Martedi’ 17 novembre alla Cantine dell’Arena di Verona, lo storico locale in pieno centro adiacente all’Arena che mantiene ancora la stessa struttura romana, si sono esibiti gli Youngtet di Tommaso Cappellato, batterista e band leader con all’attivo altri progetti ambiziosi, in quartetti come Nesso G o Quartet con il quale ha inciso recentemente un disco, “Open”.
Cappellato si e’ lanciato in un’avventura che lo premia per il coraggio, l’intuito e la spregiudicata certezza che il jazz italiano deve rinnovarsi a partire dalla fiducia che possiamo accordare a giovani talenti lasciandogli il tempo di esprimersi, di provarsi e di crescere per riempire il proprio vissuto di anima vibrante. Il nome del gruppo, infatti, si riferisce ai suoi giovani componenti: il contrabbassista Gabriele Evangelista, appena ventenne e il pianista Alessandro Lanzoni, solo diciassettenne.
Il repertorio in cui si cimentano e’ fatto di Original eamp; Standard Jazz in cui si percepisce la formazione newyorkese di Cappellato che per 10 anni ha vissuto nella Grande Mela studiando, suonando e registrando con grandi musicisti come Harry Whitaker, Steve Grossman, Aaron Goldberg, e in Italia con artisti del calibro di Enrico Pierannunzi o Pietro Tonolo.
Il trio parte con uno standard, equilibrato e semplice. Seguono pezzi sempre piu’ complessi e articolati nella costruzione armonica, nelle sonorita’, ma soprattutto nell’impostazione mentale che tende ad un intellettualismo astratto pur rimanendo ancorata alla struttura classica degli standard. Gabriele Evangelista si astrae dal contesto circostante e, lasciandosi andare a movimenti disarticolati del corpo, quasi non avesse struttura ossea, suona con agilita’ strappando un suono quasi ovattato al suo contrabbasso, caldo ed equilibrato.
Si procede sempre piu’ verso strutture concettuali alle quali aspira Alessandro Lanzoni che mostra un insospettato talento dal punto di vista tecnico, eseguendo assoli complessi, lasciando intuire un incredibile potenziale anche se ancora verde. Dall’incapacita’ di costruire il suono nelle dita, facendolo crescere dal tocco alla corda, si percepisce la mancanza di vissuto, ma si tratta solo di una giovane eta’ che presto mordera’ la vita lasciandosene riempire con quelle gioie e quei dolori attraverso i quali tutti i piu’ grandi musicisti ci hanno riempito il cuore.