Musica pop nel senso di tutti, tradizione che oggi cerca nella chiave moderna un linguaggio che sia estendibile a queste più persone possibili. Metriche e forme che seguono regole apparentemente rigide ma spesso intrise di tantissima contaminazione. Lo sa benissimo Giovanni Rosina, produttore e musicista, lui che con il suo GiRo Studio firma la produzione del nuovo disco della cantautrice milanese Paola Memeo, in arte Amelie. Si intitola “Il Profumo di un’Era”: eccolo scuro, intenso, intimo ed etereo. Un disco digitale, un disco industriale, un disco femminile di grazie e spontaneità. Il tutto incorniciato nei colori e nello spirito nel video che lancia il singolo estratto che da’ il titolo al disco.
Pensando in modo un po’ più esteso al concetto di musica popolare leggera italiana: cosa manca secondo te al nostro patrimonio discografico?
Al patrimonio non manca nulla. Più che altro manca un atteggiamento nuovo di maggiore apertura e di consapevolezza all’ascolto. Oggi in Italia o sei mainstream o sei indie. C’è poca flessibilità a comprendere la musica distante da entrambi questi poli. Credo si debba dare maggiore spazio anche a progetti un po’ distanti da una e dall’altra parte. Bisognerebbe avere visioni un po’ più aperte, senza imporre confini o definizioni rigide. I networks sono del tutto chiusi, le discografiche non vanno nemmeno più considerate ed il mercato snobba a priori la musica indipendente ed autoprodotta. Viceversa, nel mondo indie il pop nelle sue varie sfaccettature viene spesso demonizzato. All’estero non penso sia così. Ma questo è un capitolo a parte.
Cosa ricerchi nella tua musica e cosa stai ancora inseguendo? Nel suono come nella scrittura…
In questi due anni di lavorazione al disco ho ricercato la “promiscuità” tra varie influenze: l’elettronica, il pop, il rock, sonorità “scure” e quasi “dark” miste ad un sound più solare, acustico ed orchestrale. Nella composizione ho voluto esplorare armonie non semplicissime, anche un po’ contorte se vuoi, sposate però a melodie incisive. Per quanto riguarda la scrittura, ho cercato di concentrarmi sull’essere umano, tanto affascinante quanto molteplice. Mi piace affrontare tematiche che nella musica specialmente pop non vengono mai prese in considerazione. Per questo spesso sottolineo che il tentativo principale è stato quello di provare a fondere lati pop con lati di musica d’autore. Ho cercato di evolvermi soprattutto da pura interpreta a musicista più completa, arrangiatrice, compositrice e in qualche caso ad autrice dei testi. Per il futuro mi piacerebbe evolvere ancora, perché non si smette mai di crescere nell’arte. Ma non so ancora se nel terzo disco porterò avanti in maniera estrema uno dei lati sperimentati qui…non so ancora se l’elettronica, il rock elettronico o la musica orchestrale. Dipende dal mio stato mentale 😀
Fabio Papalini ha curato quasi tutti i testi del disco. Come si trova l’equilibrio per far vivere assieme e in armonia se stessi, la propria musica e i messaggi di un’altra persona?
In realtà non sono mai messaggi di un’altra persona. Io e Fabio ci siamo quasi sempre confrontati sulle tematiche poi affrontate nelle canzoni; abbiamo sempre scelto insieme di cosa parlare e come parlarne. Abbiamo lavorato in simbiosi e lui si è mostrato aperto a mie modifiche, proposte, richieste e osservazioni. Stessa cosa io con lui. È stato un lavoro di scambio e di fiducia. I suoi messaggi sono diventati i miei e viceversa. Fabio ha saputo leggere dentro la mia testa, cuore e anima e ci si è ritrovato, e tutto quello che è stato scritto per le mie musiche è calzato a pennello per quello che desideravo creare. Il suo modo di scrivere così particolare si sposava perfettamente con quello che stava diventato il mio nuovo modo di comporre e concepire le canzoni. In questi due anni il nostro è stato davvero un lavoro di continuo scambio e confronto.
Dal vivo immagino ci sia un’altra configurazione e altri arrangiamenti. A cosa punti? Alla riproduzione del disco o a nuove emozioni?
Dipende. Se vado con la band in formazione completa cerco di riprodurre il disco il più fedelmente possibile. In formazione trio invece preferisco mettere a nudo le canzoni puntando su arrangiamenti scarni ed essenziali.
Giovanni Rosina è la guida artistica che ti segue ormai da anni. Un punto fermo perchè ti sa raccontare a pieno quello che sei o forse è così perché in fondo gli equilibri sono così fragili che si ha paura di rivoluzionare e trovare altre soluzioni?
Le rivoluzioni e le soluzioni nuove spesso si trovano più facilmente con chi ti conosce al cento per cento e sa dove vuoi andare a parare. Tendo ad eliminare subito le persone con cui lavorativamente e/o umanamente si creano equilibri fragili. Per questo disco sotto molti punti di vista c’è stato un rinnovamento (anche di persone coinvolte). Giovanni è il punto fisso: penso sia un professionista come pochi e con una capacità enorme di far risaltare le personalità artistiche con cui si trova a lavorare. Con me poi naturalmente il tutto è più facile perché essendo compagni anche nella vita, ci si conosce a fondo sotto ogni punto di vista, per cui lavorare ed esprimersi a vicenda è molto semplice, oltre che bellissimo.
Tirando delle somme: “Il profumo di un’Era” che ambizioni insegue in questo momento della tua carriera?
L’ambizione più grande del “Profumo di un’Era” è quella di arrivare sempre più ad un pubblico attento, mirato e possibilmente sempre più vasto. Una grande ambizione è quella di far prendere al disco una direzione verso l’ estero. Vedremo. Ci stiamo lavorando.