Un disco come “Ricordami” che dà i natali ad un progetto assai interessante che si firma come BLU 21, ovvero Paolo Bottini e Sergio Guida, si lascia sottolineare anche e soprattutto per la produzione che in molti aspetti coniuga a sé, con mestiere e gusto maturo, il passato vintage di certi stili che hanno fatto scuola con le belle volute digitali del tempo moderno. Una produzione che nasce dal basso della propria quotidianità, ma che dimostra consapevolezza ed equilibrio. Un disco molto credibile per quanto “adolescenziale” in molti finimenti lirici e di concetto. E poi è vero, decisamente vero che dalle paure celebrate in arte e in opere, significa a suo modo una battaglia vinta in partenza.
Parliamo di produzione… questo disco nasce in tempo di restrizioni. E dunque come ha visto la luce, tecnicamente parlando?
Paolo ha un piccolo studio in casa e quindi riusciva a registrare e mandarmi qualsiasi sua idea in file. Ci confrontavamo tramite chat poi lui purtroppo si doveva accontentare di una pessima registrazione audio della mia voce perché non avevo e non ho i suoi mezzi. Dopo qualche mese ci siamo accorti di avere tra le mani una demo di 8 brani. Quando le restrizioni sono terminate siamo andati a registrare al Real Sound di Milano con le idee belle chiare. E lì è nato “Ricordami”.
Secondo voi la distanza e le restrizioni hanno significato anche un maggior afflusso di elettronica nelle nuove scritture?
A livello personale ma anche in generale non crediamo che il lockdown abbia influito sulla scrittura. Certo mancando il contatto fisico non c’è un confronto immediato sulle idee personali, non si è potuto fare le solite jam in saletta, le classiche improvvisazioni. Ma tutto questo non può confluire in un determinato sound.
Tanti cliché e tante formule ben piantante nella storia del pop italiano. Se vi chiedessi di ricerca e di rivoluzioni? Ne prevedete per il prossimo futuro?
Per noi “Ricordami” è stata già una bella rivoluzione. Non ci siamo mai affacciati a questo tipo di suono. È stata la nostra prima prova con questo tipo di formazione e siamo felicissimi del risultato ottenuto. È un album che sentiamo al 100% nostro.
Noi cerchiamo di dare alla musica sempre qualcosa di nostro. Sempre qualcosa di intimo. La ricerca e la rivoluzione fine a se stessa sarebbe solo un esercizio di stile con poca umanità al suo interno.
Ci hanno già pensato i Beatles a rivoluzionare la musica, non dateci queste responsabilità.
Un disco di anima e di empatia nonostante le macchine e questo è un grande merito per il vostro disco. Secondo voi com’è stato possibile raggiungerlo?
Crediamo che si sia creata molta confusione intorno a “Ricordami”. È vero è stato composto durante le restrizioni. Ci scambiavamo file, tracce audio, ma l’album è stato suonato completamente. Nessuna macchina ha sostituito le dita di Paolo e nessuna macchina ha sostituito la voce.
Abbiamo composto i brani a casa come succede spesso ancora adesso,senza vedersi in sala prove ma l’album è stato suonato e registrato fisicamente in uno studio. Ci conosciamo da 12 anni ed è questo che ha reso possibile il tutto.
Oggi secondo voi perché la musica ha solo da manifestare una grande perfezione e una scarsissima fragilità umana?
La musica ha due aspetti. Il lato spensierato che prova a farti muovere, ballare, divertire e cantare. L’ altro aspetto è più cupo. Ti scava dentro, entra nella tua intimità, nelle tue paure e ti fa sentire meno solo. Come dici tu esalta la fragilità umana.
“Ricordami” punta più su questo aspetto. Non è cercato ma usiamo la musica come medicina per stigmatizzare le nostre debolezze. Se tiri fuori le tue paure attraverso una canzone, le hai già sconfitte. Molti artisti, soprattutto i giovani cantautori, non hanno più paura di mostrarsi nudi e questo crediamo sia un valore aggiunto che ha ora la musica italiana.