Giovanni Guaccero è un pianista che ama esprimersi attraverso un playing icastico, diretto, genuino e generoso e, al contempo, un compositore curioso – sempre proiettato verso la contaminazione stilistica, seppur – negli ultimi anni – molto più incline all’idioma appartenente alla musica brasiliana. A proposito di Brasile, ecco la sua appassionata e appassionante ode “verdeoro” con “Canto Estrangeiro – As Canções de Giovanni Guaccero e Luis Elói Stein”, disco da co-leader realizzato insieme alla cantante Tatiana Valle e pubblicato dall’etichetta Encore Music, in cui figurano tredici brani originali sui testi di Luis Elói Stein. Nel CD vi è spazio anche per cinque ospiti coinvolti in questo nuovo album che Guaccero racconta e descrive dal punto di vista del mood e sotto l’aspetto comunicativo.

 

“Canto Estrangeiro – As Canções de Giovanni Guaccero e Luis Elói Stein” è la tua nuova creatura discografica partorita insieme alla sensibile e sopraffina cantante Tatiana Valle. Quando è com’è nato il vostro sodalizio artistico?

Fin dall’inizio della mia attività compositiva, scrivere canzoni su testi di autori brasiliani, in quella lingua   portoghese omaggiata nel brano di apertura del CD Língua Minha, ha rappresentato un intimo rifugio attraverso cui esprimere emozioni che non sarei riuscito a veicolare con altri stili e generi musicali che   pratico, come ad esempio la musica classica contemporanea. E da circa quindici anni è iniziata la collaborazione con il poeta Luís Elói Stein che mi ha portato a comporre con lui decine di canzoni. Mancava una voce che potesse interpretare quei brani, quindi circa quattro anni fa ho proposto a Tatiana Valle di realizzare insieme un album monografico interamente dedicato ai miei brani scritti sui testi di Luís Elói Stein. Conoscevo Tatiana di persona tramite amicizie comuni e, soprattutto, conoscevo il timbro della sua   meravigliosa voce attraverso i suoi dischi. Inoltre volevo un’interprete brasiliana ma radicata fuori dal   Brasile, proprio per dare maggiore “verità” a un progetto che si propone di dar voce a quella comunità di artisti brasiliani e italiani “brasiliofili” che, oggi come oggi, costituiscono un pezzo di Brasile che esiste e si sviluppa fuori da questa nazione, in una dimensione in cui si è tutti “Estrangeiros” (stranieri), sia per la terra ospitante che per la madrepatria d’origine. Devo dire che non avrei potuto scegliere di meglio, perchè Tatiana Valle ha fatto suo il progetto avendo un ruolo determinante nella selezione del repertorio, personalizzando i brani e, specialmente per gli ultimi pezzi composti tra 2019 e 2020, divenendo destinataria di composizioni pensate espressamente per la sua vocalità, dando una straordinaria intensità comunicativa alle canzoni che, grazie al suo contributo, si sono trasformate creando un ulteriore livello emozionale che si fonde con la musica e il testo.

Questo disco consta di tredici tuoi brani originali con i testi del già citato Luís Elói Stein. Quali sono le tue principali fonti di ispirazione compositiva?

Sono molti i musicisti brasiliani che hanno influenzato il mio gusto musicale fin dall’infanzia negli anni Settanta, come ad esempio Tom Jobim, Pixinguinha, Chico Buarque, Edu Lobo e poi Egberto Gismonti, Milton Nascimento, Guinga e altri ancora.  Ma devo dire che negli  ultimi anni, come altri musicisti, mi sono trovato all’interno di un processo storico di internazionalizzazione di alcuni generi musicali brasiliani, in particolare strumentali come lo choro (come è avvenuto in passato per il jazz), che mi ha orientato nel vivere da dentro alcune esperienze, sia dal punto di vista artistico collaborando con alcuni dei principali maestri di questo genere, come il cavaquinista Henrique Cazes, sia sotto l’aspetto della didattica e della divulgazione  attraverso  seminari e incontri nei luoghi in cui insegno e ho insegnato (“Scuola Popolare di Musica di Testaccio” di Roma e il conservatorio “F. Cilea” di Reggio Calabria), come nel caso di Guinga e Yamandu Costa. Così, oggi come oggi mi viene difficile riconoscere una determinata fonte di ispirazione o una specifica influenza: semplicemente lo choro e la MPB (Música Popular Brasileira) rappresentano uno dei principali linguaggi con cui esprimo le mie idee musicali. Nello specifico di “Canto Estrangeiro” ritengo che la principale fonte di ispirazione siano stati i testi di Luís Elói Stein, ognuno dei quali suggeriva un particolare mondo musicale (come per esempio nel caso del brano Chorinho Flauteado, dove viene descritta nel testo una serata di choro in un locale romano) o una particolare idea ritmica o ancora una determinata suggestione poetica. Oppure c’è il caso di un brano come Não Sei Por Quê dove abbiamo sviluppato insieme testo e musica, partendo dalla cellula iniziale di una delle più famose canzoni brasiliane, ossia Carinhoso, creando un gioco di (ri)lettura e variazione.

Scendendo ancor di più nel dettaglio, in che modo hai trovato l’alchimia fra la tua musica e le parole di Luís Elói Stein?

Luís Elói Stein è un altro degli “Estrangeiros” che hanno dato vita a questo disco. Nato in Brasile a Carazinho, nel Rio Grande do Sul, è arrivato a Roma alla fine degli anni Ottanta, lavorando come insegnante di portoghese all’Ambasciata Brasiliana e all’Università “La Sapienza”. Dal 2007 ha iniziato a scrivere testi poetici, i quali sono divenuti subito una fonte di ispirazione. È nata un’amicizia – e rapportarmi ai suoi testi è stato un processo molto naturale. Sono testi molto musicali nella scrittura, che da un lato guardano al Brasile, e qui entrano in gioco la tematica del viaggio, della lontananza, della Saudade, dall’altro sono diventati man mano testi sempre più romani. E così, ad esempio, possiamo scoprire che nella canzone Do Rio non si parla di Rio de Janeiro, ma di un fiume, il nostro Tevere, come metafora del tempo che scorre. Allo stesso tempo abbiamo condiviso un background comune fatto di canzoni e poesie, dunque non poteva mancare in questo senso il riferimento a un poeta-cantore come Vinicius de Moraes, come nel brano Enquanto Dure dove si citano i versi finali del famoso Soneto da Fidelidade del grande poeta, in cui si dice dell’amore «Que seja infinito enquanto dure», in italiano “Che sia infinito finché dura”. Ma mentre sceglievamo i brani mi sono reso conto che il disco non era solo un assemblaggio di canzoni slegate tra loro, poichè si andava creando un percorso poetico-esistenziale che dal viaggio di andata verso la nuova terra (Canto Estrangeiro), attraverso le serate di samba e choro romane, termina con il ritorno a quella Carazinho, città natale di Luís Elói Stein, metafora potetico-musicale dell’idea di un ritorno all’origine. Ciclicità che ha una rispondenza anche sul piano musicale, nella struttura tonale dell’album, dove nell’ultima canzone si torna alla nota che aveva dato inizio alla successione di brani.

La formazione base di questo CD è costituita da Tatiana Valle alla voce, Barbara Piperno alla voce e al flauto, tu al pianoforte, Marco Ruviaro alla chitarra e Bruno Marcozzi alla batteria e alle percussioni, ma nell’album figurano anche cinque ospiti: Fred Martins alla voce, Francesco Maria Parazzoli al violoncello, Giancarlo Bianchetti alla chitarra, Henrique Cazes al cavaquinho e Carlos César Motta alle percussioni. Dal punto di vista prettamente stilistico e del sound, che tipo di valore aggiunto hanno apportato i cinque musicisti ospitati nel disco?

Il gruppo base (Valle, Guaccero, Ruviaro, Piperno, Marcozzi) ha registrato in diretta al “Tube Recording Studio” di Fara Sabina di Enrico Moccia (fonico Francesco Lupi). E già questa formazione ha dato la caratterizzazione di un sound specifico. Sia io che Tatiana Valle avevamo già collaborato con il chitarrista e mandolinista di São Paulo Marco Ruviaro e la flautista Barbara Piperno (i quali formano il duo “Choro de Rua”), residenti entrambi a Bologna come Tatiana, per cui è stato molto semplice unire a noi la batteria di Bruno Marcozzi, considerando la sua sensibilità per questo genere di musica. Tutti quanti parliamo la stessa lingua musicale, che è quella della MPB, dello choro e del samba. A quel punto è stato molto naturale inserire a distanza i vari ospiti del CD: la chitarra elettrica di Giancarlo Bianchetti e il violoncello di Francesco Maria Parazzoli che hanno contribuito a fondere elementi di modernità con un certo classicismo. Gli ospiti brasiliani, tutti di Rio de Janeiro, hanno apportato inoltre quel particolare colore che possiamo ascoltare nella migliore MPB: Carlos César Motta, presente in molti brani, è un grande percussionista (ora residente a Oporto) che ha suonato a lungo con Maria Bethania ed Elza Soares – e Henrique Cazes al cavaquinho – principale interprete e studioso di questo strumento – non ha bisogno di presentazioni – in quanto è una delle principali autorità dello choro brasiliano. In un brano di ispirazione portoghese, Velho Marinheiro, abbiamo avuto il privilegio di avere con noi, in un intenso duetto con Tatiana, la voce di Fred Martins, uno fra i più importanti cantautori della nuova generazione brasiliana, ora residente a Lisbona (un altro “Estrangeiro”), i cui brani sono stati interpretati in passato da artisti come Ney Matogrosso, Maria Rita e Paula Santoro.

“Canto Estrangeiro” – As Canções de Giovanni Guaccero e Luis Elói Stein”, come da te già ampiamente descritto, è un lavoro discografico che inneggia alla musica brasiliana, notoriamente un maliardo e sapido mélange di malinconia e allegria. Le peculiarità espressive tipiche di questo genere musicale rispecchiano totalmente la tua anima pianistica e la tua personalità compositiva?

Direi di sì. Dal punto di vista pianistico sento di più l’influenza di un approccio minimale, proprio della MPB   di compositori come Jobim, Cristovão Bastoso o Zé Miguel Wisnik, rispetto al pianismo di matrice jazzistica di artisti che comunque ho amato. E il tipo di gesto si traduce poi anche in un’adesione a un tipo di espressività che è tipica della musica brasiliana. Dal punto di vista compositivo il discorso è più complesso. Hanno sempre   coesistito in me mondi apparentemente inconciliabili: quello legato a mio padre dell’avanguardia musicale   di “Nuova Consonanza”, il jazz e l’improvvisazione e la musica brasiliana. Poi, molto spesso, questi mondi si sono anche incontrati in diverse composizioni, nel teatro musicale e nei gruppi che ho creato. Ma devo dire che negli ultimi anni sento un’identificazione con la musica brasiliana che è sempre più prevalente, come se ormai fosse diventata quella la mia lingua musicale, anche in virtù dello stretto legame che esiste tra le radici di quel genere e una tradizione europea che ha le sue origini molti secoli addietro.

Sei anche autore di tutti gli arrangiamenti dei brani. Come hanno preso forma?

Riguardo al processo creativo nella musica “popular”, mi interrogo sempre su quale sia il punto di partenza e il punto di arrivo. Penso che a cominciare dalla scrittura della melodia e dell’armonia del brano, passando per il lavoro di arrangiamento, fino al missaggio e alla masterizzazione, il lavoro si concluda solo con l’uscita del disco. Questo per spiegare che a volte è molto difficile creare una netta linea di separazione tra queste fasi. Rispetto agli arrangiamenti, che in alcune circostanze sono stati una traduzione e fissazione su carta di ciò che accadeva in prova, in altri casi hanno preso forma nell’immaginazione. In determinate situazioni, per l’aggiunta degli ospiti, le idee sono venute dopo la prima sessione di registrazione. Anche il lavoro di editing è stato molto importante, che in un certo senso è un’altra fase del lavoro di arrangiamento in cui si lavora direttamente sul suono, facendo ad esempio entrare o uscire in alcuni punti un determinato strumento o un altro. In quest’ottica il lavoro di missaggio di Roberto Lioli, che poi insieme a Vittorio Bartoli (Encore Music, n. d. r.) ha voluto pubblicare il CD, è stato in perfetta continuità con il processo di composizione e arrangiamento, dando una veste e un suono unico al disco, che è quello che tutti gli ascoltatori possono sentire e apprezzare. Voglio anche aggiungere che questo è un album sì da ascoltare, ma anche da “leggere”, seguendo i testi presenti nel libretto, così densi di poesia e significato, un progetto discografico che si avvale anche di una copertina d’autore a cura dell’artista brasiliano Marcelo Guimarães Lima.

Per quanto concerne questa tua nuova pubblicazione discografica, hai già riempito l’agenda per presentarla dal vivo?

Stiamo lavorando per questo. Avevamo già presentato il progetto in un paio di date prima dell’incisione, per testarlo, e devo dire che la risposta del pubblico, rispetto a un repertorio nuovo e sconosciuto, è stata straordinaria. Ora si tratta di dare una nuova veste a questi pezzi, per costruire uno spettacolo e una narrazione che esprima il senso profondo del progetto “Canto Estrangeiro”. Tradurre un lavoro corale come questo in una formazione più piccola è un’ulteriore sfida che richiede tempo e una progettazione mirata che sta prendendo forma in questo periodo. Non appena si chiuderanno alcune date, saranno rese note.