Mark Lanegan Band
Blues Funeral
4AD Records - distr. Self
2012
Un vero rocker lo riconosci dal modo in cui se ne sbatte delle convenzioni, dei cliche’, del passato anche ingombrante che l’ha reso un personaggio di culto. Mark Lanegan ha finalmente pubblicato un nuovo album solista a distanza di otto anni dall’ultimo Bubblegum (2004), ed e’ un lavoro controverso, assai differente da come tanti se l’aspettavano. Per fortuna, diremmo noi, perche’ Lanegan, da vero rocker, vi mette in gioco tutto se stesso, senza tema di soccombere a eventuali critiche o suscitare perplessita’.
Blues Funeral e’ forse l’album che il cantante attendeva di fare da un pezzo, quello in cui sentiva impellente far passeggiare la sua magnifica voce sul tappeto rosso delle influenze musicali a lui piu’ care da sempre (Gun Club, Flesh Eaters, Crime And City Solution ma anche Bee Gees, Kraftwerk, Joy Division e Roxy Music), ripercorrendo anche la quantita’ impressionante di esperienze artistiche e collaborazioni accumulate negli anni: Screaming Trees, Queens Of The Stone Age, Isobel Campbell, UNKLE, Soulsavers, Gutter Twins, J. Mascis e PJ Harvey.
Nasce cosi’ un album conteso da diverse anime: quella decadente e un po’ sepolcrale di The Gravedigger’s Song e Phantasmagoria Blues , quella dura e lisergica di Riot In My House e Tiny Grain Of Truth, quella sintetica e limacciosa di Bleeding Muddy Water, quella folkedelica di Deep Black Vanishing Train, quella morriconiana e western di St. Louis Elegy ma anche e soprattutto quella pop-rock di Gray Goes Black (bellisima melodia che tira verso la sabbia del deserto), Quiver Syndrome e Ode To Sad Disco, li’ dove accanto a chitarre mesmeriche spuntano iridescenti tappeti di sintetizzatori, basi “disco dance” e drum machine. Il collante e’ sempre quella inconfondibile voce baritonale erosa da alcol e fumo, l’arma fascinosa di un troubador americano diviso tra Eden e Purgatorio, apostata del grunge convertito alla fede del folk-blues e ora portavoce di un ecumenismo estetico che non rifugge strade e direzioni piu’ accattivanti. Al suo fianco una band dalle specchiate virtu’ musicali (primo tra tutti il bravissimo Alain Johannes che ha curato produzione e arrangiamenti) e i piu’ stretti compagni di merenda (Josh Homme, Greg Dulli e Chris Goss), tutti insieme artefici di un album sorprendente per la qualita’ delle atmosfere e delle sfumature, sicuramente tra i piu’ validi e spavaldi realizzati finora da Lanegan.
Voto: 7,5/10
Genere: Alternative Rock / Folk-Blues / Pop
Musicisti:
Mark Lanegan – vocals
Alain Johannes – guitar, bass, keyboards, percussion, backing vocals
Jack Irons – drums
Aldo Struyf – keyboards (8, 9, 12), guitar (12)
David Rosser – guitar (3, 6)
Duke Garwood – guitar (2, 12)
David Catching – guitar (2, 11)
Martyn LeNoble – bass (7, 9)
Chris Goss – guitar (10), backing vocals (10)
Greg Dulli – backing vocals (4)
Josh Homme – guitar (5)
Shelley Brien – backing vocals (8)
Brani:
01. The Gravedigger’s Song
02. Bleeding Muddy Water
03. Gray Goes Black
04. St. Louis Elegy
05. Riot In My House
06. Ode To Sad Disco
07. Phantasmagoria Blues
08. Quiver Syndrome
09. Harborview Hospital
10. Leviathan
11. Deep Black Vanishing Train
12. Tiny Grain Of Truth
Links:
Mark Lanegan: www.marklanegan.com