“Padova Jazz Festival”, che giunge quest’anno alla dodicesima edizione, rappresenta ormai un appuntamento tra i piu’ attesi della citta’, sia per la sua valenza culturale e artistica sia per quella emozionale. Dodici anni di proposte e successi che hanno reso il pubblico padovano attento e pronto a cogliere le migliori suggestioni del jazz italiano ed internazionale, fra avanguardia e tradizione.
SOUND CONTEST ha seguito alcuni appuntamenti in giro per la citta’…
Gianni Bertoncini Trio
Venerdi’ 20 novembre 2009
Hotel Plaza ore 18.30
Nell’ambito del Padova Jazz Festival continua l’appuntamento dedicato ai batteristi-leader, “Drums Dreamer”, che insieme a quello dedicato alle donne del jazz, “Lady Leader”, danno al festival un respiro davvero nuovo e fresco, orientato a sottolineare diverse realta’ musicali presenti soprattutto in Italia e orientando l’occhio verso ambiti che di solito passano in sordina in altre rassegne.
Questo progetto ha visto alternarsi nell’accogliente ambiente bar dell’Hotel Plaza batteristi italiani di spicco con le loro band, come Massimo Chiarella, Tommaso Cappellato, e stasera, Gianni Bertoncini.
Il trio di Bertoncini e’ composto da Luigi Vitale al vibrafono e Alessandro Fedrigo al basso acustico. In realta’ la band alterna per il pubblico proposte molto varie in cui ogni componente disegna su di se’ una propria definita personalita’ che viene sistematicamente raccolta dagli altri e sviluppata secondo direttrici comuni. Lo stesso Bertoncini non si definisce band leader dal momento che anche Vitale e Fedrigo compongono pezzi propri sottolineando punti di vista differenti.
All’interno dell’intenso programma del trio si evidenziano “La signora dimunita” di Luigi Vitale. Un’incredibile peripezia eseguita con quattro mazzuole e tutti gli effetti speciali del caso, dal ribattuto al trillo al glissato mentre tutte le modalita’ di esecuzione dell’intervallo diminuito si susseguono senza sosta.
Alessandro Fedrigo invece si cimenta in alcuni pezzi tra cui “Arangur”, in cui il basso assume la dignita’ di strumento solista, non piu’ solo base ritmica e strutturale di una band.
“Bignami Blues” di Gianni Bertoncini, cosi’ definito ironicamente in quanto nei suoi otto minuti di esecuzione si susseguono 10 blues diversi. Al pubblico l’ardua impresa di indovinarli tutti… Ardua perche’ il gruppo si muove ai limiti del free, sforando continuamente in quella che sembra la naturale inclinazione della band troppo spesso tenuta sotto controllo…
Arrigo Cappelletti Quartet
Sabato 21 novembre 2009
Hotel Plaza ore 23.00
L’ottima presentazione di Arrigo Cappelletti e la sala strapiena, vista l’ora, danno proprio conferma della stima nei suoi confronti e della mole di sostenitori, davvero significativa!
Pianista, compositore, docente, ricercatore di suoni e personalizzatore del linguaggio, ispirato ideologicamente a Paul Bley, con una band che si prodiga ad osservare totalmente le sue direttive di band leader.
È piu’ facile legare l’inoppugnabile verita’ dell’indiscusso talento di Cappelletti alla sua notevole musicalita’, alla sua capacita’ di avere una consapevolezza armonica e melodica che lo porta a concepire l’insieme come un fuso compatto che mentre fila, tesse architetture creative, come una inesauribile fonte di idee e di emozioni.
Piu’ difficile per chi scrive, associare tutto questo al pianismo solo di questo artista. A prescindere dalla storia ormai importante del free jazz, la sensazione di riempimento dei vuoti con infinite lunghissime scale di note su e giu’ per la tastiera senza alcuna intrigante direzione, o i ribattuti in fortissimo su incerte sequenze del basso non sono apparsi appassionanti.
Tutto cambia pero’ quando l’assolo finisce ed entra il sax di Giulio Martino o la batteria di Nicola Stranieri. Cambia il sound, cambia l’appassionante ricerca di un senso nell’improvvisazione che non si adagia su soluzioni di comodo. Tutta la band assume nuova connotazione, un’armonia translucida emerge dal compiacersi ognuno del proprio suono e della propria idea con il contrabbasso di Tito Mangialajo che riesce magicamente a legare tutti i linguaggi.
Anche nei pezzi che Cappelletti riarrangia da Carla Bley come “It win and bet” o da Wayne Shorter, “Fi fa fo fum”, il talento di questo musicista trova la sua piena realizzazione.
Cosi’ come accade nelle composizioni proprie come “Quartetto” (scritto per quartetto d’archi) o “Aba nera”, dove l’accenno alla Carmen di Bizet e’ il pretesto di interessanti ricerche collettive, le parti in assolo restano fastidiosamente legate ad un horror vacui che pare proprio ripiegarsi su se stesso.
The Cookers – Tribute to Freddie Hubbard
Sabato 21 novembre 2009
Teatro verdi, ore 21.30
The Cookers: Eddie Henderson: tromba; David Weiss: tromba; Donald Harrison: sax alto; Billy Harper: sax tenore; George Cables: pianoforte; Cecil McBee: contrabbasso; Billy Hart: batteria.
Pietre miliari del jazz con capelli d’argento ed energia da vendere, ancora una volta insieme su un palco per celebrare il musicista, il talentuoso, l’amico: Freddie Hubbard.
Freddie Hubbard, virtuoso e tecnicamente versatile ha sviluppato un sound particolare e personale di tipo hard bop con forti venature di free jazz.
Il 1960 e’ l’anno fortunato: registra con John Coltrane; partecipa all’album manifesto di Ornette Coleman, “Free Jazz”; incide con la Blue Note da leader di un quintetto che vede al sax alto James Spaulding (Hub-tones ecc.).
Con l’album “First Light” (1971) vincera’ il Grammy Award. Poco dopo affrontera’ un momento difficile incidendo una serie di dischi disastrosi con la Columbia. Si rifa’ pero’ nel 1977 quando viene chiamato in tourne’e da Herbie Hancock.
Un uomo quindi capace di rimettersi in gioco continuamente, come quando dopo 1993, per le conseguenze di un’infezione di una ferita al labbro superiore, la sua brillantezza sulla tromba si ridimensiono’ e da allora si dedico’ solo al flicorno.
Freddie Hubbard e’ morto all’eta’ di 70 anni il 29 Dicembre 2008, in seguito alle complicazioni di un attacco cardiaco che lo aveva colpito il 26 Novembre dello stesso anno.
Cosi’ i suoi compagni di viaggio si sono organizzati nel gruppo dal nome “The Cookers” per celebrarlo e rivivere col pubblico i grandi momenti della sua carriera mescolata ad una vita piena di imprevisti.
I brani alternati sul palco vanno da “The Core” a “Cabbor Black” a “Peesmaker”, con le due trombe e il sax in trio a corrersi dietro come ragazzini, a giocare con la batteria di Hart che nessuno riusciva a fermare negli assoli. Assoli come il suo, pieni di forza espressiva, capacita’ e desiderio di divertirsi con un linguaggio che e’ parte del quotidiano esprimersi nei confronti di tutto e tutti, hanno realizzato anche Cables e McBee ed hanno commosso il pubblico del Teatro Verdi fino a strappare loro due bis tra cui Preestes con un’intro tra il blues e il funky.
Con questa serata si chiudono gli appuntamenti col Padova Jazz Festival, mentre la rassegna si conclude con il Marmaduke Quartet. Una rassegna pensata e orgnizzata per dare respiro alla musicalita’ italiana e in particolare a generi speciali come la batteria e le voci femminili che stanno approdando con successo e talento alle frontiere del jazz moderno.