IRREVERSIBLE ENTANGLEMENTS | Open the Gates

IRREVERSIBLE ENTANGLEMENTS
Open the Gates
International Anthem IARC 0049
2021

Philadelphia potrà suonare poco immediata alla memoria dell’uditorio jazz, ben più avvezzo alle piazze di New York o Chicago ma, per il poco o nulla che possiamo saperne dalla saga di Rocky Balboa, l’aver dato i natali alla leggendaria Billie Holiday è già alquanto titolante, e la locale anagrafe nei decenni si è onorata della venuta al mondo di star distinte tra cui Stan Getz, McCoy Tyner, Stanley Clarke o Giuseppi Logan; le sue composite realtà ed identità sono nel presente caso piattaforma originaria di un quintetto che ha guadagnato somma attenzione nei più recenti anni, e sta alacremente mantenendo un attivo profilo d’impegno oltre l’identità di band-rivelazione.

Composito il collettivo profilo stilistico, che si faticherebbe a delimitare entro il canone free, in cui s’arruola ma che di fatto non lo rappresenta, riuscendo anzi saliente una serie di ingredienti quali ad esempio la tensione hip hop ed una aperta logica fusion, ma risaltandovi quale dominante la personalità ed il carisma della vocalist o più correttamente animatrice  Camae Ayewa, indiscussa front-woman del quintetto e poetessa impegnata (nota peraltro come Moor Mother nelle attività individuali, ed attiva anche nel duo femminile Black Quantum Futurism).

Trattiamo peraltro di un ben agguerrito laboratorio strumentale, certamente affine per ispirazione a stilemi e logiche dell’AACM, ma come detto stilisticamente aperto e progettualmente teso nel farsi vettore di criticità del momento. Storicamente aggregatosi attorno al movimento “Musicians Against Police Brutality” (la denominazione suona eloquente), sulla scia dell’omicidio dell’immigrato caraibico Akai Gurley da parte della polizia di New York, il collettivo elaborava le implicazioni del razzismo e della tensione interetnica che, se a noi pervengono in forma di cronaca vergognosa e costernante, sussistono localmente quale gravissima e pervasiva realtà della sperequazione contemporanea. E con energie molto allarmanti e responsabili il quintetto ne esplicita materia partecipativa il cui ascolto riesce arduo da sostenere in passività, stante l’incalzante e provocatoria carica energetica dell’animato sodalizio.

Il denso programma è articolato in sette ‘stanze’ (ma potremmo anche parlare di altrettanti ‘manifesti’) all’insegna di grinta e bellicosità “di strada”, certo veicolate su canali espressivi “alti” ma nient’affatto prone ad estetizzazione alcuna, pur rilevando almeno un parziale ‘reset’ del potente sound che già erompeva dai precedenti ed acclamatissimi primi due album; così s’avvicendano sostenute impulsività funk e vaghe reminiscenze davisiane (e non poco da cinematografia ‘blaxploitation’), transitando per più ambiziosi disegni costruttivi (l’ondulante Lágrimas del Mar), investendo i venti minuti d’estensione dell’insolita quanto stimolante Water Meditation in una fisionomia ulteriormente ‘open’ (che non lèsina neanche in rumoristica da war-games), ritenendo di richiamare anche una sequela di nomi di grandi antecedenti della prassi della voce e dell’impegno – tali le “Billie, Nina, Sarah, Betty, Abbey” – nell’increspata e disturbante Six Sounds, completando il programma nella trance misticheggiante, molto segnata da scansioni africaniste e vivide scie cherryane, di The Port remembers.

Per una volta ci si astiene dal fissare i profili individuali in campo, per cui rimandiamo alle gustose e pittoresche auto-descrizioni offerte dai credits, ritenendo comunque di dover focalizzare ancora l’attenzione sulla primadonna, la “Madre mora” ed il suo “empireo gioco di penna”, performer carismatica il cui profilo di cantante, quando non attinge ad incarnarsi teatralmente nel ruolo di sorceress, mantiene primariamente un ruolo di oratrice civile, alla testa delle vigorie di un ensemble di radicale spirito partecipativo che fa tuonare sui timpani della coscienza civile e dell’indignazione.

Questi giorni hanno certo ampliato lo spettro delle ansie geo-sociali, ma il potente spirito di presa di coscienza incarnato dal vincente sodalizio tra Tcheser Holmes, Luke Stewart, le punte solistiche Keir Neuringer e Aquiles Navarro e appunto Ms. Camae Ayewa, sia pur centrato sui fermenti e le gravi contraddizioni del grande paese nordamericano, ne fa esemplare testimonial di poetica metropolitana ed epica civile, di bellicose quanto ineludibili istanze etnico-politiche, e riteniamo di disporci ad attraversare i venturi tempi (anche) in percorso con la band ed il suo trascinante agit-jazz.

 

Contemporary jazz: 9

Musicisti:

Camae Ayewa, voce, synth
Keir Neuringer, sax, synth, percussioni
Aquiles Navarro, tromba, synth
Luke Stewart, contrabbasso, basso elettrico
Tcheser Holmes, batteria, percussioni

Tracklist:

01. Open the Gates 2:39
02. Keys to Creation 13:41
03. Lágrimas Del Mar 8:03
04. Storm Came Twice 7:20
05. Water Meditation 20:39
06. Six Sounds 10:30
07. The Port Remembers 10:48

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