Si intitola “Animas” il nuovo disco del duo formato da Beppe Dettori e Raoul Moretti. Nuovo disco, nuovo viaggio, nuovo lavoro… celebrando ancora un suono e una ricerca che questa volta si apre alle tantissime contaminazioni che arrivano dalle featuring che incontriamo lungo l’ascolto: Paolo Fresu, Franco Mussida, Davide Van de Sfroos, Gavino Murgia, Cordas e Cannas, Max Brigante, FantaFolk, Lorenzo Pierobon, Stefano Agostinelli, Daniela Pes, Tenores e Cuncordu di Orosei, Massimo Cossu, Massimino Canu, Andrea Pinna, Giovannino Porcheddu, Federico Canu, Flavio Ibba e Tenores di Bitti Remunnu ‘e Locu. E ritroviamo quel dipinto ermetico di suoni in continuo dialogo tra passato e futuro proprio di questo loro “tradizionale” modo di pensare alla composizione e agli arrangiamenti, tra tradizione analogica e frontiere digitali. Un disco che si rende sacrale in tutti quei momenti in cui vien fuori una vocalità quasi ancestrale… e questo lo vediamo alternarsi anche a momenti di psichedelia morbida e acida allo stesso tempo, come anche alla canzone d’autore più raffinata e meno scontata (e in merito a questo, su tutte svetta la bellissima “Ommini d’eba” con Davide Van De Sfroos). Maria Carta torna nelle ispirazioni della prima traccia “Oro e diamante” mentre la chiusa è affidata ad una pittura di astrattismo dal titolo “Battordichi Pinturas Nieddhas”, rivisitazione in sardo della celebre “Fourteen black paintings” di Peter Gabriel. E tra le pieghe di questa tracklist ci troviamo anche il latino, anche l’inglese, ci troviamo un mood e un’amalgama del tutto capace di non farci sentire la mancanza di pelle e di prossimità tra gli attori della scena, la mancanza di quella vicinanza di “anime” affini nonostante il disco sia stato catturato in questo tempo pandemico fatto di restrizioni e violazioni alle normalità sociali. Forse “Animas” si appresta a divenire il disco più importante di questo percorso straordinario portato avanti da Beppe Dettori e Raoul Moretti.

 

 

 

Nuovo lavoro, tanta nuova ricerca… parlateci innanzitutto del suono di questo disco. L’ho trovato più liturgico e meno futuristico… sbaglio?

 

(Beppe Dettori)

È un punto di vista affascinante che lo vedi più liturgico e francamente mi piace molto il fatto che si possa percepire questo. Forse l’arpa riecheggia liturgie o mondo antico e ci sta. La sperimentazione vocale è un po’ meno accentuata, dando più spazio alle linee melodiche. Più ponderato, forse, non essendo un Live. E’ stato concepito con altri criteri di espressività pensando al dialogo con altri artisti.

 

(Raoul Moretti)

Ruota sempre intorno al sound caratteristico che ci siamo cuciti in questi anni, in equilibrio tra la vocalità di Beppe e le corde di chitarra e arpa con l’elettronica, calati nella contemporaneità tra tradizione e innovazione. L’aspetto liturgico che cogli deriva forse dai molti momenti di coralità, e dal messaggio sottotraccia si speranza e rinnovamento che percorre tutto l’album.

 

Domanda spinosa: ormai il vostro duo da tempo ha sperimentato e portato in scena questa formula. Non avete paura di ripetervi?

(Beppe Dettori)

Si, questa paura c’è sempre quando ti rivolgi a un pubblico. Ma ci dà forza il grande amore che abbiamo per il mestiere che facciamo.

 

(Raoul Moretti)

Finché non ci stanchiamo noi, e rimaniamo curiosi noi stessi, c’è sempre un nuovo pubblico da cercare di raggiungere, soprattutto si spera ora ripartendo a suonare.

 

Nella tanta sperimentazione che vi contraddistingue, non pensiate siano necessari altri linguaggi, altri strumenti?

(Beppe Dettori)

Si, assolutamente, questo disco ne è la prova. Amiamo collaborare con altri musicisti, artisti, ma la vera sfida è sostenere tutto con arpa voce e chitarra. Molto Avanguardia. Siamo consapevoli di quello che ci circonda e della tendenza che ci tiene ancorati ai target. Il nostro scopo è suonare la nostra musica con soddisfazione e appagamento perché ci rende felici e ci fa stare bene, con la speranza di trasmettere ciò che sentiamo a chiunque ci ascolti.

 

(Raoul Moretti)

Questo duo ci appaga molto ed è una situazione in cui ci sentiamo molto a nostro agio, chissà quali altre direzioni potrà prendere e stimoli di linguaggi e collaborazioni potrà suscitare. Parallelamente entrambi comunque continuiamo ad avere altri progetti con cui confrontarci.

E a proposito di altri linguaggi ho apprezzato molto le collaborazioni. Numerose ed eterogenee… ho l’impressione che non sia stato un chiedere loro di adattarsi al vostro suono quanto più un lavoro vostro di andare incontro al loro habitat naturale… su tutte ho trovato questo concetto celebrarsi nel brano con Davide Van De Sfroos.

(Beppe Dettori)

Mah, anche questo è un interessante punto di vista. Il senso di ospitalità, la nostra duttilità senza i paraocchi dell’ego, potrebbero dare questa impressione. In realtà i brani reggono con le tre o due cose che ci contraddistinguono, che sono i nostri strumenti e la voce. Questa piattaforma sonora, però, istiga e ispira la voglia più che necessaria, di sentire un sax, o delle percussioni, un coro o una chitarra elettrica. Nasce in questo modo la nostra collaborazione con tutti quelli che hanno suonato, in modo libero e creativo, senza troppi paletti o limitazioni. Invece, il brano con Davide, musicalmente è un ritorno al nostro primo lavoro, “S’incantu ‘e sas cordas”, dove abbiamo considerato sviluppare dei brani della tradizione celtica. Poi la tematica e la scelta dei due dialetti, stintinese e laghee, mette l’accento sul tema della tutela delle lingue minoritarie, al quale siamo molto sensibili nel portare avanti.

 

(Raoul Moretti)

Gli amici artisti sono stati scelti specificamente per ogni brano conoscendo quale apporto avrebbero dato, lasciandoli liberi di esprimersi entrando in sinergia con il nostro sound. Ed è stato entusiasmante raccogliere tale corrispondenza a quello che ci immaginavamo. Davvero tante piccole gemme che si sono incastonate nel lavoro.

 

Il disco si apre con il ricordo a Maria Carta e si chiude con un omaggio (rivisto in lingua Sarda) a Peter Gabriel. Esiste un legame tra queste due figure secondo voi?

(Beppe Dettori)

Nessun legame se non la grandezza e l’enorme spessore artistico per le battaglie culturali da entrambi intraprese nel corso della loro carriera. Un esempio di elevazione spirituale ed enorme servizio pubblico per lo sviluppo dell’essere umano.

 

(Raoul Moretti)

Due artisti di enorme profondità, il legame lo abbiamo creato noi stessi. Il primo brano richiama Maria Carta non esplicitamente come ideale collegamento con il nostro precedente lavoro discografico a lei dedicato. E si chiude con un omaggio ad un artista che amiamo entrambi ed ha un rapporto speciale con la Sardegna, rivisitando un brano che per la tematica ed il sound si sposava perfettamente con il nostro lavoro, e che per me ha un significato speciale sin dal liceo.

 

Questo disco vi ha portato all’incontro di anime… cosa avete raccolto?

(Beppe Dettori)

Per ora una enorme soddisfazione nell’essere riusciti in questa impresa, per noi enorme, muovendoci con una etichetta indipendente, UNDAS edizioni musicali e che in questi tre anni ha creduto in noi e continua ancora a crederci.

 

(Raoul Moretti)

Grande conforto nella lavorazione in questo periodo di cambiamento radicale della nostra professione con la sospensione delle attività dal vivo. Fertilità creativa nel continuo scambio di idee, tematiche, soluzioni di arrangiamento. Enorme arricchimento per me anche confrontarmi con la parte testuale o inserire soluzioni varianti nelle strutture di alcuni brani. Entusiasmo nel confrontarsi con tanti splendidi artisti.