ANDREA GROSSI BLEND 3 + BEATRICE ARRIGONI
Songs and poems
WeInsist! Records CDWEIN19
2022
Il presente “progetto nato dalla necessità di esplorare, entro una dimensione cameristica, le possibilità sonore della voce” rinverdisce una collaborazione già rilevata all’esordio della vocalist Beatrice Arrigoni proprio con il contrabbassista, che così ripropone il suo trio Blend 3 implementandolo con l’arruolamento vocale.
Il profilo della formazione drum- e piano-less, nonostante l’assenza di tali masse strumentali, non difetta in ultimo di corposità ed impattanti energie, come di fatto vengono spese ed investite lungo la sequenza; le identità del combo riescono adeguatamente coinvolte nel conferire argomentata identità e dinamico corpo ad un progetto arricchito dalle liriche a firma di Emily Dickinson e E. E. Cummings, profili poetici differenti per cui si dichiara di aver ricorso, per “esaltare ed enfatizzare l’unicità di ogni “voce”, ad un diverso stile compositivo”.
Ne consegue la debita alternanza tra passaggi di maggior concretezza ed altri in cui le energie in apparenza decantano, è comunque d’impatto l’adeguato preludio Low at my problem bending, ad avviare la sequenza di tempra consistente e palese intensità, connotata appunto dal carnoso contrabbasso del titolare dalla saettante ancia di Manuel Caliumi e dai lampi elettrici a sei corde di Michele Bonifati, oltre che dalla vocazione scultorea della voce. Apparente viraggio del mood nella successiva I should not dare to be so sad (testi da Emily Dickinson), la cui ondulante trama è intessuta dalle pulsazioni di chitarra e contrabbasso, con sparse sortite esplorative della voce e dell’ancia, fungente da efficace scalpello, e la cui rarefazione scenica è impreziosita dal cristallino colorismo del piano giocattolo della guest Gledis Gjuzi, confermandosi comunque la dominanza di uno scultoreo groove nell’ancorare dinamicamente un sound caratterizzato e possente.
Calore rockeggiante ed acceso spirito free nella concentrata ed eccentrica Had we known the Ton she bore (ancora da Dickinson), che precede il tono più onirico e sereno in SnailTal, e l’ispirazione misterica in Aulodia. Di nuovo un grintoso intro a corde basse nella cadenzata I shall imagine Life, preludendo a nuove ondulazioni in Un(bee)mo e all’estrosa In time, ultimo passaggio affidato al canto, laddove la voce compie un’incursione più attoriale e declamatoria tra le ruggenti tensioni di Silence, rilevando come l’epilogo strumentale sia bipartito tra la strutturata atmosfera serotina di Chant, e le ruggenti e torbide astrattezze della conclusiva Aria.
La brillante terna strumentale esordita in Lubok (WeInsist, 2019) qui rinsalda e corrobora le proprie visioni e motivazioni, confermando di aver tratto la devianza interpretativa direttamente dagli opifici coltraniano e colemaniano, con palese attualizzazione e, a dispetto dell’allure giovanilistica e dell’immagine post-moderna, esplicitando argomentato diritto di cittadinanza e palese responsabilizzazione entro la cultura jazz, non disconoscendo nel corposo blend stilistico anche importanti e non effimeri tributi ad un aggiornato sentire fusion.
La recente e appagante raccolta Songs and Poems in ultimo, oltre che avvalorare la credibilità del nostro giovane jazz, esterna un programma di coinvolgente carica, vettore di energie potenti.
Musicisti:
Manuel Caliumi, sax alto
Michele Bonifati, chitarra elettrica
Andrea Grossi, contrabbasso
Beatrice Arrigoni, voce
con:
Gledis Gjuzi, piano giocattolo (in I should not dare to be so sad e Aria)
Tracklist:
01. Low at my problem bending 6:42
02. I should not dare to be so sad 4:56
03. Had we known the Ton she bore 3:42
04. SnailTale 3:06
05. Aulodia 1:34
06. I shall imagine life 7:26
07. Un(bee)mo 4:02
08. In time 2:11
09. Silence 3:01
10. Chant 2:18
11. Aria 5:12
Link: