Canzone dolcemente spigolosa, poeticamente spinosa e amabilmente severa. Tutto questo quanto basta.
<<Se finirà il mondo è perché lo abbiamo voluto noi, e ce lo meritiamo come specie umana>> tanto per mettere in chiaro la sua posizione ampiamente condivisibile. Ma non è un rivoluzionario Enrico Lombardi, non è un militante politico. È un cantautore italiano, una voce nuova di questa scena indie… nuova voce, certamente, ma già ricca di esperienza per un percorso che ormai ha visto i natali già anni fa con un primo piccolo Ep di sperimentazioni personali. Enrico Lombardi dunque è un “testimone” che usa la parola quotidiana per raccontare quel che il mondo fa accadere attorno ogni giorno. E “Girasole”, il nuovo singolo, diviene una preghiera laica, una denuncia armata di sensibilità, un dito puntato contro la nostra stupida ingordigia di evoluzione… “Girasole” è un “grido” cantato contro la violenza dell’uomo sul mondo che invece dovremmo custodire e proteggere. Tutto questo in un contenitore pop dal piglio folk e dalle timide sfumature americane.
Benvenuto ad Enrico Lombardi. Un nuovo singolo, dopo “Marilyn”… ma anche una bellissima interpretazione di “Amarsi un po’” e un altro progetto discografico ancora più in là nel passato… vero?
Grazie dell’accoglienza e anche per aver curiosato tra le mie uscite. Il mio primo progetto discografico è stato un mini-ep, un’autoproduzione di tre canzoni, senza neanche un’etichetta e distribuito gratuitamente ai concerti. Poi “Marilyn” e “Amarsi un po’” nel 2017: la prima è una versione acustica di una delle mie prime canzoni, di cui vado fiero per le atmosfere sonore create; la seconda, che in verità non è mai stata pubblicata come singolo ma è presente solo su YouTube, rappresenta la mia necessità di tributare Battisti, qui il coinvolgimento di tanti amici musicisti è stato fondamentale per dare valore a ciò che ritengo un immenso patrimonio della musica italiana. E adesso “Girasole” uscito il 16 ottobre, e da qui a giugno 2021 sono previsti altri due singoli. Intanto con Stefano Campetta, lo stesso produttore di “Marilyn”, sto lavorando al mio primo album, parallelo e diverso dalle uscite dei singoli in corso.
Nel tempo, in questo tempo, la tua scrittura come pensi sia cambiata? La prima grande differenza che vivi?
Nel frattempo ho vissuto un po’ di vita, con i denti sbattuti tante volte contro le difficoltà e poi anche qualche piccola soddisfazione. Penso che la mia scrittura creativa sia divenuta più riflessiva e attenta a ciò che ho intorno, ma anche più menefreghista di ciò che pensano gli altri della mia musica. In questo processo di evoluzione, molto ha influito lavorare con musicisti e produttori, confrontarmi con loro, contagiarmi di nuove idee, attingere da visioni diverse dalle mie sicurezze.
E invece qualcosa che conservi sempre allo stesso modo, per un amore incondizionato di te e della tua musica? Qualcosa che sai di certo non abbandonerai mai?
La chitarra: intendo che farà sempre parte di me, in quanto primo contatto tangibile con la musica, il mio primo rapportarmi con l’arte dei suoni. Lo strumento che mi sono ritrovato, volente o nolente, a casa, che ho imparato a suonare durante tutti gli ascolti della mia adolescenza, e con cui ho scoperto e poi studiato l’armonia e tutto l’universo sonoro in grado di esprimere. Solo dopo ho capito che invece il mio strumento principale era la voce, ma è servita la chitarra e ancora oggi compongo principalmente con essa. Il computer è arrivato a dare un grande aiuto, ma ancora oggi farei tanta fatica a comporre soltanto davanti a uno schermo.
Veniamo al singolo che dici spesso essere ispirato da un disastro ambientale… corretto? Di cosa si tratta?
Le prime parole del testo sono venute fuori un pomeriggio di circa due anni fa, mentre guardavo un servizio televisivo sul disastro ecologico di Bussi, località nella mia regione, l’Abruzzo. Qui lo sviluppo industriale della Montedison, principale responsabile del disastro, aiutata da una amministrazione politica connivente, ha causato la contaminazione profonda per chissà quanti anni a venire della terra e delle falde acquifere, con rifiuti tossici di estrema pericolosità per la natura. Da qui una visione se vogliamo catastrofista della canzone nei nostri confronti: se finirà il mondo è perché lo abbiamo voluto noi, e ce lo meritiamo come specie umana. Mi auguro che le poche persone illuminate di associazioni ambientaliste, penso innanzitutto a Greenpeace, riescano a cambiare in tempo la nostra testa. Ma serve una politica mondiale completamente diversa.
E veniamo al suono: raccontaci delle tue scelte di produzione, dalla Lap steel a quel piglio pop per rivestire un’origine che trovo molto parente del folk americano…
Il brano nasce da un arrangiamento corale con altri bravissimi musicisti: Fabrizio Crecchio al basso, Ferdinando Ferri alla batteria, Eugenio Paludi ai cori, Luca Mongia alla Lap Steel. Con loro condivido gran parte dei miei gusti musicali. Ne è risultato questo arrangiamento senza dubbio folk-rock di matrice americana: penso a Neil Young, a Steve Earle, a Bob Dylan. Di pop forse c’è solo la mia voce, il suo suono italiano e le linee melodiche scelte. Sono soddisfatto del vestito sonoro che abbiamo dato al testo.
E a chiudere: “Girasole”, “Marilyn” ma anche la stessa “Amarsi un po’ ”… i video sono sempre della stessa famiglia. Una scelta precisa? Perché?
La risposta è principalmente nel budget limitato di produzione, a causa del quale non ho potuto permettermi sperimentazioni, ma forse più onestamente non sono stato in grado di trovare spunti visivi di rottura. In “Marilyn” si percorre la classica doppia narrazione, quella di una storia intervallata poi da scene in cui suono con altri musicisti. “Amarsi un po’” è accompagnata da un videoclip sostanzialmente solo di esecuzione: qui ritenevo non avesse senso raccontare una storia, bensì limitarsi semplicemente a tributare Battisti con la nostra interpretazione. Per “Girasole” avevo un’idea di un corto animato, ma poi il budget limitato si è fatto sentire e allora ho colto la palla al balzo coinvolgendo due bravi videomaker con Matteo D’Aloia e Agostino Potenza, optando nuovamente per un video classico di interpretazione musicale, pure se curato maggiormente in fotografia. Per il mio prossimo inedito, invece, le cose saranno diverse: sarà un video animato in 2D.