LEON HENDRIX: Jimi, mio fratello

Il 18 settembre 1970, nell’esclusivo distretto londinese di Kensington, muore, a soli 27 anni ed in circostanze ancora oggi poco chiare, Jimi Hendrix, il piu’ grande chitarrista di tutti i tempi. Da allora in molti hanno scritto circa la sua vita “spericolata” e la sua breve ma intensa carriera. Nessuno, pero’, e’ mai stato in grado di fornire una biografia intima e dettagliata della rock star statunitense. Ci ha pensato, a distanza di tempo, molto tempo, il fratello minore, Leon Hendrix, oggi 65enne, amante della musica proprio come il grande Jimi, che con il suo libro “Jimi Hendrix. Mio fratello” ha voluto fornire un ritratto inedito del musicista, prima che diventasse l’idolo di un’intera generazione.





Sound Contest: Leon, perche’ la decisione di scrivere un libro sulla vita di tuo fratello a piu’ di quarant’anni dalla sua scomparsa?
Leon Hendrix: Vedi, di Jimi e’ stato detto tutto come artista, la sua folgorante carriera e’ nota a chiunque; ma non e’ mai stato scritto nulla di quando Jimi Hendrix era bambino, del suo carattere, di cio’ che era solito fare e, soprattutto, di come e’ diventato il celebre chitarrista che conosciamo. Se Jimi fosse ancora vivo, lo scorso 27 novembre avrebbe compiuto settant’anni. Ho voluto fargli un regalo: un libro che raccontasse la sua vera storia, facendo cosi’ emergere il lato umano e comportamentale di mio fratello.



Chi era, dunque, Jimi Hendrix prima di diventare una star internazionale?
Era innanzitutto il mio fratello maggiore, avevamo cinque anni di differenza. Come tutti sanno, la nostra non e’ stata un’infanzia serena: nostra madre e’ venuta a mancare molto giovane, segnata da una vita difficile, spesso all’insegna dell’alcol. Jimi ed io vivevamo con nostro padre, Al (il terzo fratello, Joseph, fu dato in adozione, ndr). Ma anche con lui i rapporti non erano idilliaci, per esempio, inizialmente, non sopportava la passione che Jimi aveva per la musica. Si puo’ dire che Jimi era tutta la mia famiglia; lui si prendeva cura di me, mi teneva vicino.



Hai qualche particolare ricordo che ti lega a tuo fratello?
Forse non tutti sanno che lui non nacque James Marshall Hendrix, bensi’ Johnny Allen Hendrix. Fu nostro padre, dopo aver terminato il servizio militare, a cambiargli il nome, dicendo che il nome Johnny gli ricordava l’ex fidanzato di nostra mamma. Ma Jimi non rispondeva mai quando lo si chiamava James. Non gli piaceva. Cosi’, un giorno, dopo aver visto il celebre Buster Crabbe interpretare “Flash Gordon”, Jimi torno’ a casa dicendo a tutti che voleva essere chiamato “Buster“. E quello rimase per sempre il soprannome. Ricordo anche che i film ed i fumetti di fantascienza rappresentavano per noi ragazzini un diversivo, ci aiutavano a dimenticare per un pò le condizioni di miseria a cui eravamo abituati nella nostra citta’, Seattle. Talvolta veniva persino a mancarci l’acqua per una semplice doccia.



Sappiamo che hai aiutato parecchio tuo fratello nel suo lavoro di musicista…
Esattamente. Era Jimi stesso a volere che lo seguissi ovunque nelle sue esibizioni. Lo aiutavo con le registrazioni. Ci capitava spesso di lavorare fino a notte fonda. Ero presente a tutti i suoi concerti.



Purtroppo si e’ molto discusso anche della dipendenza di Jimi Hendrix dalla droga e dall’alcol…
A questo proposito, vorrei fosse chiaro un concetto: in tutti questi anni i giornali e, in generale i media, hanno dipinto Jimi come una persona totalmente dipendente dalla droga e dall’alcol. Non e’ cosi’, rifiuto l’idea di associare mio fratello a questa immagine. Jimi non si e’ mai creato assuefazione in tal senso. Sono state scritte e dette tante falsita’ in merito a quello che Jimi era solito fare nella vita privata. Lui non e’ mai stato un “drogato” nel vero e proprio senso del termine.



Nessuno poteva immaginare che Jimi sarebbe scomparso cosi’ presto e repentinamente. Che ricordo conservi di quel tragico 18 settembre 1970?
Mi trovavo in un riformatorio a Washington. Quando sentii vociferare alcuni detenuti della morte a Kensington, in Inghilterra, di mio fratello, pensai subito ad una bugia, ad una delle tante falsita’ che scrivevano i giornali per vendere. Mi pareva impossibile. Allora Jimi ed io non ci vedevamo da circa un anno, ovvero da poco prima che fui messo in carcere per un periodo. Poi mi chiamo’ il prete del riformatorio, mi prese in disparte e mi fece parlare telefonicamente con mio padre. Lui, con un filo di voce, mi racconto’ quello che non avrei mai voluto sentire. A quel punto, pero’, ci dovetti credere. Fu un trauma. In carcere non facevo altro che pensare al giorno in cui, una volta scontata la pena, sarei tornato a seguire mio fratello per concerti. Non sarebbe piu’ stato cosi’.



C’e’ qualcosa che diresti a Jimi se fosse ancora qui tra noi?
Per me e’ come se Jimi fosse ancora vivo. Lo sento vicino, anche tramite la sua musica. Se lui fosse qui ora, gli direi semplicemente “Grazie”, per tutto quello che ha fatto per me e per il ricordo di se’ che ci ha lasciato. Le sue canzoni sono immortali.



Canzoni che tu, con la tua band, porti ancora oggi in giro per l’America e non solo…
Si’, lo facciamo in memoria, ovviamente, di mio fratello. Giriamo l’America, ma siamo stati diverse volte anche in Europa. E’ incredibile, tutti i nostri concerti sold out. Abbiamo ottenuto grandi successi in Inghilterra, in Germani, in Italia e persino in Polonia. Tutto cio’ e’ incredibile, se si pensa ce non abbiamo mai guadagnato soldi dalla Fondazione Jimi Hendrix (gestita dalla sorella giapponese, ndr). Credo che Jimi ci stia tuttora dando una mano dall’alto.



Un’ultima curiosita’, non legata pero’ a tuo fratello e alla vostra vita. Barak Obama e’ stato confermato Presidente degli Stati Uniti. Cosa ne pensi a riguardo?
Ne sono molto felice. Al momento penso sia persona giusta, in grado di gestire al meglio la nostra grande Nazione.