Occasione d’approfondimento è offerta dal più recente album della sassofonista ed autrice Camila Nebbia, d’evidenti radici italiane, oltre a meno intuitive ma non meno importanti origini libanesi, già attiva su entrambi i sub-continenti americani (ed in attesa, come da conversazione privata, di toccare professionalmente anche le nostre piazze), investita peraltro con vocazione multi-mediale anche su altre sponde dello spettacolo, non ultima la dimensione video e cinematografica.
Colorito ed assertivo, Las Manos apre il programma con energie nitide e franche, introducendo una macchina spettacolare che si fa già più strutturata e complessa nelle articolate visioni del successivo Algunos rastros de la memoria, di estensione assai spiccata rispetto ai rimanenti passaggi, la cui intricata disciplina in collettivo ha richiesto la mano direttiva di Juan Klas, e che denuncia svariati elementi delle matrici dell’ensemble: all’architettura generale sembra da attribuirsi l’assimilazione di grandi linee teoretiche, tra cui la scuola braxtoniana (ma si ammette anche una pratica della dinamica scuola di Butch Morris), oltre a ricadute estetiche dal Novecento europeo.
Così dichiarati gli ingredienti dell’inquieto laboratorio sonoro, le concitazioni corali catarticamente preludono al decadimento della linearità in La desintegración, passaggio breve che ci consente di porre a fuoco l’identità fraseologica della leader, conformata da ampio rodaggio free ma non dimentico di linee dell’idioma classico.
Segnato da palese astrattismo (tributario dell’atonalità viennese e correnti a valle), La quietud del vento dirada un poco le maglie rispetto ai clangori percussivi dei precedenti episodi (affidandosi salientemente alle serpiginose acrobazie del violino solista), conducendo l’agguerrita orchestra verso l’epilogo de Al costado del rio, le cui progressioni ostiche e sghembe non oscurano le comunicative tessiture imbastite tra le nitide voci solistiche ed i serrati ‘tutti’.
Tra edificazione orchestrale, rumorismo, scrittura ed aleatorietà, il peculiare mix del team di Nebbia palesa notevole vitalità immaginativa, che riteniamo sia integrata da ampio spazio da concedersi alla gestualità nell’esposizione live, e a cui non sembrano estranei le correnti energetiche di certi rinomati collettivi dell’euro-free o la già rilevata allure beffarda di certe produzioni alla Frank Zappa (almeno in spirito): graziato da preziose connotazioni di libertà nel rifuggire zavorre schematiche, apprezziamo della band il talento nel rilanciare con formule proprie speculazioni neo-free e investimenti teoretici post-accademici, ponendosi in gioco entro un arduo bilancio tra esternazioni di colore e perigliose esplorazioni formali, esitando in un combinatorio programma, colto e a spiccata vocazione spettacolare.
Musicisti:
Camila Nebbia, sax tenore & composizioni
Valentin Garvie, tromba
Ingrid Feniger, clarino basso, sax alto
Daniel Ivan Bruno, trombone
Damian Bolotín, violino
Violeta García, violoncello
Juan Bayon, contrabbass
Mariano Sarra, pianoforte
Axel Filip, batteria
Omar Menendez, batteria
Juan Klas, direzione (# track 2)
Tracklist:
01. Las Manos 4:53
02. Algunos rastros de la memoria 18:19
03. La desintegración 3:57
04. La quietud del viento 7:28
05. Al costado del río 8:54
Link: