piano le canzoni hanno cambiato abito, letteralmente. Siamo arrivati a questo suono, così distante da “chitarra e voce”, perché ci siamo concessi di lasciare passare anche mesi da una fase all’altra, senza fretta… tanto che, in ultimissima battuta, anche Guido ha rivisto il mix che aveva già fatto, arricchendolo ulteriormente con la ricerca di un suono più tridimensionale.

Vito Gatto: secondo te che direzione ha dato a tutto il lavoro? Ti somiglia col senno di poi? Oppure ti ha rivoluzionato qualche punto di vista?

Vito è un sovversivo della canzone, ti tira fuori a forza dalla comfort zone e poi sono cavoli tuoi! Scherzi a parte, è bello lavorare con lui, perché esce dai soliti schemi che può avere un cantautore, appartiene a un altro mondo, ma la sua sensibilità non mente mai. Sicuramente rivoluziona sempre il punto di vista ed è una cosa estremamente costruttiva, che porta sempre ricchezza. Ho amato (e fino all’ultimo non sapevo come sarebbe andata, giuro!) vedere il mio mondo intersecarsi con il suo e anche con quello di Mamo, Ivano e Guido. Con il senno di poi dico che “Petricore” mi somiglia in senso lato, fotografa il momento della mia esistenza in cui è uscito e racchiude la sinergia di chi ci ha lavorato. Come tutte le fotografie, naturalmente non mi assomiglierà per sempre.

Ci dici che sono canzoni scritte e concepite in tempi diversi. Eppure sembrano avere una coerenza tra loro. Hai dovuto riadattare qualcosa al presente oppure hai lasciato tutto com’era?

Esatto, le canzoni sono state scritte in tempi diversi. E’ curioso in realtà che abbiano coerenza fra loro e me ne sono accorta anch’io a posteriori, tanto che poi le canzoni che sono nell’album sembrano avere un filo conduttore. Sarà perché i miei ’temi sensibili’ alla fine si rincorrono sempre tra di loro… Devo dire che non ho riadattato molto i brani, solo Biscotti e sigarette (ho cambiato la tonalità) e Alibi (originariamente aveva un altro ritornello), ma non l’ho fatto in funzione del disco in sé, l’ho fatto perché sentivo che queste canzoni non erano per me al massimo del proprio potenziale.

E perché, parlando del tempo in cui sono nate, non hai lavorato allora alla produzione?

L’unica a cui avevo già lavorato era Biscotti e sigarette, con Distinto (la mia band), ma avevamo fatto un lavoro che poi non ha mai visto la luce. Ho suonato magari dal vivo per anni alcune canzoni di “Petricore”, che non avevano mai trovato la loro dimensione su un album. Credo che ci sia un momento giusto per ogni cosa e semplicemente, magari, i brani dovevano uscire così, ora e non prima.

Nel disco anche un brano chitarra e voce. Ho come l’impressione che questa doveva essere la vera natura di “Petricore”… sbaglio?

Non sbagli affatto!

Sarà questa la natura che vedremo dal vivo?

Dipende dalle situazioni… non mi stanca mai suonare dal vivo da sola chitarra e voce, mi piace ed è una dimensione che mi appartiene, dove riesco a esprimermi e dove emerge la natura delle canzoni, che per me sono il centro di tutto il mio lavoro. Mi piace anche pensare di avere più possibilità, infatti mi è capitato di suonare con un set chitarra, voce, basso (Ivano Rossetti) oppure in trio, con l’aggiunta di batteria elettronica con inserti acustici (Teo Consonni), per cercare di avvicinarci al sound del disco. Di sicuro, come ho detto prima, le fotografie non ti assomigliano per sempre, perciò per me la dimensione live è sempre diversa, proprio in virtù del fatto che è viva e può cambiare.