In questa intervista Lemò ci porterà nel suo mondo emotivo attraverso il suo nuovo singolo, “Back Home”. Questa canzone ci porta in un mondo di emozioni intense, narrando una storia di amore complicata e di ritorni inutili.
Oggi, esploreremo il significato profondo dietro le parole del cantautore e ci addentreremo nel suo processo creativo del brano.
Qual è stata l’ispirazione principale dietro la creazione di “Back home”? C’è un’esperienza personale alla base di questa canzone?
Assolutamente si. Più d’una anzi. Mi sono trovato spesso a temporeggiare dentro storie d’amore rispetto alle quali non sono stato all’altezza. Ma fortunatamente non così a lungo da impedire, successivamente, un grande affetto e tanti bei ricordi.
Puoi parlarci del videoclip e della scelta delle atmosfere ispirate ai film di Woody Allen e Massimo Troisi?
Il cinema è un’altra delle mie grandi passioni (pur non ritenendomi affatto un esperto cinefilo). Amo moltissimo quello italiano, ed in particolare registi come Nanny Loy, Antonio Pietrangeli, Ettore Scola e, più di recente, Massimo Troisi (di cui conosco praticamente a memoria ogni sketch). Apprezzo ovviamente anche numerosi autori stranieri, e tra questi Woody Allen, di cui amo soprattutto l’ironica rappresentazione delle nostre moderne nevrosi; e nella produzione più recente, gli straordinari colori della fotografia.
Puoi condividere qualche aneddoto interessante o curioso legato alla registrazione o alla creazione del singolo?
Vi dico soltanto che avremmo dovuto registrare solo questa canzone, da inserire in una compilation di giovani cantautori che avevo intenzione di produrre (e la cui realizzazione è stata poi accantonata a causa della pandemia, mi auguro solo per il momento); ma in sala d’incisione, con questi straordinari musicisti, è stato tutto talmente magico da decidere di richiamarli, appena un paio di settimane dopo, per registrare un intero album di undici canzoni!
In che modo la tua carriera legale e la tua passione per la musica si sono intrecciate nella tua vita?
All’inizio hanno rivaleggiato, con un netto prevalere della mia attività professionale, talmente assorbente da lasciare ben poco spazio alla musica. Poi hanno iniziato a parlarsi, al punto che molte canzoni hanno trovato ispirazione proprio in vicende in cui mi sono imbattuto come magistrato. In questo primo album, però (forse per un’irriducibile necessità di rivincita), sono riflessioni più intime e universali a prevalere.
Come descriveresti il tuo stile musicale e come si è evoluto nel corso degli anni?
Lo definirei “cantautoriale” nel senso più tradizionale del termine. Difficile non rivederci (non lo nego ed anzi me lo auguro) gli autori che più ho amato, sin da quando, appena quattordicenne, ho ricevuto in dono da mio padre la mia prima chitarra (e soprattutto il suo amore per questo tipo di musica); e così che ho conosciuto De André, Dalla e De Gregori; poi sono arrivati Pino Daniele, Edoardo ed Eugenio Bennato, Fossati, ma anche Paolo e Giorgio Conte; e più di recente Vinicio Capossela e Gianmaria Testa, cui faccio esplicito omaggio con un brano del disco (‘spaiato’), che ho voluto incidere con alcuni dei musicisti che più a lungo lo hanno accompagnato.
Qual è la cosa più gratificante nel fare musica per te?
In assoluto la nascita di una canzone, che ha un valore catartico, soprattutto quando le parole e l’armonia vengono fuori con grande naturalezza (ma non avviene sempre, nonostante certe romantiche rappresentazioni).
Puoi anticiparci qualcosa riguardo all’album d’esordio che uscirà il 10 novembre 2023?
Non è propriamente un concept album, ma tra le diverse storie di cui parla c’è un forte legame di fondo; e soprattutto ce n’è una che si sviluppa lungo tre canzoni, la prima delle quali è proprio il singolo ‘back home’. In breve, lo definirei una “vagonata di parole e di suoni”; e sono orgoglioso che vi abbiano partecipato musicisti (addirittura due diverse band) che hanno fatto la storia del cantautorato italiano.