Siamo in compagnia di Alfredo Colella, cantante degli U’Papun. Il gruppo ha da poco pubblicato il suo secondo disco dal titolo Cabron!. L’album si sviluppa in modo da favorire maggiormente i synth e altre sonorita’ rock, mentre vengono accantonate parzialmente le atmosfere folk contenute nel primo lavoro Fiori innocenti. Il sound della band inoltre in tale occasione e’ stato impreziosito dall’orchestra d’archi curata dal maestro Leo Gadaleta. Cabron! e’ un album sfrontato in cui si ironizza facendo allo stesso tempo riflettere su alcune tematiche che vanno dall’omologazione di massa alla censura, dal delitto passionale all’abuso su minori, dall’amore materialista e privo di ideale alla prostituzione intellettuale.
Sound Contest: Iniziamo subito l’intervista parlando del sound del vostro nuovo cd. Come mai avete messo da parte le sonorita’ folk che erano presenti nel vostro primo album?
Alfredo Colella: Le abbiamo messe un pò da parte per questo disco, perche’ volevamo fare un album piu’ rock. Dal vivo gli U’Papun hanno questa energia molto forte e questo sound molto carico che nel primo disco non siamo riusciti a rendere al meglio, mentre sul nuovo album e’ stato piu’ semplice dare questo tocco, poiche’ il lavoro e’ stato concepito in studio con una serie di dettagli e di accorgimenti sul suono. Essendo questo un disco abbastanza sfacciato e abbastanza arrabbiato sotto l’aspetto testuale, ci sembrava il sound giusto per le canzoni.
Forse era eccessiva la prima domanda perche’ ad esempio un pezzo come “Fior della censura” contiene alcune atmosfere folk…
Si’, senz’altro. Il folk rimane comunque una delle parti influenti del nostro gruppo. Gli U’Papun hanno vari background, considerando anche i vari elementi della band. Noi cerchiamo sempre di esplorare quante piu’ situazioni possibili, proponendo comunque sempre un qualcosa che ci rispecchi. Tu hai citato “Fior della censura”, ma anche su “L’Ultimo” o su “Luna” ci sono atmosfere folk che pero’ questa volta sono mescolate meglio con altri generi.
Bene. Come e’ nata la collaborazione col maestro Gadaleta che ha curato l’orchestra d’archi?
Beh, con Leo si e’ creato un rapporto d’amicizia da quando ha ascoltato il disco. Lui poi e’ pazzoide come musicista, si e’ appassionato alle canzoni e ha voluto lavorare con noi dandoci anche suggerimenti e consigli sugli arrangiamenti. Noi avevamo delle idee ben chiare rispetto al disco e poi lui comunque sicuramente a livello sonoro ha arricchito i brani che erano gia’ pensati in maniera molto orchestrale e gia’ nelle pre-produzioni avevano questa impostazione; in particolar modo Gigi Lorusso ed Enrico Elia, che sono rispettivamente chitarrista e tastierista della band, avevano gia’ scritto le parti degli archi e quindi Leo ha aggiunto il suo tocco di qualita’ orchestrando ancora meglio il tutto. In realta’ gli archi erano presenti anche nel primo disco, ma erano sostanzialmente finti, perche’ erano creati con programmi musicali per pc.
Il nuovo singolo “Indiesposto” riprende in un certo senso lo stesso tema de “L’appapparenza”. Siete molto legati a quello che accade nel mondo discografico a tal punto da parlarne spesso nei vostri pezzi?
Si’, siamo molto legati perche’ comunque viviamo la cosa in prima persona. Credo che in questo periodo storico tutti i campi subiscano le pecche di determinate mentalita’. Piuttosto che parlare di ambiti che non viviamo, abbiamo preferito parlare dell’aspetto musicale. La musica ora la conoscono in molti, la studiano in molti e ci sono musicisti preparati con buone idee i quali pero’ hanno comunque difficolta’ ad emergere e a lavorare a tempo pieno sul proprio progetto; noi abbiamo cercato nel nostro piccolo di parlare di queste tematiche. “L’appapparenza” era incentrato piu’ sulla televisione e su tutto quello che c’e’ dietro, qui invece il brano e’ riferito piu’ alla musica e all’omologazione; si parla di moda in senso generico sia a livello mentale che a livello di ideologie.
C’e’ anche un motivo specifico per cui avete citato altri video famosi nel video di “Indiesposto”?
In realta’ volevamo proprio giocare sul tema dell’omologazione. C’e’ gia’ il gioco di parole con la parola “indie” e poi, anziche’ fare le parodie pop che sono state gia’ fatte, abbiamo provato a fare le parodie di video indie che gia’ conosciamo e di artisti che apprezziamo e che seguiamo, cercando di mostrare comunque la nostra natura. La morale della favola e’: